Pordenone, 25 aprile, san Marco patrono. Il pontificale del vescovo Pellegrini

San Macro in Pordenone, concattedrale

Carissime e carissimi tutti, celebriamo con gioia la festa di san Marco, patrono della nostra città di Pordenone e della parrocchia; una gioia offuscata dalla morte del nostro caro papa Francesco, che abbiamo ricordato l’altra sera proprio qui nella concattedrale. Ora gode della gioia senza fine nel Paradiso insieme con Gesù e Maria, con gli apostoli e anche con San Marco. Un cordialissimo saluto a voi, alle autorità presenti e ai confratelli che concelebrano questa eucaristia.

Siamo nell’Ottava di Pasqua e la liturgia della Parola nella prima lettura ci presenta alcuni fatti salienti della vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme, guidata dagli stessi apostoli e nel Vangelo leggiamo una delle apparizioni di Gesù Risorto ai discepoli. Il clima pasquale dell’Ottava ci aiuta ancora di più a considerare la missionarietà della Chiesa che si regge sulla predicazione del Vangelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. Vangelo che san Marco, fedele discepolo di Paolo e di Pietro e primo tra gli estensori, non solo ha scritto ma che ha predicato e portato dappertutto, fino al dono della vita.

Le parole dei discepoli, in particolare quella di Pietro, hanno toccato il cuore della gente e molti si sono convertiti. Dio attraverso i suoi discepoli continua a manifestare il suo piano d’amore per tutti e ad annunciare che Gesù Cristo è il Signore venuto a dare la sua vita per noi. La prima comunità, pur avendo accolto con gioia l’annuncio del Vangelo, si era trovata sottoposta agli stessi attacchi tante volte subiti da Gesù. Ma con fermezza e senza paura delle sofferenze e delle persecuzioni, Pietro disse apertamente: “Questo Gesù è la pietra che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata testata d’angolo. In nessun altro c’è salvezza” (Atti 4,11-12). È pure l’esperienza che alcuni discepoli hanno fatto nel lago di Tiberiade, dove tutto era iniziato: la chiamata e la sequela. Un luogo a loro caro, luogo del cuore, che porteranno sempre dentro di loro perché qui avevano incontrato Gesù e poi l’hanno riconosciuto risorto. Stupendo il grido di Giovanni: “E’ il Signore” (21,7). In questa esclamazione c’è tutto l’entusiasmo della sequela, piena di gioia e di stupore, che contrasta con la paura, lo sconforto e lo smarrimento dei discepoli, nei giorni della passione e morte di Gesù. La presenza del risorto, che Giovanni aveva subito riconosciuto, trasforma ogni cosa: il buio è vinto dalla luce, il lavoro inutile e faticoso dei discepoli diventa fruttuoso, il senso della stanchezza e dell’abbandono lascia spazio alla certezza che Gesù è vivo e risorto. Pure san Marco, ha accolto le parole di Gesù: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (16,14), e con fede e senza paura ha predicato il Vangelo raggiungendo le nostre terre per portare il messaggio di speranza e di liberazione di Gesù Risorto. Uno stile di predicazione che ha conquistato il mondo perché fu una predicazione che partiva dal cuore, dal cambiamento della propria vita, nella sequela di Gesù. Una fede che porta sempre a uscire da sé per donarla agli altri. I cristiani annunciano il Vangelo non con la forza ma con la testimonianza della vita, anche fino al martirio.

Nella festa del nostro patrono ci troviamo insieme, Comunità cristiana, Società civile e Istituzioni amministrative e politiche, per fare memoria, nella distinzione e autonomia delle singole competenze, di una testimonianza di vita che non è solo del passato ma che è necessaria anche ai nostri giorni. Oggi 25 aprile ricordiamo pure l’80° Anniversario della Liberazione e il sacrificio dei caduti per la libertà e la democrazia. Facciamo nostri quegli ideali e valori di libertà, di giustizia e di pace, di democrazia e di bene comune che animarono la Resistenza e ispirarono la nostra Costituzione repubblicana.

Rivolgo il mio saluto a tutti voi presenti, ai confratelli presbiteri e a tutte le autorità civili e militari, in particolare al sig. Sindaco Alessandro Basso, agli Assessori e ai Consiglieri comunali appena eletti, per il servizio che si sono assunti. Assicuro la mia preghiera e la sincera collaborazione. Non è facile, in particolare ai nostri giorni, guidare e amministrare le comunità e le persone. Anche il nostro territorio e la nostra città, soffrono per la carenza di alloggi; molte famiglie non riescono ad arrivare a fine mese o a pagare le bollette per la precarietà lavorativa o per un salario insufficiente; altra non trovano una adeguate risposte per l’assistenza degli ammalati o delle persone svantaggiate. Non abbiate paura! Ci sono anche tante belle realtà che funzionano e una città desiderosa di dare il meglio di sé, anche per la scelta di essere città della cultura nel 2027.

La testimonianza di papa Francesco è, ora, ancora più eloquente, perché ha fatto dell’ascolto e dell’accoglienza il suo progetto di vita sociale. Pur essendo distinte, politica e religione hanno interessi comuni e condivisi, consapevoli del ruolo che siamo chiamati a svolgere per il bene comune. Scriveva papa Francesco nell’enciclica ‘Fratelli Tutti’: “Un individuo può aiutare una persona bisognosa ma, quando si unisce ad altri per dare vita a processi sociali di fraternità e di giustizia per tutti, entra nel ‘campo della più vasta carità, della carità politica”. Carissimi amministratori, siate al servizio della vostra gente, lavorando per lo sviluppo umano integrale, per la dignità della persona umana, prendendovi cura anche dei più bisognosi e dei più poveri, senza distinzione di cultura, di razza e di religione. Ricordo con stupore quanto ha detto papa Paolo VI: la politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune. Cercatelo anche voi mettendovi in ascolto delle persone e dei loro bisogni, anche se non sarà sempre possibile soddisfare ogni richiesta. Trovino in voi quell’umanità, quella vicinanza e solidarietà che Gesù ha sempre dimostrato a tutti quelli che incontrava.

Ringrazio i molti politici e amministratori del territorio che svolgono il loro compito con lo spirito di servizio e non di potere e per i loro sforzi per il bene comune. San Marco, nostro patrono, ci aiuti a valorizzare i doni che il Signore ha data al nostro territorio e a ciascuno di noi per favorire la fraternità, la pace, la solidarietà e l’amicizia. Buona festa.

                                                           + Giuseppe Pellegrini

                                                                       vescovo