Arte e mostre
Pordenone: alla Galleria sagittaria I materiali effimeri della storia dle cinema

Quando nacque a fine ‘800 il cinema doveva farsi conoscere: certo quella locomotiva che arrivava in stazione – le prime immgini della nuova arte – non mancava di richiamare il pubblico, che poi regolarmente non solo si stupiva nel vedere quella scena così realistica, ma spesso ne veniva anche terrorizzato, temendo che quel treno potesse uscire dallo schermo e travolgerlo. Ma ben presto al timore che la nuova narrazione per immagini talora suscitava, subentrò una sorta di fascinazione, tale che il cinema si sviluppò non solo come arte, ma anche come industria.
Naturale, quindi, che le case di produzione e di distribuzione ponessero grande impegno nella promozione dei film con campagne pubblicitarie adeguate al livello dei film e dei “divi” che li interpretavano. E all’epoca la pubblicità era praticamente solo cartacea, quindi effimera. Però, ben presto andò affermandosi un altro fenomeno: il cinema e i personaggi che lo interpretavano vennero “sfruttati” dalle aziende per pubblicizzare, attraverso il cinema, i loro prodotti. E anche qui parliamo di oggetti quasi solo di carta e quindi effimeri.
Esiste a Pordenone una collezione privata composta da migliaia di pezzi che testimoniano questa realtà. È quella di Silvia Moras, operatrice culturale, docente al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e direttrice del museo del Palazzo del Fumetto di Pordenone. E fino al 6 settembre materiali della collezione si possono ammirare nella mostra “Alla (ri)scoperta del cinema effimero: le stanze delle meraviglie” a cura di Silvia Moras, coordinamento di Fulvio Dell’Agnese, allestita nella Galleria Sagittaria della Casa dello Studente di Pordenone.
È la seconda mostra del genere proposta dal Centro Iniziative Culturali Pordenone, la terza è in programma per il 2026: con queste mostre Moras invita a guardare al cinema da un punto di vista diverso dal solito in un periodo che da fine ‘800 arriva agli anni Sessanta del ‘900.
Visitando la mostra ci si perde fra specchietti, figurine, calendarietti, cigarette cards, carte da gioco, ventagli, chiudilettera, ma anche posate e servizi da tè, diari, bottoni e ogni tipo di gioco.
Oggetti che ritraggono attori o scene memorabili del cinema: dallo specchietto da borsa col il volto di Greta Garbo degli anni Trenta, al ditale da cucito con Ava Gardner risalente agli anni Cinquanta; dalle scatole di latta Canco degli anni Venti con Gloria Swanson, ai ventagli cinematografici dipinti a mano degli anni Venti. Vi sono anche due pupazzetti di Stanlio e Ollio realizzati intorno al 1960 da una ditta friulana, la LedraPlastic. Spesso, fa notare Moras, questi “materiali effimeri”, nelle loro sequenze di scene, aiutano nel restauro dei film; oppure, come nel caso di “Ciceruacchio”, un film italiano perduto, ne abbiamo memoria solo grazie alla sequenza di cartoline.
Nella foto: scatole di calze di nylon con i volti delle dive di Hollywood.
Nico Nanni