Domenica 21 giugno, commento di don Renato De Zan
La vera spiritualità: trasparenza di fede, fedeltà a Dio, testimonianza
Mt 10,26-33
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: 26 Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27 Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28 E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29 Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30 Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31 Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! 32 Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33 chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
Tematica liturgica
La spiritualità cristiana è una cosa seria. Oggi, purtroppo, la religione “fai da te” è la più preferita. Diventa, perciò, importante il “mio” modo di immaginarmi Dio, il “mio” modo di rapportarmi con Lui, il “mio” momento di raccoglimento, il “mio” modo si sentire la verità di fede, il “mio” modo di pensare la morale. Il vangelo di oggi (Mt 10,26-33) smonta questo modo di pensare. La vera spiritualità cristiana ha la sua radice profonda nell’imitazione della persona di Gesù e, conseguentemente, nella quotidianità porta alla testimonianza del Maestro, a riconoscerlo davanti agli uomini.
Fin dalle origini, la Chiesa ha dovuto combattere contro i gruppi che si dicevano depositari di una rivelazione segreta di Dio. Sono quei gruppi che daranno vita ai vangeli apocrifi, mai accettati dalla Chiesa come ispirati. Gesù dice che il vero cristianesimo non ha “segreti” (“Quello che io vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio annunciatelo nelle terrazze”). Non esistono, dunque, gruppi o persone che siano depositari di qualche messaggio divino che non sia conoscibile da tutti i membri della comunità cristiana. Un secondo grosso problema che la Chiesa nascente ha dovuto affrontare è la persecuzione , non tanto quella generalizzata, come quella di Nerone o di Domiziano, ma quella locale: reazione negativa dei Giudei contro i cristiani, diffidenze dei responsabili romani nelle periferie dell’impero, soprusi nel quotidiano. Alle volte poteva costare anche la vita. Gesù dice che non c’è da temere il martirio, ma se si dovesse fare una graduatoria del timore, Dio andrebbe collocato in cima. Egli ha sugli uomini il potere vero di vita e di morte, compresa quella eterna (“Temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna”). Dio, però, non vuole avvalersi della prerogativa di essere il “temibile”. Preferisce essere esperimentato come colui che si prende cura dell’uomo. Preferisce essere il Padre amabile, il Dio della tenerezza: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. …Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!”). Infine, il testo biblico dice con chiarezza che Gesù chiede la testimonianza. Non si può essere cristiani ad intermittenza oppure solo parzialmente oppure, ed è ancora peggio, “quando conviene”. La testimonianza è lineare, non premeditata, perché esprime ciò che si è nel profondo, sempre e ovunque con chiunque.
Dimensione letteraria
La Liturgia legge oggi una piccola parte (Mt 10,26-33) del discorso missionario o discorso apostolico (Mt 10,5-42). La pericope biblica è introdotta dall’incipit liturgico: “In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli” (si tratta di una parafrasi del testo biblico di Mt 10,5: “Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro…”). Il brano evangelico odierno è caratterizzato dalla triplice ripetizione dell’espressione (Mt 10,26.28.31): “Non abbiate dunque paura / E non abbiate paura / Non abbiate dunque paura”. Il testo, a livello narratologico, è dunque scandito in tre momenti. In ognuno di essi c’è un insegnamento diverso: il segreto, la persecuzione, la testimonianza.
Riflessione biblico-liturgica
a. All’epoca della chiesa nascente esistevano diversi culti religiosi in cui vigeva il segreto degli iniziati. C’erano verità e riti che nessuno doveva conoscere, se non chi era membro a pieno titolo di tale gruppo. Fin dalle origini la chiesa, seguendo il suo Maestro ha rifiutato la “religione del segreto”. Le assemblee erano aperte a tutti. In 1 Cor 14,23 Paolo è preoccupato che nelle assemblee cristiane il non battezzato o il non credente che vi partecipava, non capisse chi parlava in lingue: “Quando si raduna tutta la comunità nello stesso luogo, se tutti parlano con il dono delle lingue e sopraggiunge qualche non iniziato o non credente, non dirà forse che siete pazzi?”.
b. La persecuzione per il cristiano assume molte forme. Da quella più crudele (uccisione del cristiano) a quella più finemente diabolica (il disprezzo e il rifiuto psicologico di tutto ciò che è cristiano). Gesù dice di non temere. È più importante amare obbedienzialmente (= temere) Dio.
c. Dio si comporta con il credente come il credente si comporta nella vita: “Con l’uomo buono tu sei buono, con l’uomo integro tu sei integro, con l’uomo puro tu sei puro e dal perverso non ti fai ingannare” (Sal 18,26-27).
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