Diocesi
La Veglia Pasquale, la più alta celebrazione dell’anno liturgico
La riforma liturgica del Vaticano II ha modificato alcuni elementi della Veglia, riportandoli al loro valore originale e custodendo in buona parte la riforma di Pio XII: oggi la Veglia è tornata ad essere “celebrazione del Mistero della Risurrezione di Cristo”.
1. Oggi la Veglia Pasquale è scandita in quattro parti. La prima parte viene chiamata “Lucernario” (benedizione del fuoco, preparazione del Cero pasquale, processione e preconio pasquale). La seconda parte comprende una lunga Liturgia della Parola (la creazione: Gen 1,1-2,2, il sacrificio di Isacco: Gen 22,1-18, l’attraversata del Mar Rosso: Es 14,15-15,1, riaccoglienza del popolo da parte di Dio: Is 54,5-14, la nuova alleanza e la conversione alla Parola che opera: Is 55,1-11, Dio vuole ridonare la Sapienza al suo popolo: Bar 3,9-15.32-4,4, nella nuova alleanza il popolo avrà un cuore nuovo: Ez 36,16-17a.18-28, Cristo risorto dai morti non muore più: Rm 6,3-11, il sepolcro vuoto e l’annuncio delle apparizioni: Mc 16,1-7). La terza parte è dedicata alla Liturgia battesimale (Litanie dei santi, benedizione dell’acqua battesimale, Battesimo, rinnovo delle promesse battesimali). La quarta e ultima parte è dedicata alla Liturgia eucaristica. La Veglia non è sempre stata così. Vediamone alcune tappe, semplificando l’esposizione dello sviluppo.
2. Nella “Didascalia degli Apostoli”, documento della chiesa siriaca del sec. III d.C., si trova prescritto il digiuno al Venerdì e al Sabato Santo. Non era un digiuno penitenziale-ascetico, ma festivo in attesa dello Sposo con cui si sarebbe fatto festa. Non ci si comunicava né al Venerdì né al Sabato. La Veglia comprendeva tre momenti: l’abbondante Liturgia della Parola, il conferimento del Battesimo e la Liturgia Eucaristica. Mancava totalmente il Lucernario. Nel sec. IV viene introdotto il canto dell’Exsultet (erroneamente attribuito a S. Agostino o a S. Ambrogio), composto probabilmente in Gallia. S. Girolamo, nella lettera a Presidio (384), accusava l’Exsultet di “frivolezza” (?!). Verso i secoli VII e VIII abbiamo la testimonianza di quali letture venissero proclamate. Nel Sacramentario Gregoriano (per il papa e per i vescovi) erano prescritte quattro letture dell’Antico Testamento. Nel Sacramentario Gelasiano (per i sacerdoti) le letture erano già arrivate a dieci. Nel Sacramentario Gelasiano-Franco (sec. VIII) si prescrivevano dodici letture.
3. La Benedizione dell’acqua per il Battesimo è antichissima. Già nell’ “Eucologio di Serapione” (350 ca.) se ne parla abbondantemente, mentre nelle “Costituzioni Apostoliche” del 400 ca., si descrive la cerimonia. Poiché l’acqua veniva benedetta nel Battistero, luogo sacro diverso dalla Chiesa, l’assemblea vi si recava in processione, cantando le Litanie dei Santi (rimaste fino ad oggi, ma senza la funzionalità originaria). Una prima parte veniva canta dalla chiesa al Battistero, una seconda parte delle Litanie veniva cantata mentre il vescovo, dopo il Battesimo, impartiva la Confermazione. In alcune chiese locali le Litanie venivano ripetute anche sette volte. Una di queste era usata per il ritorno dal Battistero in Chiesa.
4. Il rito del Lucernario ebbe origini con buona probabilità a Gerusalemme verso la fine del sec. V. Era un rito funzionale. Poiché la celebrazione della Veglia avveniva di notte, era necessario accendere dei lumi: dal “Martyrium” il vescovo accendeva un cero con il quale si accendevano, poi, tutti gli altri e processionalmente si avviava alla basilica dell’ “Anastasis”. Nel sec. VII il Lucernario passa in Spagna. Ciò è attestato dal Messale Mozarabico, che specificava: il fuoco doveva essere tratto dalla pietra focaia. A Roma – secondo l’Ordo Romanus X – il Lucernario compare con sicurezza nel sec. XII e gli veniva dato un valore simbolico: Cristo era la pietra che toccata dalla Croce comunicava agli uomini il fuoco dello Spirito Santo. Accanto a questo rito nasce il rito della benedizione del Cero Pasquale. Per un errore d’interpretazione – dall’espressione “hunc incensum” (questo cero acceso) si è passati all’espressione “hoc incensum” (questo profumo) – nasce il rito dei cinque grani di incenso inseriti nel Cero come segno di croce.
5. In Ippolito, infine, troviamo testimoniato che il sabato santo mattina, il vescovo compiva il rito legato alla “redditio symboli”, riconsegna del Credo (una specie di esame dei catecumeni che sarebbero stati battezzati alla sera, durante la Veglia). Papa Innocenzo III 8+ 1216) aveva stabilito nei minimi dettagli la celebrazione della Veglia con dodici letture. La Veglia, però, incominciava alle quattordici del pomeriggio, distorcendone il significato antropologico. Si parlava delle “meraviglie della notte beata”, ma si era in pieno pomeriggio. Purtroppo sappiamo che la gente non la frequentava più, essendo la Veglia diventata una celebrazione per il clero. Quando Pio V, nel sec. XVI, proibì la celebrazione dell’Eucaristia nel pomeriggio o alla sera, la Veglia venne celebrata alla mattina del Sabato Santo fino alla riforma di Pio XII (1951). Urbano VIII, nel sec. XVII, assestò il colpo di grazia sopprimendo la Veglia come festa di precetto. La riforma liturgica del Vaticano II ha modificato alcuni elementi della Veglia, riportandoli al loro valore originale e custodendo in buona parte la riforma di Pio XII: oggi la Veglia è tornata ad essere “celebrazione del Mistero della Risurrezione di Cristo”.