Salute e Sanità
Sanità: pubblicato il rapporto Gimbe con i dati Veneto e Fvg

La Fondazione GIMBE ha presentato l’8 ottobre 2025 presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati l’8° Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN)rilevando anzitutto come dati, narrative e sondaggi di popolazione dimostrino che oggi la vera emergenza del Paese è il Servizio Sanitario Nazionale. Un divario della spesa sanitaria pubblica pro capite di € 727 rispetto alla media dei paesi OCSE membri dell’Unione Europea, con un gap complessivo che sfiora i € 42,9 miliardi; la crisi motivazionale del personale che abbandona il SSN; quasi 5,8 milioni di persone che nel 2023 hanno rinunciato alle cure, di cui 3,1 milioni per motivi economici; le inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali; la migrazione sanitaria e i disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui pronto soccorso affollati dimostrano che la tenuta del SSN è prossima al punto di non ritorno, che i princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno e nelle aree interne e disagiate.
Il rilancio del SSN richiede una presa di coscienza collettiva: istituzioni, professionisti della salute e cittadini devono riconoscere che la progressiva perdita di un servizio pubblico, equo e universalistico non mette a rischio soltanto il diritto alla tutela della salute, ma anche la coesione sociale e lo sviluppo economico del Paese. È per questo che la Fondazione GIMBE ha aggiornato il Piano di Rilancio del SSN: un programma chiaro in 15 punti, non un manuale operativo, ma uno strumento di orientamento che fissa le priorità strategiche per rafforzare e innovare il nostro insostituibile SSN. Un piano che ha come bussola l’articolo 32 della Costituzione e il rispetto dei princìpi fondanti del SSN e mette nero su bianco le azioni indispensabili per potenziarlo con risorse adeguate, riforme coraggiose e una radicale e moderna riorganizzazione.
Friuli Venezia Giulia
Riparto Fondo Sanitario Nazionale (FSN):
nel 2023 (anno in cui sono stati modificati i criteri di riparto) il FSN pro-capite in regione è stato pari a € 2.147. Rispetto al 2022 la regione ha registrato un incremento del FSN pro-capite di € 69, tuttavia inferiore alla media nazionale di € 71;
nel 2024 la regione ha ricevuto € 2.226 pro-capite, cifra superiore alla media nazionale di € 2.181.
Rinuncia alle prestazioni sanitarie:
nel 2024 l’8,5% dei cittadini – oltre 101 mila persone – ha dichiarato di aver rinunciato ad una o più prestazioni sanitarie (media Italia 9,9%) con un incremento di 3,4 punti percentuali rispetto al 2023.
L’aspettativa di vita alla nascita (dati 2024) è pari a 83,8 anni (media nazionale 83,4).
Personale sanitario:
nel 2023, a livello regionale si registrano 17,4 unità di personale sanitario ogni 1.000 abitanti (media Italia 11,9);
nel 2023, a livello regionale si registrano 2,26 medici dipendenti ogni 1.000 abitanti (media Italia 1,85);
nel 2023, a livello regionale si registrano 6,37 infermieri dipendenti ogni 1.000 abitanti (media Italia 4,7);
nel 2023, a livello regionale, il rapporto medici-infermieri è pari a 2,82 (media Italia 2,54).
PNRR (dati Agenas al 30 giugno 2025 e che riguardano servizi e strutture finanziati con risorse PNRR e con risorse diverse dal PNRR):
Case della Comunità: a fronte di una programmazione complessiva di 32 Case di Comunità, al 30 giugno 2025 30 hanno attivato almeno un servizio.
Centrali Operative Territoriali: al 30 giugno 2025 il 100% delle Centrali Operative Territoriali sono pienamente funzionanti e certificate.
Ospedali di Comunità: a fronte di una programmazione complessiva di 15 Ospedali di Comunità, al 30 giugno 2025 solo 3 (20%) sono stati dichiarati attivi dalla Regione.
Si riportano inoltre i dati presenti nell’8° Rapporto GIMBE già oggetto di precedenti comunicati stampa:
Cure essenziali: nel 2023 il punteggio totale degli adempimenti della Regione ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero le prestazioni che il SSN eroga gratuitamente o tramite il pagamento di un ticket, è di 235 (punteggio max 300). Secondo l’analisi GIMBE il Friuli Venezia Giulia si posiziona 9a tra le regioni e province autonome ed è risultata adempiente secondo il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG). Rispetto al 2022, nel 2023 il punteggio totale della Regione è migliorato (+16).
In dettaglio, dalla valutazione dei 26 indicatori del Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), suddivisi in tre aree (prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale ed assistenza ospedaliera), la Regione si colloca:
8a per l’area della prevenzione;
9a per l’area distrettuale;
14a per l’area ospedaliera.
Mobilità sanitaria: nel 2022 si rileva un saldo negativo minimo della mobilità sanitaria regionale, pari a -€ 11,8 milioni – in aumento di € 4,2 milioni rispetto al 2021 – di cui:
crediti: € 92.372.963 ovvero la Regione si colloca in 13a posizione
debiti: € 104.133.868 ovvero la Regione si colloca in 17a posizione
Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva del privato accreditato. La Regione si colloca in 15a posizione con le strutture private che erogano il 25% del valore totale della mobilità sanitaria attiva regionale (media Italia 54,4%).
Medici di Medicina Generale:
il massimale di 1.500 assistiti viene superato dal 52,4% del totale dei MMG della regione. La media nazionale è pari al 51,7%;
il numero medio di assistiti per MMG al 1° gennaio 2024 nell’intera regione è pari a 1.460 (media nazionale 1.374);
secondo la stima GIMBE, che ha tenuto in considerazione il rapporto ottimale pari a 1 MMG ogni 1.200 assistiti, al 1° gennaio 2024 in regione mancano 151 MMG;
tra il 2019 e il 2023 i MMG in regione si sono ridotti del 12,9%. La media nazionale della riduzione è pari all’12,7%;
nel 2024 i partecipanti al concorso nazionale per il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale sono stati superiori ai posti disponibili: +8 candidati (+20%) rispetto alle borse finanziate (media Italia -15%).
Pediatri di Libera Scelta:
facendo riferimento al rapporto ottimale di 1 PLS ogni 850 assistiti (secondo quanto previsto dall’ultimo Accordo Collettivo Nazionale) al 1° gennaio 2024 si stima una carenza di 18 Pediatri di Libera Scelta;
entro il 2028 29 Pediatri di Libera Scelta raggiungeranno l’età di pensionamento di 70 anni;
il numero medio di assistiti per Pediatra di Libera Scelta è pari a 984, sopra media nazionale (900 assistiti per PLS) ma al di sotto del massimale senza deroghe (ovvero 1.000 assistiti per PLS);
l’84,5% degli assistiti in carico ai Pediatri di Libera Scelta ha più di 5 anni (media nazionale 81,2%).
Veneto
Riparto Fondo Sanitario Nazionale (FSN):
nel 2023 (anno in cui sono stati modificati i criteri di riparto) il FSN pro-capite in regione è stato pari a € 2.100. Rispetto al 2022 la regione ha registrato un incremento del FSN pro-capite di € 62, tuttavia inferiore alla media nazionale di € 71;
nel 2024 la regione ha ricevuto € 2.182 pro-capite, cifra lievemente superiore alla media nazionale di € 2.181.
Rinuncia alle prestazioni sanitarie:
nel 2024 il 7,9% dei cittadini – oltre 383 mila persone – ha dichiarato di aver rinunciato ad una o più prestazioni sanitarie (media Italia 9,9%) con un incremento di 0,5 punti percentuali rispetto al 2023.
L’aspettativa di vita alla nascita (dati 2024) è pari a 84,2 anni (media nazionale 83,4).
Personale sanitario:
nel 2023, a livello regionale si registrano 13 unità di personale sanitario ogni 1.000 abitanti (media Italia 11,9);
nel 2023, a livello regionale si registrano 1,63 medici dipendenti ogni 1.000 abitanti (media Italia 1,85);
nel 2023, a livello regionale si registrano 5,29 infermieri dipendenti ogni 1.000 abitanti (media Italia 4,7);
nel 2023, a livello regionale, il rapporto medici-infermieri è pari a 3,25 (media Italia 2,54).
PNRR (dati Agenas al 30 giugno 2025 e che riguardano servizi e strutture finanziati con risorse PNRR e con risorse diverse dal PNRR):
Case della Comunità: a fronte di una programmazione complessiva di 99 Case di Comunità, al 30 giugno 2025 63 hanno attivato almeno un servizio, 19 hanno attivato tutti i servizi obbligatori di cui 3 con presenza di medici e infermieri.
Centrali Operative Territoriali: al 30 giugno 2025 il 100% delle Centrali Operative Territoriali sono pienamente funzionanti e certificate.
Ospedali di Comunità: a fronte di una programmazione complessiva di 73 Ospedali di Comunità, al 30 giugno 2025 46 (63%) sono stati dichiarati attivi dalla Regione.
Si riportano inoltre i dati presenti nell’8° Rapporto GIMBE già oggetto di precedenti comunicati stampa:
Cure essenziali: nel 2023 il punteggio totale degli adempimenti della Regione ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero le prestazioni che il SSN eroga gratuitamente o tramite il pagamento di un ticket, è di 288 (punteggio max 300). Secondo l’analisi GIMBE il Veneto si posiziona prima tra le regioni e province autonome ed è risultata adempiente secondo il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG). Rispetto al 2022, nel 2023 il punteggio totale della Regione è migliorato (+7).
In dettaglio, dalla valutazione dei 26 indicatori del Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), suddivisi in tre aree (prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale ed assistenza ospedaliera), la Regione si colloca:
2a per l’area della prevenzione;
1a per l’area distrettuale;
3a per l’area ospedaliera.
Mobilità sanitaria: nel 2022 si rileva un saldo positivo rilevante della mobilità sanitaria regionale, pari a € 198,2 milioni – in riduzione di € 29,9 milioni rispetto al 2021 – di cui:
crediti: € 506.736.547 ovvero la Regione si colloca in 3a posizione
debiti: € 308.538.717 ovvero la Regione si colloca in 7a posizione
Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto raccolgono insieme il 94,1% del saldo attivo della mobilità sanitaria.
Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva del privato accreditato. La Regione si colloca in 6a posizione con le strutture private che erogano il 57,4% del valore totale della mobilità sanitaria attiva regionale (media Italia 54,4%).
Medici di Medicina Generale:
il massimale di 1.500 assistiti viene superato dal 68,7% del totale dei MMG della regione. La media nazionale è pari al 51,7%;
il numero medio di assistiti per MMG al 1° gennaio 2024 nell’intera regione è pari a 1.546 (media nazionale 1.374);
secondo la stima GIMBE, che ha tenuto in considerazione il rapporto ottimale pari a 1 MMG ogni 1.200 assistiti, al 1° gennaio 2024 in regione mancano 785 MMG;
tra il 2019 e il 2023 i MMG in regione si sono ridotti del 12,3%. La media nazionale della riduzione è pari all’12,7%;
nel 2024 i partecipanti al concorso nazionale per il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale sono stati inferiori ai posti disponibili: -102 candidati (-41%) rispetto alle borse finanziate (media Italia -15%).
Pediatri di Libera Scelta:
facendo riferimento al rapporto ottimale di 1 PLS ogni 850 assistiti (secondo quanto previsto dall’ultimo Accordo Collettivo Nazionale) al 1° gennaio 2024 si stima una carenza di 93 Pediatri di Libera Scelta. Terza fra le regioni italiane;
entro il 2028 190 Pediatri di Libera Scelta raggiungeranno l’età di pensionamento di 70 anni;
il numero medio di assistiti per Pediatra di Libera Scelta è pari a 1.008 (terza fra le regioni italiane), sopra media nazionale (900 assistiti per PLS) e al di sopra del massimale senza deroghe (ovvero 1.000 assistiti per PLS);
l’89,7% degli assistiti in carico ai Pediatri di Libera Scelta ha più di 5 anni (media nazionale 81,2%). Terza fra le regioni italiane.





«Siamo testimoni di un lento ma inesorabile smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale, che spiana inevitabilmente la strada a interessi privati di ogni forma. Continuare a distogliere lo sguardo significa condannare milioni di persone a rinunciare non solo alle cure, ma a un diritto fondamentale: quello alla salute. Da anni i Governi, di ogni colore politico, promettono di difendere il Servizio Sanitario Nazionale, ma nessuno ha mai avuto la visione e la determinazione necessarie per rilanciarlo con adeguate risorse e riforme strutturali. Le drammatiche conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: aumento delle disuguaglianze, famiglie schiacciate da spese insostenibili, cittadini costretti a rinunciare a prestazioni sanitarie, personale sempre più demotivato che abbandona la sanità pubblica. È la lenta agonia di un bene comune che rischia di trasformarsi in un privilegio per pochi».
Così Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE, ha aperto – presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati – la presentazione dell’8° Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Definanziamento perenne. Dopo i tagli del decennio 2010-2019 e le imponenti risorse assegnate nel 2020-2022 assorbite interamente dalla pandemia, il fondo sanitario nazionale (FSN) nel triennio 2023-2025 è cresciuto di ben € 11,1 miliardi: da € 125,4 miliardi del 2022 a € 136,5 miliardi del 2025. Risorse in buona parte erose dall’inflazione – che nel 2023 ha toccato il 5,7% – e dall’aumento dei costi energetici. «Ma dietro l’aumento dei miliardi – afferma Cartabellotta – si cela un imponente e costante definanziamento, perché cambiando unità di misura le rassicuranti cifre assolute diventano solo illusioni contabili». Infatti, la percentuale del FSN sul PIL al 31 dicembre 2024 è scesa dal 6,3% del 2022 al 6% del 2023, per attestarsi al 6,1% nel 2024-2025, pari a una riduzione in termini assoluti di € 4,7 miliardi nel 2023, € 3,4 miliardi nel 2024 e € 5 miliardi nel 2025. «In altre parole – spiega il Presidente – se è certo che nel triennio 2023-2025 il FSN è aumentato di € 11,1 miliardi, è altrettanto vero che con il taglio alla percentuale di PIL la sanità ha lasciato per strada € 13,1 miliardi».
Dal punto di vista previsionale, il Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DPFP) 2025 del 2 ottobre 2025 stima un rapporto spesa sanitaria/PIL stabile al 6,4% per gli anni 2025, 2027 e 2028, con un leggero aumento al 6,5% nel 2026, legato alla lieve revisione al ribasso delle stime di crescita economica. Tuttavia, la Legge di Bilancio 2025 racconta un’altra storia: la quota di PIL destinata al FSN scenderà dal 6,1% del 2025-2026 al 5,9% nel 2027 e al 5,8% nel 2028. Questo divario tra previsione di spesa e finanziamento pubblico rischia di scaricarsi sui bilanci delle Regioni: € 7,5 miliardi per il 2025, € 9,2 miliardi nel 2026, € 10,3 miliardi nel 2027, € 13,4 miliardi nel 2028. «Senza un deciso rifinanziamento a partire dalla Legge di Bilancio 2026 – avverte Cartabellotta – questo divario tra stima di spesa e risorse allocate costringerà le Regioni a scelte dolorose per i propri residenti: ridurre i servizi o aumentare la pressione fiscale». Eppure il finanziamento della sanità pubblica non è una variabile negoziabile, come ribadito dalla Corte Costituzionale con il netto cambio di passo dal “diritto finanziariamente condizionato” alla “spesa costituzionalmente necessaria” per finanziare i LEA: la Consulta ha riaffermato che la tutela della salute è un diritto incomprimibile che lo Stato deve garantire prioritariamente, recuperando le risorse necessarie da altri capitoli di spesa pubblica.
Riparto del fondo sanitario lontano dall’equità. La revisione dei criteri di riparto ha introdotto lievi effetti redistributivi per le Regioni del Mezzogiorno, compensando solo in parte lo svantaggio che assegna più risorse alle Regioni con popolazione più anziana. Infatti, in termini di riparto pro-capite, nel 2024 la Liguria (€ 2.261) guida la classifica, seguita da Molise (€ 2.235), Sardegna (€ 2.235) e Umbria (€ 2.232), tutte Regioni con un indice di vecchiaia elevato. Al contrario, escludendo le Province autonome, le Regioni più giovani ricevono quote pro-capite inferiori alla media nazionale: Campania (€ 2.135), Lombardia (€ 2.154), Lazio (€ 2.164) e Sicilia (€ 2.166). Rispetto alla media nazionale di € 2.181 pro-capite, nel 2024 il gap va dai +€ 79,84 della Liguria ai -€ 80,18 della Provincia autonoma di Bolzano. Differenze che in valori assoluti vanno dai +€ 159,5 milioni del Piemonte ai -€ 256,5 milioni della Campania e ai -€ 268,5 milioni della Lombardia. «I meccanismi di riparto – denuncia Cartabellotta – restano profondamente iniqui. La quota non pesata del 60% limita la capacità di rispondere ai nuovi bisogni di salute, soprattutto quelli emergenti tra i giovani e le fasce socialmente svantaggiate. Inoltre, le nuove variabili su mortalità precoce e condizioni socio-economiche pesano troppo poco: solo l’1,5% sul riparto complessivo Infine, in assenza di criteri oggettivi e trasparenti, la quota premiale si è trasformata in un meccanismo di compensazione politica».
Spesa sanitaria: il peso sulle famiglie e le rinunce alle cure. Secondo i dati ISTAT, la spesa sanitaria per il 2024 ammonta a € 185,12 miliardi: € 137,46 miliardi di spesa pubblica (74,3%) e € 47,66 miliardi di spesa privata di cui € 41,3 miliardi (22,3%) pagati direttamente dalle famiglie (out of pocket) e € 6,36 miliardi (3,4%) da fondi sanitari e assicurazioni. Complessivamente l’86,7% della spesa privata grava direttamente sui cittadini, mentre solo il 13,3% è intermediata. «La spesa delle famiglie – spiega Cartabellotta – viene inoltre “arginata” da fenomeni che riducono l’equità dell’accesso e peggiorano le condizioni di salute: limitazione delle spese per la salute, indisponibilità economica temporanea e, soprattutto, rinuncia alle prestazioni sanitarie». Un fenomeno esploso nel 2024 quando ha coinvolto 1 italiano su 10 (oltre 5,8 milioni di persone), ossia il 9,9% della popolazione, con marcate differenze regionali: dal 5,3% della Provincia autonoma di Bolzano al 17,7% della Sardegna. Il quadro è destinato a peggiorare, complice l’aumento della povertà assoluta che nel 2023 ha colpito 2,2 milioni di famiglie (8,4%). «L’aumento della spesa a carico delle famiglie – osserva Cartabellotta – rompe il patto tra cittadini e Istituzioni con milioni di persone costrette a pagare la sanità di tasca propria o, se indigenti, a rinunciare alle prestazioni. E soprattutto senza più la sicurezza di poter contare su una sanità pubblica che garantisca certezze».
Livelli Essenziali di Assistenza, mobilità sanitaria e divari Nord-Sud. Il 2023 certifica un’Italia spaccata: solo 13 Regioni rispettano i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), prestazioni e servizi da garantire a tutti i cittadini gratuitamente o previo pagamento di un ticket. Al Sud si salvano solo Puglia, Campania e Sardegna. La cartina al tornasole degli adempimenti LEA è la mobilità sanitaria che nel 2022 vale oltre € 5 miliardi: Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto raccolgono il 94,1% del saldo attivo, mentre il 78,8% del saldo passivo si concentra in 5 Regioni del Sud (Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) e nel Lazio, che registrano un saldo negativo oltre € 100 milioni. Le conseguenze di questa permanente “frattura strutturale” tra Nord e Sud si riflettono anche nell’aspettativa di vita che in tutte le Regioni del Mezzogiorno è pari o inferiore alla media nazionale. Le stime ISTAT per il 2024 indicano una media nazionale di 83,4 anni con nette differenze regionali: dagli 84,7 anni della Provincia autonoma di Trento agli 81,7 della Campania, un gap di ben 3 anni. «Un drammatico segnale – commenta Cartabellotta – che testimonia la bassa qualità dei servizi sanitari del Mezzogiorno, oltre al fallimento di Piani di rientro e Commissariamenti nella riqualificazione e riorganizzazione sanitaria delle Regioni del Sud: qui i cittadini vivono una sanità peggiore, devono spendere per curarsi altrove e pagano imposte regionali più alte».
Espansione dei soggetti privati. «Nessun Governo – spiega Cartabellotta – ha mai dichiarato di voler privatizzare il SSN. Ma il continuo indebolimento della sanità pubblica favorisce la continua espansione dei soggetti privati, ben oltre la sanità privata convenzionata». Oggi i soggetti privati in sanità si muovono su quattro fronti: erogatori (convenzionati o “privato puro”), investitori (fondi di investimento, banche, gruppi industriali), terzi paganti (assicurazioni, fondi sanitari), oltre a tutti i contraenti di partenariati pubblico-privato. «Un ecosistema complesso e intricato – aggiunge il Presidente – dove è difficile mantenere l’equilibrio tra l’obiettivo pubblico della tutela della salute e quello imprenditoriale della generazione di profitti». Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2023 su 29.386 strutture sanitarie, 17.042 (58%) sono private accreditate e prevalgono sul pubblico in varie aree: assistenza residenziale (85,1%), riabilitativa (78,4%), semi-residenziale (72,8%) e specialistica ambulatoriale (59,7%). Nel 2024 la spesa pubblica destinata al privato convenzionato ha raggiunto € 28,7 miliardi, ma in termini percentuali è scesa al minimo storico del 20,8%. A correre davvero è invece il “privato puro”: tra il 2016 e il 2023 la spesa delle famiglie presso queste strutture è aumentata del 137%, passando da € 3,05 miliardi a € 7,23 miliardi. Nello stesso periodo la spesa out of pocket nel privato accreditato è cresciuta “solo” del 45%, con un divario che si è ridotto da € 2,2 miliardi nel 2016 a € 390 milioni nel 2023. «Questo scenario – avverte Cartabellotta – documenta una profonda evoluzione dell’ecosistema dei privati in sanità, dove il libero mercato si sta espandendo grazie alle sinergie tra finanziatori ed erogatori privati, creando un binario parallelo e indipendente dal pubblico, riservato solo a chi può permetterselo».
Squilibri del personale sanitario: tanti medici, pochissimi infermieri. In Italia nel 2023 i medici dipendenti sono 109.024, pari a 1,85 per 1.000 abitanti, e quelli convenzionati 57.880. Ma secondo i dati OCSE, che includono tutti i medici in attività compresi gli specializzandi, il nostro Paese conta ben 315.720 medici, ovvero 5,4 ogni 1.000 abitanti. Siamo secondi dopo l’Austria, con un valore nettamente superiore alla media OCSE (3,9) e a quella dei paesi europei (4,1). «Questi numeri – osserva Cartabellotta – dimostrano che in Italia non c’è affatto carenza di medici, ma attestano una loro fuga continua dal SSN e carenze selettive in specialità ritenute poco attrattive e nella medicina generale». Al podio per numero di medici fa da contraltare la posizione di coda del nostro Paese per il numero di infermieri: 6,5 ogni 1.000 abitanti rispetto alla media OCSE di 9,5. Secondo i dati nazionali, nel 2023 sono 277.164 gli infermieri dipendenti, pari a 4,7 per 1.000 abitanti, con un range che varia da 3,53 della Sicilia a 6,86 della Liguria. A peggiorare lo scenario si aggiunge il crollo dell’attrattività per la professione: per l’anno accademico 2025/2026 il rapporto tra domande presentate e posti disponibili al Corso di Laurea in Infermieristica è crollato a 0,92. Sul fronte della medicina territoriale, al 1° gennaio 2024 si stima una carenza di 5.575 medici di medicina generale e di 502 pediatri di libera scelta, che rende spesso difficile trovare un professionista vicino al proprio domicilio. Infine, le retribuzioni restano ben al di sotto della media OCSE: a parità di potere di acquisto per i consumi privati, per i medici specialisti la retribuzione media in Italia è di $ 117.954 (media OCSE $ 131.455) e per gli infermieri ospedalieri di $ 45.434 (media OCSE $ 60.260). «Rimane incomprensibile – commenta Cartabellotta – la scelta di formare più medici, senza prima attuare misure concrete per arginarne le fuga dalla sanità pubblica e restituire attrattività e prestigio alla carriera nel SSN. Ovvero rischiamo di investire denaro pubblico per regalare professionisti al privato o all’estero».
Riforma dell’assistenza territoriale. Il recente monitoraggio Agenas sull’attuazione del DM 77/2022 rileva ritardi e disomogeneità regionali. Fatta eccezione per le Centrali Operative Territoriali il cui target è stato già raggiunto, al 30 giugno 2025 delle 1.723 Case della Comunità programmate, 218 (12,7%) avevano attivato tutti i servizi previsti e di queste solo 46 (2,7%) disponevano di personale medico e infermieristico. Per gli Ospedali di Comunità, a fronte di 592 strutture programmate, solo 153 (26%) sono state dichiarate attive, per complessivi 2.716 posti letto. Quanto all’Assistenza Domiciliare Integrata, la copertura formale è garantita in tutte le Regioni tranne che in Sicilia (78%). Ma dietro i numeri emergono diseguaglianze nell’erogazione dei singoli servizi, con carenze significative in quelli socio-assistenziali.
Stato di avanzamento del PNRR: luci e ombre. Per portare a termine la Missione Salute mancano 14 obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno 2026, una data che segna non solo la scadenza degli adempimenti burocratici, ma la reale consegna di strutture e servizi ai cittadini. Dal monitoraggio indipendente GIMBE emerge che 4 target sono in anticipo o già completati: ristrutturazioni degli ospedali, assistenza domiciliare per gli over 65, grandi apparecchiature, contratti di formazione specialistica; altri 5 non sono valutabili per mancanza di dati pubblici. 2 i target presentano ritardi: riguardo agli interventi di antisismica, al 25 febbraio 2025 risultano attivi o conclusi circa 86 cantieri, ma la spesa totale non raggiunge l’11% del finanziamento e nel Mezzogiorno è del 6% circa. Relativamente all’adozione da parte di tutte le Regioni del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), al 31 marzo 2025 solo 6 documenti su 16 – lettera di dimissione ospedaliera, referti di laboratorio e di radiologia, prescrizione farmaceutica e specialistica e verbale di pronto soccorso – sono disponibili in tutte le Regioni. Inoltre, solo il 42% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione del FSE con un divario enorme tra le Regioni: dall’1% in Abruzzo, Calabria e Campania al 92% in Emilia-Romagna. Infine, 3 target risultano in netto ritardo: potenziamento delle terapie intensive e semi-intensive, attivazione di Case di Comunità e Ospedali di Comunità. «Nonostante la rimodulazione al ribasso concessa dall’Europa – osserva Cartabellotta – i ritardi sono molto preoccupanti, in particolare in alcune Regioni. Anche perché, oltre al completamento delle strutture, rimane il nodo del personale: carenza di infermieri e incertezze sulla reale disponibilità dei medici di famiglia a lavorare in queste strutture». In dettaglio, il target prevede che dovranno essere pienamente funzionanti almeno 1.038 Case della Comunità e almeno 307 Ospedali di Comunità, dotati di servizi e personale sanitari entro il 30 giugno 2026. Al 30 giugno 2025, per 218 Case della Comunità (21%) sono stati dichiarati attivi tutti i servizi, ma di queste solo 46 (4,4%) dispongono di personale medico e infermieristico; gli Ospedali di Comunità dichiarati attivi dalle Regioni erano invece solo 153 (49,8%). «In questo scenario – avverte Cartabellotta – la “volata finale” del PNRR impone una convergenza di sforzi tra Governo, Regioni e ASL per trasformare le risorse in servizi accessibili per i cittadini. Altrimenti rischiamo di lasciare in eredità alle future generazioni strutture vuote, tecnologie digitali non integrate nel SSN insieme ad un pesante indebitamento, sprecando così un’occasione irripetibile per rafforzare la sanità pubblica».
Il Piano di Rilancio del SSN. «Il futuro del SSN – conclude Cartabellotta – si gioca su una scelta politica netta: considerare la salute un investimento strategico del Paese o continuare a trattarla come un costo da comprimere. Il Piano di Rilancio della Fondazione GIMBE punta in una direzione chiara: rafforzare e innovare quel modello di SSN istituito nel 1978, finanziato dalla fiscalità generale e basato su princìpi di universalità, uguaglianza ed equità, al fine di garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute a tutte le persone. Ma perché questo Piano sia attuabile, la Fondazione GIMBE invoca un nuovo patto. Un patto politico che superi ideologie partitiche e avvicendamenti di Governo, riconoscendo nel SSN un pilastro della democrazia, uno strumento di coesione sociale e un motore di sviluppo economico; un patto sociale che renda i cittadini consapevoli del valore della sanità pubblica e li educhi a un uso responsabile dei servizi; un patto professionale in cui tutti gli attori della sanità devono rinunciare ai privilegi di categoria per salvaguardare il bene comune».