A Spilimbergo fino al 7 settembre: “Alberto di Leonardo. Una stanza piena di treni”

Immaginiamo – ma c’è poco da immaginare, perché siamo nella realtà – una villa udinese, dove esiste una grande libreria una cui anta è una “porta” che immette in una “stanza segreta”… Avvincente, senza dubbio. Quella porta veniva varcata da un signore, nella vita imprenditore, che portava con sé i due nipotini, attratti dalla passione del nonno: i treni, per soddisfare la quale aveva realizzato un “plastico”, ovvero una ferrovia in miniatura con i treni in movimento. Ma, in quella stanza era nascosta un’altra passione di questo signore: oltre 10 mila fotografie da lui scattate.

Stiamo parlando di Alberto di Lenardo (1930-2018), fotografo per hobby, che per oltre 60 anni ha fotografato tutto ciò che gli piaceva, senza alcun fine professionale. Una piccola selezione di quelle 10 mila immagini è ora esposta – grazie a Carlotta di Lenardo, una dei nipotini che potevano entrare nella famosa stanza – nel Palazzo Tadea di Spilimbergo, fino al 7 settembre, nella mostra “Alberto di Lenardo. Una stanza piena di treni” organizzata dal Craf – Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia in occasione della 39ma edizione di Fvg Fotografia.

Cosa possono raccontare quelle foto a chi le guardi oggi? Di Lenardo non era un fotoreporter o un fotografo di natura o di arte, ma era una persona che sapeva cogliere con l’obiettivo – magari inconsciamente – il mutare della società. Perché – ecco il punto – Alberto di Lenardo con la sua macchina fotografica ha scattato e ritratto di tutto: persone, luoghi, paesaggi, oggetti. Scatti che ritraggono il nostro Paese nella sua piena evoluzione: di moda, di stile, di vita. Negli scatti di Alberto di Lenardo si ritrova la poesia dei sentimenti che non possono essere espressi a parole ma che, attraverso la pellicola, vengono fissati in un ricordo.

La mostra si articola in tre sezioni: dalla narrazione intima tra lo sguardo del fotografo e quello della nipote alle sale che documentano il gusto del fotografo nello scegliere i soggetti da fotografare. Infine, una sala è dedicata al libro da cui tutto ha avuto inizio: un volume nato dall’esigenza di dare forma a un’intuizione, ovvero che l’archivio fotografico di Alberto di Lenardo fosse qualcosa di più di un insieme di scatti privati.

Nico Nanni