L'editoriale
Accanto a Francesco

Ce lo ha chiesto migliaia di volte, per certo ad ogni angelus di ogni domenica dal 13 marzo 2013, quando il cardinale Bergoglio è diventato Papa Francesco. Mai come in questi giorni abbiamo capito e realizzato il valore di quanto ci chiedeva: una preghiera. Così semplice e così potente ora che, impotenti noi di fronte alla sua malattia, passiamo le ore aggrappati ai bollettini medici che vengono dal Gemelli e li aspettiamo, orologio in mano.
Forse portiamo in cuore un vago senso di colpa, quel non aver compreso subito quanto potesse essere seria quella polmonite bilaterale, aggravata dall’asma e poi dalla necessità di ossigeno, in un crescendo inaspettato.
Ci sono situazioni che la mente comprende ma dalle quali, non volendo fare i conti con la realtà, retrocede. Questa è una di quelle volte: mettere a fuoco che papa Francesco è molto malato, lui con la sua semplicità disarmante (il pollice alto dei primi saluti) ma profondo a tal punto da farci sentire sempre indietro, arrancanti noi dietro il suo passo malfermo e lui sempre più avanti: guida, pastore, profeta.
E’ successo con la lettera enciclica Laudato si, voce a difesa dell’ambiente, scritta in un lontano 2015, quando pochi invitavano a guardare alla sofferenza del pianeta terra come casa comune.
E’ successo con la lettera enciclica Fratelli tutti dell’ottobre 2020, in un mondo di solitudini diviso dal covid ma anche da fratture sociali che sono andate sempre più manifestandosi e ora si esprimono in divisioni, disgregazioni e sofferenze crescenti.
E’ successo – e come diventa ogni giorno più vera – con la sua definizione di “terza guerra mondiale a pezzi”, quasi un azzardo quando fu pronunciata, nel 2014, e invece disegnava in anticipo il mondo di oggi, dove i fratelli sono pochi e i nemici si moltiplicano in una conflittualità e instabilità crescenti.
Mentre papa Francesco lotta contro la malattia, noi non sappiamo che immaginarlo come sempre lo abbiamo visto: mai corrucciato, se non sempre sereno per certo pacato, nonostante le preoccupazioni e qualche sussurrato rimbrotto; sempre pronto a sottolineare una realtà che sa guardare dritta negli occhi e che puntualmente ci indica, affinché non la perdiamo di vista.
Lo fa con il suo ritornello sulla “martoriata Ucraina”, per la quale ha invitato a pregare innumerevoli volte dal 2022 fino a domenica scorsa, col suo angelus scritto dall’ospedale Gemelli.
Lo fa con i reiterati appelli contro la guerra, follia del mondo e degli uomini, dalla quale non si ha nulla da guadagnare.
Piace ora che a confortarlo siano i disegni e i pensierini dei bambini, quelli che mai lui dimentica: intrappolati nella guerra del Sudan o a Gaza, vittime dei cataclismi climatici o piccoli ucraini rapiti dai russi per i quali la diplomazia vaticana tanto si è spesa, riportandone a casa circa cinquecento.
Non sappiamo come e quando si rimetterà, ma auguriamo a Francesco ogni cosa bella per lui e la sua anima. Gli promettiamo quella preghiera che ci ha chiesto migliaia di volte, anche perché abbiamo bisogno che torni lui a pregare per noi. Perché è dietro i suoi passi, pur stentati, che i nostri si sentono saldi, sicuri, fiduciosi.