Don Loris Vignandel: il 2 parte per la missione

Il 2 aprile don Loris parte per il Mozambico, destinazione la missione diocesana di Chipene dove raggiunge don Lorenzo Barro

  Prossimo alla partenza, raggiunto al volo, tra un impegno e l’altro, in tarda serata, abbiamo ascoltato don Loris Vignandel, in procinto di partire per la missione di Chipene, in Mozambico.a settembre scorso, quando abbiamo scritto della tua chiamata a partire come “fidei donum”, cos’è avvenuto di nuovo, nel rapporto con la comunità diocesana?Dalla parrocchia di Chions sono passato alla canonica di Cusano, che è diventata una specie di ’centro missionario volante’, con continui contatti della Commissione missionaria diocesana. C’è chi mi ha fatto visita. Varie comunità mi hanno invitato per un incontro, come all’Immacolata e al Sacro Cuore, a Pordenone, dove c’è un bel movimento missionario e hanno ospitato altri gruppi. O l’incontro con alcune classi di cresimandi come alla Beata Maria Vergine di Porto. O quelli che fanno il percorso formativo col PEM: hanno già promesso di venirmi a trovare. Ho scoperto un diffuso fermento missionario, vissuto anche da persone che non gravitano abitualmente in parrocchia. Aggiungi l’invito a sostenermi con la colletta quaresimale ’Un pane per amor di Dio’. Bene ha suggerito il vescovo Pellegrini, di creare una mailing list di simpatizzanti.E nella tua percezione di Chipene e della missione, cos’è cambiato?Me li sto immaginando questi 130 villaggi che costituiscono la missione. Ora vedo i volti e le persone, aiutato dai colloqui con don Lorenzo Barro che è già laggiù, ma anche con i contatti che ho avuto con la Comunità di Verona, con preti e laici, presenti nella diocesi di Nacala, la stessa di Chipene, ma con villaggi diversi. Ho capito che è una realtà grande e variegata; che occorre spirito di adattamento e d’avventura.A Lisbona ho parlato con l’ex parroco di Chipene, e Provinciale dei Comboniani in Portogallo, padre Manuel Horta e con Suor Ruth, ora a Verona, già provinciale delle Comboniane, anche in Mozambico. Mi hanno fatto capire che occorrono almeno tre anni da dedicare all’ascolto. E di non preoccuparmi se non parlerò bene il Macua, il loro dialetto e dirò degli strafalcioni. Anche se ho incominciato a recitare il Padre nostro e l’Ave Maria in questo dialetto. E poi una coppia di laici che laggiù ha lavorato nella sanità, mi ha suggerito di ’buttarmi’, senza timore. Ho compreso che il popolo Macua è fatto di persone semplici, attaccate alle loro radici, alla natura, al proprio clan.E in te, in questi mesi, cos’è cambiato?Al corso di missionologia mi avevano suggerito di trovare un termine chiave, per riassumere il mio impegno. Aveva trovato la parola ’saggiarsi’: mettermi alla prova, scoprire l’altro. In sei mesi, si è consolidata la volontà di ’sperimentarmi’. Sento che è il momento di andare. Ho già nello smart phon il biglietto con la data del due aprile. E’ come averlo tra le mani. A volte senti come uno scombussolamento che ti suggerisce di lasciare la presa. Ma poi capisci che i rapporti con le persone a cui vuoi bene, come la famiglia, te li porti sempre dentro di te. Direi che prego di più, per tutti. Mi hanno regalato un diario di 365 giorni, nel quale in ogni pagina annoti un pensiero. E l’anno dopo, nella stessa pagina, un altro e così via, per cinque anni. Così puoi confrontare il cammino. Sono curioso di vedere come andrà. Anche mamma e papà hanno capito che sono deciso a partire… E poi potrò sempre dialogare con tutti voi, coi social.Diario di bordo?Lunedì 2 aprile, alle 17.55 sono a Venezia, con don Tarcisio. Scali intermedi: Qatar e Nairobi. Nuovo volo per Nampula, con sbarco alle 12.30 di martedì 3. Qui, forse, arriva don Lorenzo, per darmi una mano per le pratiche, il visto, la patente, l’acquisto del Pick-up donato dalla gente, l’incontro col Vescovo… ’Boa sorte’ e grazie”.Leo Collin