Incontro Trump-Putin. Politi: “La guerra ucraina esce dalla sua unicità mediatica per essere inserita in un vero contesto globale”

Trump e Putin in Alaska (foto Ansa/Sir)

“La guerra ucraina esce dalla sua unicità mediatica per essere inserita in un vero contesto globale”. L’analista Alessandro Politi, direttore della Nato defence college foundation, commenta così l’incontro in forma ristretta tra il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo russo Vladimir Putin, avvenuto ieri ad Anchorage, in Alaska. Il vertice, cui hanno partecipato anche alcuni consiglieri di entrambe le delegazioni, è stato un’occasione per rinsaldare l’asse russo-americano ma anche “un incontro d’affari”, in accordo con la politica, per affrontare importanti questioni economiche da cui entrambi sperano nascano vantaggi concreti per l’uno e per l’altra.

Come risultato di questo vertice sembrerebbe apparentemente che la montagna abbia partorito il topolino. È così o c’è dell’altro, al di là degli annunci e delle poche parole dette in conferenza stampa? In altre parole, cosa è emerso?

Innanzitutto, è emerso che il rapporto personale tra Trump e Putin è intatto o, meglio, è recuperato, nel senso che il rapporto probabilmente è sempre stato buono. Certo, gli ultimi tre anni e mezzo hanno messo sotto pressione entrambi i leader, ma appena si sono ritrovati la chimica è immediatamente scattata.I due si conoscono da sempre e queste cose contano. Il rapporto tra i due non è una questione di personalismi, ma d’importanti ricadute sull’insieme degli interessi nazionali.E questo è emerso da tanti piccoli dettagli durante la conferenza stampa, prima e dopo. E poi si è parlato di soldi, tra cui anche, per esempio, lo scongelamento dei beni russi. Forse i due non ne hanno parlato direttamente lasciando la questione ai membri del proprio entourage. Putin ha ribadito che il commercio russo con gli Usa, nonostante embarghi e sanzioni, è aumentato e questo, se conosco un minimo la cultura russa, è una frecciata indiretta agli europei e ai loro 18 pacchetti di sanzioni.

Tutto questo in che modo si ripercuote sul punto focale del vertice: la pace tra Russia e Ucraina?

Putin credo abbia dato il quadro complessivo della questione. Il suo discorso va letto con cura e va distinto su due livelli. Primo, il livello logico, affrontare e rimuovere alla radice le cause del conflitto, il che è un’affermazione di buon senso in qualunque trattativa di pace. Poi c’è il livello politico. Putin è partito per questa disgraziata guerra con due obiettivi: la denazificazione dell’Ucraina e il suo disarmo, fermando così l’avanzata della Nato. Non dobbiamo dimenticare che, dal 2008 al 2014, forte è stata la spinta, almeno da parte di alcuni settori della politica statunitense, di voler a tutti i costi includere l’Ucraina nel giro atlantico, insieme alla Georgia. Cosa questa che Putin, già nel 2007, aveva detto con estrema chiarezza che non avrebbe tollerato. Tanto che, nel 2008, ha risposto in modo estremamente violento al colpo di mano militare di Saakashvili in Ossezia del Sud. Ovviamentenel corso della guerra gli obiettivi sono cambiati, si sono ampliati a conquiste territoriali, ma resta quello di non far entrare l’Ucraina nella Nato e probabilmente nemmeno in Europa, forse almeno per un decennio.

E il ruolo di Trump?

Il discorso di Trump è stato molto breve e molto cauto, ha confermato che i due sono d’accordo su una serie di cose, ma – come ha ribadito – “non c’è accordo, finché non c’è accordo”. Di sicuro,

il tycoon ha capito definitivamente, casomai ce ne fosse stato bisogno, che fare pace in 24 ore non è possibile.

Trump ha capito fino in fondo quanto sia difficile risolvere questo conflitto, che sarebbe stato chiudibile molto prima o addirittura prevenibile secondo la sua ricostruzione dei fatti del 2014-2022.

Il vertice comunque dimostra che la Russia è tutt’altro che isolata a livello mondiale.

L’isolamento della Russia è un tema sul quale gli europei si sono incartati nella loro stessa propaganda. Il “siamo tutti in guerra” non corrisponde alla realtà dei fatti.La Russia al momento vive un’economia di guerra che però funziona e continua, anche se drogata e a costi alti. Inoltre, può contare su diversi Paesi amici,non sono i nostri, non siamo noi, ma il mondo non è fatto solo da noi (la lista dei Paesi embarganti è largamente limitata a Paesi euroatlantici con quattro partner del Pacifico e meno un alleato e due partner in Europa). E su questo credo che ancora abbiamo delle illusioni ottocentesche su che cosa è l’Europa oggi, o anche tutto l’Occidente, inclusi gli Stati Uniti. Credo quindi che c’è, come dire, un problema di prospettiva.

L’Europa non era presente al tavolo dei negoziati ma forse il vero “convitato di pietra” al vertice era un altro…

Sì,

credo che il grande convitato di pietra sia la Cina,

perché non è mai stata menzionata. Sono tre potenze geograficamente più o meno vicine, per mare e/o per terra. Al momento, poi, i legami tra Cina e Stati Uniti sono molto più forti, almeno dal punto di vista economico, rispetto a quelli tra quelli tra Russia e America. Quindi, ritengo che l’incontro di ieri sia l’inizio serio della gestazione di un accordo. Non si fa un vertice del genere, se già non si è fatto un cammino importante.

L’Europa è stata invitata a non intralciare il percorso. Una diminutio o comunque il riconoscimento di un ruolo?

Non saprei dire con certezza.La mia impressione è che i leader abbiano voluto ribadire in primis la loro intenzione di trovare un accordo sul quale poi costruire una composizione più vasta, ribadendo che c’è un rapporto solido tra questi due Paesi.In altre parole, la battuta di Putin sui bastoni nelle ruote è come dire “non disturbate il guidatore”. Nei fatti poi è passato l’approccio russo che delle trattative non si parla pubblicamente.

Si prospetta una nuova Yalta?

No, non c’è una Yalta. Non c’è una Yalta perché allora si usciva da una guerra mondiale vinta. In questo caso non c’è un vincitore e nessuno ha vinto nulla. Sì, d’accordo, Putin ha avuto dei successi ma certo non era quello che si immaginava e probabilmente, fin dall’inizio, temeva che non sarebbe andata bene. No, qui c’è un deal di due potenze che hanno bisogno l’una dell’altra. Innanzitutto, perché Trump ha il progetto molto chiaro di disinvestire gli Usa da ruolo di sceriffo del mondo. Trump è arrivato alla conclusione, giusta o sbagliata che sia, che il ruolo degli Stati Uniti non è quello di garantire una stabilità mondiale in cambio del sostegno al debito, ma di rivitalizzare la struttura economico-produttiva in modo da rendere sostenibile questo debito, perché, a quanto pare, voglia di ridurlo seriamente non c’è, o al massimo ci sarebbe l’intenzione di ristrutturare il debito, ma al prezzo di perdere qualunque credibilità con il dollaro. In sostanza,il sottofondo dell’incontro Putin-Trump è anche quello di un incontro d’affari, in accordo con la politica, ma da cui nascano vantaggi concreti per l’uno e per l’altro Paese, cosa questa che il leader del Cremlino ha detto in maniera chiara.

Un’ultima domanda: a questo punto, allora, che succede?

Quanto annunciato da Trump: un giro informativo con gli alleati europei e il partner ucraino. Tutto questo mentre prosegue il lavorio tra le diplomazie dei due Paesi. Trump è apparso in questa conferenza stampa come una persona che ha molto su cui riflettere e che in questo incontro ha trovato la conferma su alcune convinzioni di lunga data, a cominciare dal rapporto Russia-Stati Uniti. Un rapporto imprescindibile, importante! Anzi, è il rapporto tra loro due che facilita ancora più la convergenza d’interessi russo-americani. È francamente difficile capire come mai gli europei non si siano preparati al ritorno di Trump (come i cinesi) e non abbiano ancora intuito di essere finiti in una tenaglia russo-americana e quindi non si siano comportati di conseguenza. Il risultato netto è stata acquiescenza. Zelenskyi naturalmente avrà da meditare su quel poco che Trump gli dirà. In conclusione, quindi, dico che la questione della guerra resta mediaticamente in primo piano ma dietro, alla base di tutto, ci sono questioni economiche molto importanti e credo sia questo il vero nodo da sciogliere. Direi così:

la guerra ucraina esce dalla sua unicità mediatica per essere inserita in un vero contesto globale.

Ciò non significa che sia irrilevante, ma che alla guerra sono legate questioni economiche molto importanti. Staremo a vedere.