Commento al Vangelo
Domenica 24 luglio, commento di don Renato De Zan
Non basta pregare. Gesù su questo tema è stato severo: “Perché mi invocate: - Signore, Signore! - e non fate quello che dico?” (Lc 6,46). Nel vangelo di Matteo c’è un avvertimento: “Non chiunque mi dice: - Signore, Signore -, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). Preghiera e azione si completano

Lc 11,1-13
Padre, non abbandonarci
1. Ai tempi di Gesù ogni rabbino insegnava ai suoi discepoli una “preghiera distintiva”. Era un modo non solo di identificare i discepoli, ma era anche un modo per coagularli. Giovanni Battista aveva fatto così. Fino a quel momento Gesù non l’aveva fatto. I discepoli, offrendo come esempio il comportamento del Battista, chiedono a Gesù di insegnar loro la “preghiera distintiva”. E il Maestro insegna il “Padre nostro”. Il “Padre nostro” è una preghiera che si capisce solo alla luce della persona di Gesù (di tutto il Vangelo) e la persona di Gesù si capisce alla luce di questa preghiera (e tutto il Vangelo si capisce alla luce del “Padre nostro”).
2. Il “Padre nostro” è una preghiera che non è molto distante dal “Qaddish” ebraico: “Esaltato e santificato sia il suo grande nome nel mondo che egli creò secondo la sua volontà: domini il suo regno nel tempo della vostra vita e nei vostri giorni e durante la vita di tutta la casa d’Israele presto e in un tempo vicino”. Tuttavia lo supera sia con le tematiche (pane, perdono e tentazione) sia con la forma: la preghiera pone in rapporto diretto il gruppo degli oranti (“noi”) con Dio, chiamato “papà”, tocca le necessità spirituali e materiali più vicine all’uomo e invoca l’intervento di Dio per la salvaguardia della fede (“non abbandonarci alla tentazione”).
3. Accanto ala preghiera distintiva, Gesù offre altri due insegnamenti: il primo riguarda il tempo della preghiera e il secondo riguarda la perseveranza nella preghiera stessa. L’orante può rivolgersi a Dio quando vuole: non esiste nessun momento che sia inopportuno per Dio. Anche a mezzanotte Dio ascolta. Paolo, che conosce benissimo l’insegnamento di Gesù, dirà ai Tessalonicesi: “Pregate ininterrottamente…” (1Ts 5,17). L’insistenza nella preghiera, poi, – dice Gesù – non è un difetto, ma una qualità. Gesù, nel Getsemani, dirà ai suoi discepoli: “Vegliate in ogni momento pregando….”( Lc 21,36). Un discepolo di Paolo, scrivendo ai cristiani di Efeso, raccomanderà: “In ogni occasione, pregate…” (Ef 6,18).
Dimensione letteraria
1. La pericope biblica e la formula evangelica del Lezionario sono identiche. Il testo è suddivisibile in tre unità letterarie. La prima (Lc 11,1) presenta Gesù che prega i discepoli che chiedono al Maestro che insegni loro la preghiera distintiva. La seconda unità (Lc 11,2-4) mostra la preghiera distintiva: il “Padre nostro”. La terza unità letteraria (Lc 11,5-13) offre degli insegnamenti di Gesù sulla preghiera.
2. Gli insegnamenti di Gesù sulla preghiera (Lc 11,5-13) sono stati articolati dall’evangelista con uno schema parallelistico Prima c’è un racconto esemplificativo (Lc 11,5-8) seguito da due detti proverbiali (Lc 11,9-10). Immediatamente dopo, si trova un nuovo racconto esemplificativo (Lc 11,11-12) seguito ancora da un detto proverbiale con forma di paragone che segue il criterio del “qal wa-hòmer”(leggero e pesante). Dall’esempio minore ( voi – i vostri figli) si passa alla realtà maggiore (Dio e voi).
Riflessione biblico-liturgica
1. Anche Matteo riporta il “Padre nostro” che non è uguale a quello riportato da Luca. Matteo ha fatto delle aggiunte, ma ha conservato il vocabolario semitico di Gesù. Luca ha mantenuto la struttura della preghiera, ma ha “grecizzato” il vocabolario. C’è un terzo “Padre nostro”. Si tratta di quello riportato dalla “Didaché”, catechismo della chiesa nascente dove si invitava il credente a pregare il “Padre nostro” tre volte al giorno: mattina, mezzogiorno e sera. Bene sarebbe se i cristiani riprendessero questa sana abitudine. Il testo di Matteo e della “Didaché” sono quasi uguali. Il catechismo, però, aggiunge alla fine l’espressione “perché tua è la potenza e la gloria nei secoli”; espressione che è passata nella Messa.
2. Ricordiamo che non basta pregare. Gesù su questo tema è stato severo: “Perché mi invocate: – Signore, Signore! – e non fate quello che dico?” (Lc 6,46). Nel vangelo di Matteo c’è un avvertimento: “Non chiunque mi dice: – Signore, Signore -, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). Preghiera e azione si completano.