Senza funerale manca anche un rito sociale

 Cimiteri chiusi, accesso limitato ai parenti più stretti. Come cambia il servizio offerto dalle onoranze funebri

Sono poche le persone che possono accedere in cimitero durante il rito della tumulazione”, spiega Marco, dell’agenzia delle “Consociate San Marco”. Riprende: “Il numero preciso varia da comune a comune, ma con poche differenze. Di fatto, sono ammessi i parenti stretti e pochi altri in più. A Pordenone, ad esempio, possono accedere una quindicina di persone e così a Porcia”.Prosegue, spiegando che tutti i cimiteri sono chiusi. Pochi momenti prima dell’arrivo della salma o dell’urna con le ceneri, giunge il custode, che provvede ad aprire, assistendo alla tumulazione, per terra o nei loculi, e poi provvede di nuovo a chiudere.In città, rispetto ai paesi, c’è un numero maggiore di persone che vengono inviate alla cremazione. Tanto per dare l’idea, se nei vari paesi la percentuale è del 25%, in città sale al 40%. La loro agenzia, su circa 700 sepolture all’anno, per 200 circa riceve la richiesta della collocazione dell’urna cineraria.In Friuli esistono, da alcuni anni, diversi forni per la cremazione delle salme, da Trieste, ad Udine e Gemona. Per comodità di servizio e di percorso stradale, questa agenzia privilegia Cervignano, anche se lo stabilimento di Gemona sarebbe più vicino.Abitualmente i tempi d’attesa si aggiravano su una settimana o poco più. Ora sono un po’ più prolungati, in quanto giungono in Friuli anche una parte delle salme della Lombardia o di altre zone, al centro della pandemia.Anche nel caso che il corpo del defunto fosse appartenuto ad una persona morta col virus, la sicurezza è massima, perché la salma viene sigillata all’interno di una doppia cassa.Pure gli operatori dell’agenzia si sentono tranquilli, perché il corpo del defunto è già avvolto in una sorta di apposito lenzuolo a sacco, opportunamente disinfettato. Questa operazione avviene senza la presenza dei familiari, per evidenti misure di sicurezza. Tutto il personale è munito dei vari presidi di protezione, previsti dal Ministero della Sanità.Altro motivo, fonte di tristezza, in questi tempi di pandemia, è dato dal fatto che tra la benedizione del defunto, dopo la conclusione della sua vita, e il rito che si compie in cimitero, viene a mancare quella duplice partecipata celebrazione che si fa abitualmente in chiesa, con la recita del rosario la sera prima, e la messa delle esequie il giorno dopo. Celebrazione, quest’ultima, accompagnata da canti che sottolineano l’evento della risurrezione. Ci sono inoltre i saluti, le strette di mano e gli abbracci. Un rito sociale questo – oltre che di fede! – che consente ai familiari di alleviare il triste dramma del distacco dal proprio caro. E’ senz’altro un contributo ad “elaborare il lutto”.Anche se non esistono ancora dei dati precisi, sulle percentuali di incremento della mortalità in questo periodo, siamo in grado di documentare il numero delle esequie cristiane avvenute in diocesi, nelle 188 parrocchie, lungo tutto il 2019. Sono state 3 mila 526, come gentilmente informa l’ufficio di Cancelleria della Curia. Di queste celebrazioni, 451 sono avvenute nelle quindici parrocchie cittadine. Qui, specificatamente, i numeri maggiori si sono effettuati a San Giorgio e a San Lorenzo (sopra i 50); seguite da: Santi Ilario e Taziano in Torre (44), Sacro Cuore in Comina (41), Beato Odorico in viale della Libertà (37), San Francesco in Borgo Cappuccini (35), e di seguito le altre.