Natale, omelia del Vescovo Giuseppe Pellegrini

Carissime sorelle e carissimi fratelli,

in questa notte e in questo giorno santo in cui celebriamo la nascita del bambino Gesù a Betlemme, tutta l’umanità è invitata a contemplare uno dei misteri più grandi della nostra fede cristiana: Dio si è fatto uomo, si è fatto uno di noi, si è fatto piccolo per abitare la nostra storia. Sebbene quella nascita sia avvenuta in una situazione di precarietà e di privazione, “perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Luca 2,7) al bambino Gesù non era mancata la cosa più importante: l’amorosa accoglienza di un padre e di una madre che desideravano la sua venuta nel mondo.  

Viviamo questo Natale al termine dell’Anno Giubilare, tempo di grazia e di ritorno all’essenziale per la nostra vita e la nostra fede. La speranza non è solo un bel sentimento ma la presenza viva del Signore Gesù che entra nella storia di oggi, insegnandoci a guardare al futuro con speranza e a vivere la vita con gioia ed entusiasmo. Purtroppo non è sempre facile vivere così, non è sempre facile accogliere la semplicità della Natività, perché distratti e sopraffatti dalle tante luci e dal consumismo, rischiamo di non vedere niente di straordinario: una gioia semplice, diversa da quella che immaginiamo, nessuna grandezza in quel bambino che racconta di un Dio diverso da come lo vorremmo, di un Dio che si manifesta nella debolezza. Questa è la grandezza e la forza del Natale. Dio che si fa carne nel Natale e si fa croce nella Passione, ci garantisce che il male non vincerà. Se ci pensiamo bene, è qualcosa di indicibile e di paradossale. Dio è Dio e non può essere uomo, e l’uomo è una creatura mortale e peccaminosa che non può essere Dio. Ma il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo ha voluto diventare uno di noi, nascere come noi, crescere come noi e morire come noi, per essere in tutto solidate con noi, nostro fratello. Questo è lo specifico della fede cristiana: un Dio uomo, un Dio creatore e parola immortale che si è fatto carne, con tutti i limiti e le fragilità di ogni essere umano. Nel Natale ricordiamo la nascita di Gesù, un uomo che nessun uomo ci poteva dare, un uomo generato solo dallo Spirito di Dio, ma che ha percorso la stessa nostra strada per guidarci verso il Regno del Padre suo.

            Di fronte a questo grande dono, la Parola di Dio ci invita a considerare la possibilità che abbiamo di non lasciarci provocare e di non accogliere la venuta di Gesù in mezzo a noi, di non accogliere il suo messaggio di amore e di speranza. Giovanni, nel Prologo, ci ha ricordato che: “Veniva nel mondo la luce vera, quello che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non l’ha riconosciuto” (1,20-21). Anche noi oggi facciamo fatica a riconoscerlo. La crisi di fede, la crisi di valori e la crisi di senso sono tutte sfide che siamo chiamati ad affrontare ogni giorno. Come possiamo credere in un Dio che si fa bambino, che ci ama e ci perdona, in un mondo dove sembra che la forza e il potere, l’odio e la violenza siano le uniche cose che contano?  Come rispondere a un mondo che sembra aver smarrito la bussola e il senso della vita? Dobbiamo tornare al cuore del Natale, dove il bambino di Betlemme ci ricorda che c’è posto per lui nel nostro cuore, c’è posto per lui nella nostra vita. Dio non è lontano, non è indifferente alle vicende del mondo ma è presente con il suo amore. L’amore è più forte della morte, l’amore è più forte del peccato, l’amore è più forte della paura. L’amore di Dio è il nostro rifugio, è la nostra speranza, è la nostra salvezza. Ce lo ricorda bene san Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (3,16). Anche papa Leone, all’inizio del suo pontificato, ci ha invitati a mettere Gesù al centro della nostra vita: “Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, cioè l’unico Salvatore e il rivelatore del volto del Padre. In Lui Dio, per rendersi vicino e accessibile agli uomini si è rivelato a noi negli occhi fiduciosi di un bambino” (Omelia ai cardinali 09/05/2025). 

Le tragiche vicende che il mondo sta vivendo, ci portano a ripensare con maggior attenzione al canto degli angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama” (Luca 2,14). Un canto che deve risuonare ancora oggi, coinvolgendo gli uomini e le donne di buona volontà. Il Natale che celebriamo ci sorprende ancora una volta con la disarmante semplicità e soprattutto con il suo messaggio di pace. Davanti ai tanti paesi insanguinati da inutili guerre, imploriamo il Signore, Dio della pace. Pensiamo a chi vive continuamente sotto le bombe e alla morte di tante persone, a chi attraversa il mare nella paura, a chi non trova posto nelle nostre case e nelle nostre coscienze. In questi volti riconosciamo il bambino di Betlemme, perché Dio non si è incarnato per pochi ma per tutti, senza eccezioni. Davanti alla grotta non contempliamo solo un ricordo ma desideriamo costruire e custodire una presenza d’amore.

L’augurio più bello di buon Natale a tutti, diventi un impegno a ridestare il nostro cuore.  Che il Santo Natale sciolga la durezza dell’indifferenza, rafforzi la nostra fede nel Signore Gesù, restituisca la gioia dell’incontro e ci apra alla speranza. Il signore che viene renda le nostre comunità luoghi ospitali, capaci di ascolto e di misericordia, dove ognuno possa sentirsi guardato e amato da Dio, con quella tenerezza che cambia la vita.

                                               + Giuseppe Pellegrini, vescovo