“La fragilità del malato la solidarietà dei confratelli”

La testimonianza di don Roberto Tondato, cancelliere e rettore

Il risconto d’essere positivo, don Roberto Tondato, classe 1973, docente di teologia, cancelliere e rettore del Seminario, l’ha avuto sabato 14 novembre scorso. Scoperto per uno scrupolo che gli era sorto nel cuore, in quanto la sorella Sonia, medico, aveva notato un suo abbassamento della voce. Dovendo il giorno dopo recarsi a Cordenons, per impartire il sacramento della cresima a un nutrito gruppo di adolescenti, per prudenza, nel confronto degli altri, chiede un tampone privato. Pochi minuti prima don Federico Zanette, anch’egli in Seminario, gli aveva confidato di riscontare qualche linea di alterazione. Così entrambi fanno il tampone e risultano positivi.

La prima mossa è stata quella di segnalare i contatti avuti con gli Insegnanti il Personale e i Seminaristi: una ventina di studenti dei corsi di teologia, presenti in Seminario.

Poiché non riscontava particolari sintomi, don Roberto pensava di cavarsela con semplicità. Ma una volta fatto lo screening il responso è stato inesorabile: lui e 8 Seminaristi risultavano positivi.

Soluzione immediata: tutti in isolamento nella propria stanza!

Così scatta una risposta sorprendente: gli altri Seminaristi risultati negativi, nei giorni successivi si sono posti a servizio degli ammalati, debitamente mascherati e igienizzati. Assumendosi il grosso rischio di venir infettati, ma preferendo ugualmente mettere in pratica le opere di misericordia – dar da mangiare e assistere le persone in situazione di necessità -, con uno spirito generoso e disinteressato.

Nei giorni successivi, anche per don Roberto sono iniziati alcuni sintomi più gravi, raggiungendo la temperatura di 39,5 gradi. Il tutto è durato pochi giorni. Avendo provvisto immediatamente alle cure con cortisone e antibiotici.

Bloccata la febbre, altra sorpresa: il saturimetro, in pochi giorni, è sceso ad un basso livello di ossigeno, accompagnato dai sintomi del “fiato corto”, al punto da aver difficoltà a terminare una frase iniziata, a causa del dolore causato dai colpi di tosse.

Il medico lo invia in Ospedale, al Pronto Soccorso, per una lastra, trasportato con l’ambulanza. Incominciavano a giungere nel frattempo altri sintomatici: la trafila si fa complessa e richiede tutta la mattinata d’attesa. Seguita poi da una Tac, che confermerà la diagnosi di Polmonite bilaterale, con la tendenza dei polmoni a rattrappirsi. Segue il ricovero in reparto “Infettivi”, con otto giorni di degenza.

Qui don Roberto, scopre come il personale – Os, Infermieri, e Medici -, fossero, da diverse settimane, sottoposti a un ritmo durissimo e faticoso, dovendo assicurare cura e attenzione a numerosi degenti.

Egli sperimenta una situazione drammatica, ammalato tra gli ammalati -, fianco a fianco di altri degenti. C’era chi reagiva e chi soccombeva. “Si poteva vivere il dramma della morte repentina”, confida.

Poiché don Bernardino non poteva entrare nel reparto degli infettivi, accadeva che chiedessero a don Roberto di intervenire con una parola di conforto, una preghiera, una benedizione o l’unzione degli infermi. Sottolinea: “Ho vissuto un’esperienza che, da uomo e da prete, rimarrà impressa nella mia vita. Condividendo la precarietà della situazione e la ’Speranza della guarigione’, da malato, rendendomi conto che a volte la malattia può avere il sopravvento e così vince la morte”.

Come nel caso di suor Maria Rosaria, una delle due monache del Convento di clausura di San Vito, che non ce l’ha fatta.

Ha però sperimentato anche la vicinanza della Chiesa. Dei confratelli e dello stesso Vescovo Pellegrini, che gli è stato vicino, telefonando ogni giorno e venendo a prenderlo per riportarlo a casa. Oggi, 7 dicembre (giorno in cui scrivo), don Roberto ha potuto riprendere servizio, passando per l’ufficio e concedendo questa intervista.

Ora è ritornato in sede, con la conferma del tampone risultato negativo. Lieto di avere la possibilità di riavvicinare i Seminaristi, il Personale e i Docenti. Ha vissuto una sorta di “attesa-ricompensata”, che bene si inserisce nei giorni d’Avvento. Conclude: “Non dimenticherò mai quanto ho vissuto, con la riconoscenza e la gratitudine verso quanti mi sono rimasti accanto, da Buoni Samaritani!”.