Diocesi
Enzo Bianchi a Pordenone: in Seminario e in San Marco
Ai sacerdoti ha parlato del discernimento; ai laici della necessaria ri-evangelizzazione a partire dai giovani adulti e dai neo genitori per non interrompere la catena di trasmissione della fede
IN SEMINARIO
“Il discernimento personale ed ecclesiale” è il tema affrontato giovedì 10 ottobre da fratel Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, nell’incontro di formazione del clero e diaconi, nell’auditorium del Seminario. Argomento per altro proposto la sera prima anche con i laici, nel duomo concattedrale di San Marco, gremito di giovani e adulti.Ha esordito ricordando che, assieme a quello della “sinodalità” è un tema emergente nella vita della Chiesa, caro a Papa Francesco: “Non riguarda solo chi è padre spirituale, ma tutta la Chiesa”.Il termine deriva dal latino “cernere”, cioè “vedere chiaro, distinguere” e dalla particella “dis”, che indica il “tra”, vale a dire “osservare con molta attenzione”.E’ una voce che ha attraversato la vita della Chiesa, dai Padri sino ad oggi, con Giuseppe Angelini che lo definisce: “la qualità dell’animo che consente di riconoscere, in ogni circostanza, quello che conviene fare e illumina le diverse situazioni in cui ci si viene a trovare e che interpellano la vita delle persone”.Stimolante la rilettura fatta del racconto della Genesi, ove Adamo ed Eva non hanno saputo “discernere” la voce di Dio che poneva loro dei limiti, nella ricerca del bene e il superamento del male.Nel Nuovo Testamento Gesù stesso invita i discepoli e le folle ad apprendere l’arte di discernere i “segni dei tempi” (Lc 12,54-57): vale a dire ciò che è giusto, per cogliere la presenza di Dio che agisce nelle coscienze e nella storia.Operazione cara a papa Giovanni XXIII che invitava a saper cogliere i “segni dei tempi” e che oggi dovremmo condividere, interrogandoci su nuove situazioni, come quella della disaffezione dei giovani nell’appartenenza alla Chiesa; o il non aver posto in condizione i laici di sentirsi anch’essi parte viva della Chiesa, mettendoli in condizione di comprendere che Gesù è la fonte del discernimento, in quanto si è fatto tutto in noi e come noi. Egli è pure l’oggetto del discernimento, che viene donato alla Chiesa, dallo stesso Spirito Santo.Ha poi approfondito una serie di passi degli Atti degli Apostoli, che hanno consentito di cogliere delle situazioni di discernimento, riguardanti la vita della prima comunità cristiana.Oggi nella vita della Chiesa ci sono più strumenti per favorire il discernimento. Primo tra tutti il “dialogo”, come sta avvenendo nei Sinodi dei Vescovi, con l’introduzione di un “ordine del giorno” che consenta di mettere a fuoco dei temi ben precisi, che vengono approfonditi collegialmente. A questo proposito è cambiato anche il linguaggio, in quanto si parla di “sinodalità”, cioè di un “discernimento comunitario”, che consente di prendere delle decisioni “dopo aver ascoltato tutti”.Il relatore ha concluso precisando che questo “cammino ecclesiale e sinodale” richiede tempi lunghi per maturare e che, in ogni caso, rimane un processo da avviare a tutti i livelli di vita delle comunità, in quanto le persone oggi vogliono essere ascoltate.Nel dibattito è stato posto in risalto il fatto che temi come la “povertà” e la “misericordia”, necessitano di un ulteriore discernimento, per non essere occasione di divisione. E che infine: “Gesù è il medico dell’anima e del corpo, ma non quando viene annacquato da buoni consigli di psicologia, dimenticando che egli è il Figlio di Dio”.Potrà essere utile la lettura del volume di Enzo Bianchi: “L’arte di scegliere. Il discernimento” (San Paolo, 2018).Leo Collin
IN CONCATTDRALE SAN MARCO
“I giovani sono intrigati da Gesù Cristo, non lo rifiutano. Anzi, ne sono attratti perché ha il fascino della condivisione e della solidarietà con ogni persona”. È uno dei passaggi centrali di Enzo Bianchi nella Concattedrale di Pordenone davanti a 650 persone presenti la sera di mercoledì 9 ottobre. L’ex priore di Bose, invitato in Diocesi per la formazione permanente, ha potuto incontrare e ritrovare quei laici che in questi anni sono passati – e continuano a fermarsi – per la comunità ecumenica di monaci e monache situata in provincia di Biella. Addentrandosi nel tema della serata (i giovani e il futuro del cristianesimo) Bianchi ha evidenziato che la questione dei giovani trova uno dei suoi snodi nevralgici nell’anello di trasmissione spezzatosi proprio nei genitori quaranta-cinquantenni di oggi. Se, a suo tempo, dai loro genitori (oggi nonni a cui affidare i figli) hanno ricevuto l’annuncio della fede mediante la preghiera in famiglia, la partecipazione unitaria alla Messa domenicale, l’accompagnamento di tutta la famiglia ai sacramenti dei figli, oggi questo canale trasfusionale si è bloccato. I genitori scelgono di lasciare ai figli la libertà di professare il loro credo, nello sviluppo della vita, in nome di una libertà individuale. A tavola, prima di mangiare, non si prega più; la Messa alla domenica è posta come un optional ai figli (“Se vuoi, vai. Se non vuoi, non vai”). “Per questo sono sempre più convinto – ha ribadito fratel Enzo – che nelle parrocchie bisogna ritornare a ri-evangelizzare gli adulti”. Come a dire: o si ritorna a coinvolgere tutti i componenti di tutta la comunità nella ritessitura delle relazioni cristiane, oppure si vede vanificare tentativi e svolte territoriali dal corto respiro (unità pastorali, ecc.). Lo sguardo deve essere pastoralmente strabico: guardare lontano e agire sul presente.”I giovani vedono Dio come un insieme di norme e dogmi – ha detto Bianchi – a motivo di una religione che per decenni ha insistito solo sulla dimensione normativa e morale”. Di tutto questo c’è bisogno, ovviamente, ed è bene che rimanga. Ma ciò di cui l’adulto e il giovane di oggi abbisognano è di un approccio al cristianesimo che dia senso e sostanza alla propria vita. “Dimmi e dammi validi motivi perché dovrei partecipare alla Messa della domenica e, soprattutto, che cosa aggiunge alla mia vita” ha detto fratel Enzo facendo eco al giovane che si rivolge al proprio genitore e/o al prete della parrocchia. Cosa rispondere senza far ricorso al catechismo? Le domande a fine incontro si sono strutturate proprio su questo interrogativo (linguaggio ecclesiale che la gente non comprende più, liturgie spente, poco curate o con eccessi di protagonismo). Di lavoro ce n’è, a ciascuno il suo compito.G.R.