Domenica 30 luglio, commento di don Renato De Zan
Il Regno è simile un tesoro, a una perla, a una rete.…
30.07.2023. 17° domenica del Tempo Ordinario
Mt 13,44-52 (forma breve Mt 13, 44-46)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «44 Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. 45 Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46 trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. 47 Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48 Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49 Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50 e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 51 Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52 Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Il Testo
1. La formula evangelica di Mt 13,44-52, che costituisce la parte conclusiva del discorso parabolico del vangelo di Matteo (Mt 13,1-52), è stata arricchita dalla Liturgia dall’incipit che esplicita il mittente e i destinatari: “In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli…”. Il testo è incluso dall’espressione “regno dei cieli” (vv. 44.52). La divisione in due parti è di facile identificazione. La prima parte (Mt 13,44-50) contiene tre similitudini e una spiegazione allegorico-escatologica (che ripete i concetti della spiegazione della parabola della zizania). La seconda (Mt 13,51-52) riporta un brevissimo dialogo tra Gesù e i suoi ascoltatori.
2. La prima parte della formula (Mt 13,44-50) merita una certa attenzione. Per tre volte, introducendo altrettante similitudini, Gesù dice: “Il regno dei cieli è simile a…” (Mt 13,44.45.47). Le prime due similitudini (il tesoro e la perla) sono geminate: due immagini per lo stesso concetto. Ciò che vale di meno (ciò che si possiede) va sacrificato per ottenere ciò che vale di più (il regno dei cieli). Ciò che contraddistingue questa scelta è la “gioia” (v. 44), non la rassegnazione. L’ultima similitudine, la rete, è molto vicina alla parabola della zizzania (domenica scorsa): bene e male, buoni e cattivi crescono insieme o vivono insieme, ma alla fine gli angeli di Dio faranno giustizia, separando gli uni dagli altri.
L’Esegesi
1. Secondo molti biblisti la similitudine del tesoro del campo era un racconto diffuso in varie culture. La similitudine della perla, invece, sarebbe una creazione dello stesso Gesù. Ricordiamo che nel mondo biblico il “tesoro” era una immagine per indicare la ricompensa divina per gli uomini giusti e la “perla” era immagine della Legge e di Israele. Per il narratore è importante sottolineare che i due protagonisti vendono “tutti” i loro averi (vv. 44.46) per poter avere il campo con il tesoro o la perla di grande valore. Per i Padri della Chiesa il tesoro e la perla sono Gesù Cristo. Per i commentatori medioevali poteva essere la promessa di salvezza. Forse ricordare che Gesù dice al giovane ricco: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!” (Mt 19,21), aiuta a comprendere che l’interpretazione dei Padri è quella più aderente al testo evangelico.
2. Gli ultimi versetti (Mt 13,51-52) presentano lo scriba divenuto discepolo. I biblisti discutono. Alcuni ritengono che si tratti di Matteo stesso. Questa interpretazione è improbabile perché c’è come aggettivo l’indefinito “pan” (“ogni” scriba). È più probabile - secondo la maggioranza dei biblisti - che si tratti dei “teologi” cristiani della prima comunità. Il loro compito era quello di analizzare le corrispondenze del messaggio di Gesù (cose nuove) con l’Antico Testamento (cose antiche). Vengono paragonati al capofamiglia per la loro funzione importante nella comunità.
Il Contesto Liturgico
1. Nel sec. X a.C., qualunque uomo, arrivato al massimo del potere, avrebbe chiesto a Dio una lunga vita, la ricchezza e la distruzione dei propri nemici personali. Salomone, invece, diventato re, chiese a Dio “un cuore docile” e “il discernimento nel giudicare” (1° lettura, 1 Re 3,5.7-12). La richiesta di Salomone è piena di saggezza in opposizione a ciò che fanno molti uomini che dicono e fanno cose senza discernimento (cfr Gb 42,3). Un qualche cosa di simile alla richiesta di Salomone si trova anche sotto la penna di Paolo quando chiede ai cristiani di Filippi di pregare affinché il loro amore cristiano si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento per saper distinguere sempre il meglio (Fil 1,9-10). L’uomo saggio e credente chiede a Dio la conoscenza e il discernimento per scegliere il meglio: così fece Salomone così sono invitati a fare i cristiani di Filippi. Senza questa capacità di discernimento l’uomo non è capace di vendere quello che ha per comperare il campo con il tesoro o la perla preziosa.
2. Per un approfondimento: Fabris R., Matteo, Commenti biblici, Borla, 1982, 315-318; Gnilka J., Il vangelo di Matteo. Parte prima, Commentario teologico del N. T., Paideia, Brescia 1990, 730-743; Grasso S., Il vangelo di Matteo, Collana Biblica, Ed. Dehoniane, Roma 1995, 359-365; Luz U., Matteo 2, Commentario Paideia . Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 2010, 439-460.
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