Costume e Società
Francesco, un Papa sorprendente
Le resistenze all'interno della Chiesa
Papa Bergoglio, amato dal popolo e temuto dagli ecclesiastici: come mai questa forbice del consenso e del dissenso? Al compimento degli 82 anni e del sesto anniversario dell’elezione, il 13 marzo, egli ci appare come il più amato tra i Papi che sono venuti dopo Giovanni XXIII, ma anche il più criticato. Indico tre provenienze delle critiche a Francesco: le riforme che propone, la figura papale che impersona, la “paresia”, cioè la libertà di parola con cui propone i suoi convincimenti e reagisce alle opposizioni. Il movimento di avversione partì la sera stessa dell’elezione e, in contemporanea, quello di simpatia, scatenati ambedue dal famoso “Buonasera”. Bastò quel saluto perché i simpatizzanti lo sentissero vicino, mentre gli altri già obiettarono che, però non aveva detto “Sia lodato Gesù Cristo”.In una prima fase le critiche si appuntarono sugli aspetti inediti della figura papale che Bergoglio impersonava: le vesti, le scarpe, il linguaggio, l’abitazione, l’utilitaria. Ma presto si manifestò una più forte opposizione alle riforme che Francesco subito mise in cantiere per realizzare una “Chiesa povera per i poveri”, sinodale, decentrata. Novità delle novità, il programma della Chiesa in uscita, missionaria affermata nell’Evangelii gaudium n17. Una riforma che comporta scavalchi di priorità, del Vangelo sul dogma, della pastorale sulla dottrina, del bene comune sui principi non negoziabili, dell’impegno diretto nel servizio dell’uomo rispetto alla pedagogia della mediazione.In questo filone di novità di sostanza è avvertita come provocatoria anche l’intonazione evangelica della predicazione sull’accoglienza dei diversi e di chi si trova in una situazione irregolare: immigrati, omosessuali, divorziati risposati e conviventi e la sua denuncia contro il capitalismo occidentale. “Questa economia uccide” gli provoca l’accusa di comunismo specialmente dalla destra statunitense.Il Vangelo alla lettera, sine glossa, fa scandalo. Era scandaloso il “dimorare presso i lebbrosi ” di san Francesco di Assisi e possiamo immaginare che molti temessero il contagio che avrebbe potuto venirne alla città. E’ scandalosa oggi la premura che questo Papa ha per i migranti e così ne moltiplica gli arrivi. Una parte di responsabilità per l’infuriare degli attacchi spetta al Papa stesso; a differenza dei suoi predecessori, Francesco non fa nulla per evitare le critiche. Tende a proporre con schiettezza le sue iniziative e le sue idee. Odia le cautele di linguaggio, persino polemizza con gli oppositori. E qui, forse, si può vedere un limite della sua azione. Parrebbe che a provocare dissenso sia il prevalere nella nuova figura papale inedita e spiazzante che Bergoglio impersona. Nell’elemento soggettivo su quello istituzionale. E’un Papa che si presenta non come roccia che tiene il campo, ma come pastore che spinge a nuovi pascoli. Come si vede dall’accelerazione degli attacchi è venuto a costituirsi un fronte antagonista ecclesiastico che tende a delegittimarlo accusandolo di cedimento all’islam e al comunismo cinese, di complicità con gli abusatori sessuali. Anche i suoi ammiratori ormai ammettono che Papa Bergoglio esce dalle coordinate secolari e mette a rischio, a molti rischi, persino a quello di una divisione all’interno della Chiesa. Fa bene a farlo. Era necessaria quell’uscita da modello millenario di ministero papale, ma essa non è indolore ed è senza rete. Va insieme riconosciuto che si tratta di un contagio di disagio in crescita. E’ ragionevole che il vasto programma di “riforma della Chiesa” per “l’uscita missionaria” provochi maggiore reazione nei Paesi dove la Chiesa cattolica è più riconosciuta, radicata. Questa è l’Italia specialmente, direi, perché nella comunità cattolica italiana ancora non si coglie a pieno la gravità della crisi del passaggio epocale che stiamo vivendo. E pertanto non cogliamo l’opportunità rappresentata da questo Papa venuto “dalla fine del mondo”.La scelta di mutare linea, fatta dal Conclave è epocale. E Francesco ci propone innovazioni di linguaggio e di azione che sono necessità segnalate dalla fragilità delle famiglie, dall’abbandono dei giovani, dal calo delle vocazioni. Ma è una necessità non ancora pienamente avvertita nella nostra compagine ecclesiastica. Da qui, in definitiva, la tentazione di resistere al pastore venuto “quasi dalla fine del mondo”.