Commento al Vangelo
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Domenica 12 aprile, Pasqua di Resurrezione, commento di don Renato De Zan

"Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è Risorto!

Parole chiave: Pasqua (36), Risorto (9), De Zan (48)
Domenica 12 aprile, Pasqua di Resurrezione, commento di don Renato De Zan

Nella prima lettera ai Corinti (1Cor 15,3-5) l’Apostolo Paolo ci trasmette il primitivo credo battesimale: "A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici".
La stesura scritta potrebbe risalire alla primavera del 56 d.C., ma Paolo dice di aver trasmesso tale testo ai corinzi come prima cosa. Sappiamo che Paolo incontra Gallione a Corinto. Gallione è proconsole, per un anno, tra il settembre del 50 e l’agosto del 51 d.C. Paolo, dunque, trasmette ai cristiani di Corinto il credo battesimale alla metà del primo secolo. Paolo, però, dice di averlo "ricevuto". Trattandosi di un credo battesimale, Paolo lo ha ricevuto a Damasco dal presbitero Anania per il suo battesimo dopo la conversione. Tale conversione avviene dopo la lapidazione di Stefano. Ciò è avvenuto durante l’assenza del prefetto Pilato che sappiamo essere accaduta nel 36 d.C. Paolo, dunque, riceve tale credo battesimale orientativamente tra il 36 e il 37 d.C.
La primitiva testimonianza della risurrezione di Gesù è già formulata ed è pubblica appena sei o sette anni dopo gli avvenimenti.
Gesù, infatti, muore il 7 aprile del 30 d.C. e risorge domenica 9 aprile. Quando i cristiani celebrano la Pasqua, fanno memoria di questa realtà.
È un fatto, accaduto nella storia, sebbene il fatto abbia in sé tutte le caratteristiche per non essere un fatto racchiudibile nella storia.
Mentre la storia porta in sé il timbro della finitudine, Cristo non ritorna in vita per morire nuovamente.
Torna in vita per non morire mai più. E questa caratteristica appartiene all’eternità, al Regno definitivo di Dio. Per questo motivo l’Apostolo Paolo dice che il tempo presente si è "ristretto" (cf 1 Cor 7,9: "Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve"), nel senso che dopo questo tempo è già contaminato dall’ "èscaton" (futuro definitivo) e non c’è una nuova era da aspettare, se non che l’ "èscaton" diventi totale e definitivo.
Poiché il battesimo ha reso ciascuno di noi una cosa sola con Cristo risorto, noi partecipiamo già della risurrezione di Gesù (cf Rm 6,5: "Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione").
I cristiani sono già risorti (cf la seconda lettura, Col 3,1-4), anche se non ancora manifestati.
Per il cristiano la Pasqua di resurrezione costituisce quella gioia profonda che emerge nell’animo umano, provato dall’inquietudine del senso della vita e dall’angoscia della morte, dall’afflizione della sofferenza e dalle fatiche quotidiane, dalle poche gioie e dalle avare soddisfazioni. In tutte queste vicende con profonde ripercussioni interiori, il cristiano ha una certezza: la morte non è un assoluto, non ha l’ultima parola sull’uomo perché Cristo è risorto.

Dimensione letteraria
Il testo evangelico di di Gv 20,1-9 è uguale al testo biblico-liturgico. Il testo liturgico di Lc 24,13-35 è uguale al testo biblico, con piccoli ritocchi redazionali. Per Gv 20,1-9 è importante soffermarsi un momento sulla traduzione. È facile comprendere come le espressioni "vide i teli posati là / osservò i teli posati là" abbiano più il sapore del testo parlato che non del testo scritto. L’originale greco ha, invece, l’attenzione del testo scritto: "vide i teli afflosciati / osservò i teli afflosciati". Non c’è il segno della concitazione, come se qualcuno avesse tolto i teli e nella premura i teli fossero posati in disordine, in modo trascurato. Erano semplicemente sgonfiati. Sotto non c’era più il corpo. Si tratta di un elemento fondamentale per il discepolo che Gesù amava, quello che conosceva bene la Scrittura. Pietro e la Maddalena, purtroppo, non colgono il grido di gioia che si sprigiona dai teli perché "non avevano ancora compreso la Scrittura".

Riflessione biblico-liturgica
a. La fede dei cristiani - dice la prima lettura: At 10,34a.37-43 - è fondata sulla testimonianza di coloro che hanno avuta una esperienza umanissima, concreta e semplice con il Risorto (abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti").
b. La manifestazione completa della nostra identità di risorti - lo siamo già - si avrà alla fine della storia, quando Cristo si manifesterà (seconda lettura, Col 3,1-4).
Renato De Za

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