Leone XIV, udienza del mercoledì: “Il cuore della Chiesa è straziato per le grida che si levano dai luoghi di guerra”

“Il cuore della Chiesa è straziato per le grida che si levano dai luoghi di guerra, in particolare da Ucraina, dall’Iran, da Israele, da Gaza”. Lo ha detto Leone XIV, che al termine dell’udienza di oggi, mercoledì 18 giugno, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, ha lanciato un forte appello alla pace.

“Non dobbiamo abituarci alla guerra, anzi bisogna respingere come una tentazione il fascino degli armamenti potenti e sofisticati”,

l’appello: “In realtà, poiché nella guerra odierna si fa uso di armi scientifiche di ogni genere, la sua atrocità minaccia di condurre i combattenti a una barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati. Pertanto, in nome della dignità umana e del diritto internazionale, ripeto ai responsabili ciò che soleva dire Papa Francesco: la guerra è sempre una sconfitta. E con Pio XII: nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”.

No alla “guerra tra poveri”: la Chiesa è una “casa della misericordia”, “dove i malati e i poveri si radunano e dove il Signore viene per guarire e donare speranza”.

Nella catechesi di oggi, il Papa ha usato questa immagine per parlare di tutte quelle situazioni in cui “ci sentiamo bloccati e in un vicolo cieco”. “A volte ci sembra infatti che sia inutile continuare a sperare; diventiamo rassegnati e non abbiamo più voglia di lottare”, ha spiegato Leone XIV, secondo il quale  “quello che ci paralizza, molte volte, è proprio la delusione. Ci sentiamo scoraggiati e rischiamo di cadere nell’accidia”. Al paralitico,  Gesù “rivolge una domanda che può sembrare superflua: ‘Vuoi guarire?’”. “È invece una domanda necessaria, perché, quando si è bloccati da tanti anni, può venir meno anche la volontà di guarire”, ha osservato il Pontefice:

“A volte preferiamo rimanere nella condizione di malati, costringendo gli altri a prendersi cura di noi. È talvolta anche un pretesto per non decidere cosa fare della nostra vita”.

“Gesù rimanda invece quest’uomo al suo desiderio più vero e profondo”, il senso della parabola evangelica: “Quest’uomo infatti risponde in modo più articolato alla domanda di Gesù, rivelando la sua visione della vita. Dice anzitutto che non ha nessuno che lo immerga nella piscina: la colpa quindi non è sua, ma degli altri che non si prendono cura di lui. Questo atteggiamento diventa il pretesto per evitare di assumersi le proprie responsabilità”. “Ma è proprio vero che non aveva nessuno che lo aiutasse?”, si è chiesto il Papa, che ha citato la risposta illuminante di Sant’Agostino: “Sì, per essere guarito aveva assolutamente bisogno di un uomo, ma di un uomo che fosse anche Dio. È venuto dunque l’uomo che era necessario; perché differire ancora la guarigione?”.

“Chiediamo al Signore il dono di capire dove la nostra vita si è bloccata”,

l’appello finale: “Proviamo a dare voce al nostro desiderio di guarire. E preghiamo per tutti coloro che si sentono paralizzati, che non vedono vie d’uscita. Chiediamo di tornare ad abitare nel Cuore di Cristo che è la vera casa della misericordia!”. Il protagonista della parabola evangelica dice a Gesù che “quando prova a immergersi nella piscina c’è sempre qualcuno che arriva prima di lui”. “Quest’uomo sta esprimendo una visione fatalistica della vita”, ha commentato il Papa: “Pensiamo che le cose ci capitano perché non siamo fortunati, perché il destino ci è avverso. Quest’uomo è scoraggiato. Si sente sconfitto nella lotta della vita”. Gesù, invece, “lo aiuta a scoprire che la sua vita è anche nelle sue mani. Lo invita ad alzarsi, a risollevarsi dalla sua situazione cronica, e a prendere la sua barella”. “Quel lettuccio non va lasciato o buttato via”, ha precisato Papa Leone: “Rappresenta il suo passato di malattia, è la sua storia. Fino a quel momento il passato lo ha bloccato; lo ha costretto a giacere come un morto. Ora è lui che può prendere quella barella e portarla dove desidera: può decidere cosa fare della sua storia! Si tratta di camminare, prendendosi la responsabilità di scegliere quale strada percorrere. E questo grazie a Gesù!”.

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