Pordenone
La vita prima, durante, dopo il carcere
Testimoni raccontano ai ragazzi il "Castello". All’auditorium Concordia 1.500 studenti del Leo - Majo in Assemblea
Un’assemblea del tutto particolare quella del liceo Leopardi Majorana di venerdì 6 e sabato 7 dicembre presso l’auditorium Concordia a Pordenone. Ha coinvolto tutte le classi dei tre indirizzi per un totale di circa 1500 ragazzi. Il tema trattato: “La vita prima, durante, dopo il carcere”. Venerdì 6 dicembre ore 8.15: il Concordia è affollato di classi prime e seconde. Luigi Guerzi per tutti i rappresentanti dei ragazzi al Consiglio d’Istituto (gli altri sono Federico Magris, Elisabetta Testa e Teresa Zanetti) spiega che d’ora in poi prima dell’assemblea si farà un sondaggio per scegliere il tema da trattare. Ringrazia i presenti e in particolare per la collaborazione Giovanna De Maio volontaria dell’Associazione “Carcere e Comunità” nata nel 1991 in ambito Caritas diocesi di Concordia Pordenone.Sul palco del Concordia don Piergiorgio Rigolo, cappellano del carcere di Pordenone, Flavio B, ex detenuto, la psicologa Sara Mirone, le mamme Luciana e Ludovica, la volontaria Angela, Suor Giselda delle Elisabettine, Alessandro Castellari rappresentante di Oasi 1 e Giovanna De Maio. In altri incontri succedutosi sarà presente anche il direttore del carcere di Pordenone Alberto Claudio Quagliotto.Il primo chiamato ad intervenire è don Piergiorgio Rigolo (vedi articolo a fondo pagina).
FLAVIO B.La parola passa a Flavio B, ex detenuto della casa circondariale di Pordenone. E’ desideroso di poter lanciare un messaggio ai ragazzi: “Stare in carcere non è bello, c’è sovraffollamento, in una cella – poi si corregge – in una camera da sei si sta in otto. Alcuni finiscono in carcere per errori giudiziari. Molti sono stranieri scappati dalla propria patria perché non avevano di che sopravvivere”.Parla di sofferenza: “Una persona che finisce in carcere può perdere tutto, lavoro, affetti. Io sono fortunato, la mia famiglia mi ha seguito, la mia mamma è qui. Ci sono persone con bambini piccoli che non vedranno più”. Flavio invita i giovani “padroni dei social” a farsi portavoce della condizione di vita nelle carceri e di cosa succede a una persona che diventa carcerato. “Voi sarete i nuovi avvocati, i nuovi giudici teniamo aperto il dialogo”.Spezza una lancia a favore degli assistenti (le guardie di polizia penitenziaria) al carcere, che non è un collegio né un “Castello”(come è usualmente chiamato per il suo antico ruolo). “Sono persone di cuore, pur mantenendo il proprio status di assistenti”.
LA PSICOLOGALa psicologa Sara Mirone, che opera a Pordenone e in regione, è molto chiara. Invita i ragazzi a comportarsi in modo da tenersi lontano dal carcere: attenti all’uso dello smartphone. La famiglia e la scuola insegnano le regole che servono a darci il senso del rispetto degli altri. La propria libertà finisce dove inizia quella dell’altro. Tutti abbiamo delle responsabilità. Fino alla maggiore età la responsabilità ricade sui genitori, poi ciascuno sarà responsabile di se stesso, di tutto quello che farà.”Iniziate fin d’ora a rispettare le regole verso voi stessi e gli altri. Voi Vorreste infrangere, capire il senso del limite. Dovete saper aspettare che qualcosa che vorreste arrivasse oggi arrivi più in là. Non siate incapaci di aspettare, di coltivare un desiderio. Non cercate scorciatoie. Bisogna saper attendere. Quanto più aspetto tanto più grande sarà la gioia nell’ottenere ciò che desidero. Coltivate il dialogo e se i genitori non sono disponibili si può cercare aiuto altrove, al consultorio, da un religioso. Telefonate, dite che avete bisogno di parlare. Coltivate la musica, lo sport, ciò che di positivo offre il territorio, ognuno di voi dovrà trovare la sua strada. Non infrangete le regole. Il carcere è necessario in molti casi, se c’è infrazione della libertà altrui, ma voi cercate l’equilibrio, sappiate conoscervi a livello psichico e fisico, siate responsabili, i timonieri di voi stessi, non dipendete dai social”.
MAMMA LUCIANALuciana, mamma di un ragazzo che ha commesso un omicidio, fatica a parlare e preferisce leggere una lettera in cui ringrazia commossa i volontari. Poi invita ad evitare le scelte sbagliate con gli amici. Si pagano a caro prezzo.
SUOR GISELDASuor Giselda, delle Elisabettine, un “mito” positivo per tanti: “Mi commuove vedervi tutti qui. Ho iniziato il mio operato con i migliori ragazzi delle parrocchie, poi al Cedis con i tossici e poi il carcere, dove mi sento a casa. E’ importante mettersi di fronte alla persona, ascoltare il suo vissuto, il suo desiderio di vita. Si intravvede una luce, come un germoglio per andare verso una strada nuova. Non sono molto dolce, ma sono convinta che ogni persona deve trovare il gusto di una vita serena”.
SANDRO CASTELLARISandro Castellari: “26 anni fa ho iniziato corsi di giardinieri per carcerati. Non serve fare formazione – mi hanno detto i carcerati – perché nessuno ci assume. Mettiamoci insieme. E’ nata nel 1995 una cooperativa sociale. Il momento più difficile è quando esci dal carcere, senza famiglia, senza lavoro. Il 70% torna in carcere. In cooperativa sono passati in 200, quelli ritornati in carcere si contano sulle dita di una mano”.
GIOVANNA DE MAIODopo alcuni dati forniti sui carceri regionali, sui reati per uso di sostanze e violenze di genere in forte aumento in questo momento, parla Giovanna De Maio che invita a riflettere sui detenuti, sull’uomo che non è la sua colpa, sul peccatore che non è il suo peccato. “Ognuno ha una luce dentro. Anche in cella c’è solidarietà, si divide il mantello. E’ importante la rieducazione, fornita dalle istituzioni e dai volontari. Vi auguro di non sbagliare mai. E’ giusto che una persona paghi, ma il carcere è duro”.
Maria Luisa Gaspardo Agosti