Diocesi
Tutti i Santi: omelia del Vescovo Giuseppe
Primo novembre: Il vescovo ha celebrato la solennità di Tutti i Santiu in concattedrale San Marco in Pordenone
Nella celebrazione della Solennità di Tutti i Santi, festeggiamo non solo quelli conosciuti ma anche tutti quei santi anonimi che nella loro vita hanno cercato di vivere il Vangelo. Uomini e donne umili e semplici, che hanno creduto nel Signore e hanno vissuto con lo sguardo verso l’alto nella contemplazione di Dio e con le braccia allargate verso gli altri, con gesti di amore e carità, e che ora vivono nello splendore del Paradiso. “Una moltitudine immensa che nessuno poteva contare di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello” (Apocalisse 7,9). La Liturgia odierna, carica di speranza, ci invita ad assaporare la loro gioia, nella certezza di condividerne la gloria. I santi hanno già raggiunto la meta alla quale tutti siamo chiamati. Anche il nostro destino, se lo vogliamo, è segnato: vivere in pienezza e per sempre.C’è un rischio, però, che corriamo. Sempre più nella nostra cultura e società, si sta diffondendo l’idea che il Paradiso sia un’illusione, un sogno irrealizzabile, idealizzando un futuro oltre la morte che compensi le frustrazioni e i dolori della vita presente. Si ha paura parlare del Paradiso. Papa Benedetto XVI ha ricordato che i cristiani non sembrano volere la vita eterna, anzi ad alcuni appare come un ostacolo a vivere bene oggi la vita in questo mondo. L’apostolo Giovanni nella seconda lettura ci ha ricordato che: “Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora liberato. sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Giovanni, 3,2). Anche se scendono ancora le lacrime dai nostri occhi, anche se la vita non ci regala sempre gioie soddisfazioni, noi siamo figli di Dio; di Dio che ci ama e non ci lascia soli, e nel suo Figlio condivide tutta la nostra umanità. Il sigillo di cui parla l’Apocalisse è già impresso sulla nostra fronte e sul nostro cuore: è la croce di Cristo, che intreccia nella nostra vita le due dimensioni verticale e orizzontale, l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo. In questa festa noi intravediamo il nostro destino finale. Strano ma vero! Il senso della nostra vita prende ancora più significato e valore quando pensiamo alla morte, che apre la strada verso il Paradiso. La vita terrena non avrebbe senso se non avesse lo sguardo rivolto al cielo. Riposare nel cuore di Dio, è il destino che dà senso alla nostra vita e valore al cammino che facciamo e alle sofferenze che sopportiamo. Così pregheremo nel prefazio: “Verso la patria comune, noi pellegrini sulla terra, sorretti dalla fede, affrettiamo il cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa, che nella nostra debolezza ci doni come sostegno e modello di vita”.I Santi e i Beati, vivendo in pienezza la loro esistenza, tra gioie e sofferenze, hanno messo in pratica e sperimentato nella loro vita ordinaria la ‘felicità’ delle Beatitudini, che Gesù ha predicato e che oggi risuonano nella liturgia. Papa Francesco, nell’Esortazione Apostolica Gaudete et exultate, sulla chiamata alla santità nel mondo di oggi, ricorda: “Gesù ha spiegato con tutta semplicità che cos’è essere santi e lo ha fatto quando ci ha lasciato le Beatitudini (Matteo 5,3-12; Luca 6,20-23). Esse sono come la carta d’identità del cristiano” (n. 63), luce che ci accompagna per non sbagliare strada nel cammino verso la santità. Un programma di vita che può sconvolgerci, perché chiede a tutti di andare controcorrente. Non si può costruire la nostra felicità solo sul benessere, sul piacere, sul successo o sulla ricchezza. I ‘beati, i felici’ che Gesù ridice per ben nove volte, sono quelli che non ripongono la loro sicurezza nelle cose, ma nell’amore di Dio e vivono fin d’ora e con intensità la loro vita, amando e servendo i fratelli. Sono i miti, i pacifici, i puri, i misericordiosi. Sono coloro che non pongono la loro sicurezza nelle cose ma nell’amore di Dio e dei fratelli. Quanti hanno un cuore semplice e umile, non presumono di esser giusti e non giudicano gli altri; quanti sanno soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce, non sono violenti ma misericordiosi e costruttori di pace. Attraverso strade diverse, hanno seguito Cristo conformandosi a Lui e condividendo la croce e la gloria. Essi sono coloro che ancora prima della venuta definitiva del Signore nel giudizio universale, nell’ora della loro morte si sono sentiti dire dal Signore: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo” (Matteo 25,34).Spesso anche noi pensiamo che la santità sia una meta riservata a poche persone, a chi nella vita compie azioni straordinarie o gesti eroici. Essere santi non è un privilegio di pochi, ma una vocazione per tutti. Papa Francesco ci ha ricordato che “tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova… Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità” (GE, 14-15). Anche ciascuno di noi è chiamato alla santità che è pienezza di comunione con Dio e fraternità e generosità verso il prossimo. Nella vita di ogni giorno siamo chiamato a costruire il nostro cammino di santità, vivendo con gioia la nostra fede e testimoniando l’amore di Dio nelle scelte quotidiane, con uno stile di vita generoso e sobrio, mite e misericordioso, capace di far trasparire in ogni nostra azione la presenza e la vicinanza di Dio che è dentro di noi e che si china sulle sofferenze dell’umanità. Lasciamo operare e facciamo trasparire Dio dalla nostra vita, e Lui compirà in noi le sue meraviglie. L’esempio dei Santi è un incoraggiamento per noi a seguire le stesse orme e a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio. Vivere le Beatitudini significa camminare insieme a Gesù e accogliere le sue scelte di vita.O Signore, aiutaci a diventare santi come tu sei santo, assumendo in noi la logica dell’amore, come lo ha vissuto il tuo Figlio Gesù.+ Giuseppe Pellegrini