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Effatà, cioè: Apriti!

Ecco alcuni "segni" della presenza di Dio in mezzo al suo popolo: il profeta elenca il recupero della vista per ciechi, dell’udito per i sordi, della deambulazione per gli zoppi e della parola per i muti

Parole chiave: Vangelo (131), Diocesi (193)
Effatà, cioè: Apriti!

Mc 7,31-37
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: "Effatà", cioè: "Apriti!". E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: "Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!".

Tematica biblico-liturgica
La prima lettura (Is 35,4-7a) riporta una profezia di Isaia (siamo orientativamente nel sec. VIII a.C.) dove vengono annunciati alcuni "segni" della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Tra questi "segni" il profeta elenca il recupero della vista per ciechi, dell’udito per i sordi, della deambulazione per gli zoppi e della parola per i muti: "Allora si apriranno gli occhi ai ciechi e si schiuderanno gli orecchi ai sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto". Attraverso il "segno" della guarigione del sordomuto Gesù svela la presenza di Dio in mezzo al suo popolo e, di conseguenza, compie un’autorivelazione: egli è uomo e anche Dio in mezzo agli uomini. Si tratta di un mistero profondo e grande. La gente, presente al miracolo, ha capito molto bene ciò che è accaduto. Con le parole pronunciate, manifesta chiaramente di cogliere il legame tra la profezia di Isaia e il gesto di Gesù ("fa udire i sordi e fa parlare i muti"). Ma c’è di più. La folla è pienamente consapevole che In Gesù c’è Dio e lo fa capire con la prima parte di quanto dice: "Ha fatto bene (in greco "kalôs") ogni cosa". Si tratta di una affermazione che richiama il racconto della creazione in cui, dopo l’opera creativa di Dio, lo scrittore sacro annota nella traduzione greca:"E Dio vide che (era) cosa buona (kalòn)".
L’uomo è chiamato ad aprirsi a Dio presente nella storia quotidiana. Non solo il sordomuto di allora nei confronti del quale Gesù pronuncia la parola rivelatrice "effathà", è chiamato ad aprirsi a Dio, ma anche l’uomo d’oggi. Su ciascun battezzato, durante il sacramento del battesimo, a conclusione dei riti esplicativi, viene pronunciato sul battezzato l’invito di Gesù "effathà", "apriti".

Dimensione letteraria
Nel ciclo letterario di Mc 6,30-8,26, attraverso i racconti di miracoli e di discussioni, l’evangelista prepara la confessione di Pietro a Cesarea di Filippo (Mc 8,27). Tra i vari testi del ciclo di Mc 6,30-8,26, il Lezionario ha scelto solo il miracolo del sordomuto (vangelo odierno, Mc 7,31-37) perché capace di riassumere da solo tutti i temi messianici del ciclo. Mc 7,31-37 è un brano che circolava così come lo leggiamo oggi ancora prima che Marco lo inserisse nel suo vangelo. Il testo ha origini palestinesi (vedi l’espressione aramaica effathà). Il fatto, poi, che venga svelata la parola segreta di guarigione (effathà) significa che il brano è stato tramandato in una comunità greco-cristiana in antitesi e aperta polemica con la "magia" ellenistica, che custodiva in un segreto assoluto la parola di guarigione.
A parte la solita aggiunta liturgica, "In quel tempo, Gesù…", il testo biblico e biblico-liturgico di Mc 7,31-37 sono uguali. Il brano odierno, infatti, è l’adempimento della profezia di Isaia (prima lettura, Is 35,4-7a): all’epoca del Messia i muti parleranno e i sordi udranno. Nel vangelo di Marco il brano odierno ha la funzione di preparare la confessione messianica di Pietro (il cui testo verrà proclamato domenica prossima).

Riflessione esegetico-liturgica
a. Sembra che Marco non si poi molto agguerrito in geografia. Dire "uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli", equivale a dire che partito da Portogruaro per andare a Pordenone, passa per Venezia e Padova. Marco, forse non ricorda più il percorso e ha semplicemente accennato a territori che avevano visto Gesù predicare, ma probabilmente non in quella circostanza. Forse Marco ha voluto descrivere i territori del nord di cui Isaia aveva detto: "In passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse (Is 8,23-9,1).
b. Gesù era conosciuto nella Decapoli. In Mc 5,20 si narra che l’indemoniato di Gerasa, una volta liberato dalla possessione, annuncia nella regione della Decapoli ciò che Gesù aveva compiuto in lui. Il miracolo della guarigione del sordomuto amplifica la conoscenza della persona di Gesù: egli è venuto a togliere il male spirituale (liberazione dalla possessione diabolica del geraseno) e quello materiale (guarigione del sordomuto).
c. Il comando di Gesù che chiede il silenzio sull’accaduto, viene disatteso. La "disobbedienza" della gente narrata attraverso la citazione di Is 35,5-6 appare come una vera confessione di fede in Gesù e non come semplice manifestazione di stupore.

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