Domenica 12 settembre, commento di don Renato De Zan

Pietro e Gesù: il dialogo, l'incomprensione, l'apertura a Dio

 

Mc 8,27-35

In quel tempo, 27 Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». 28 Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». 29 Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30 E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. 31 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32 Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». 34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35 Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

 

Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini

 

Tematica liturgica

 

1. “Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”: Gesù dice questo a Pietro per invitarlo a riprendere il cammino del discepolato (“Va’ dietro a me”) e perché il suo comportamento non sia più d’inciampo (“Satana”) all’adempimento della volontà di Dio da parte di Gesù. Eppure Pietro aveva da poco confessato la sua fede in Gesù Messia. Ciò sta a dire che la confessione di fede è un dono che viene dall’alto (cf “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16,17). Non  basta avere fede, bisogna pensare e agire anche da credenti.

 

2. Gesù è il messia sofferente profetizzato dal Deutero-Isaia nella figura del Servo di Yhwh, cui dedica quattro canti (Is 42,1-4.5-9; 49,1-6; 50,4-9.10-11; 52,13-53,12). Dal terzo canto Liturgia trae la prima lettura (Is 50,5-9). Il Servo di Yhwh ha il compito di espiare davanti a Dio i peccati passati, presenti e futuri di tutti gli esseri umani. Tale espiazione viene compiuta – secondo la profezia – attraverso la sofferenza e la morte, cui segue il ritorno alla vita (accennato nel quarto carme, Is 53,11). Alla luce di queste profezie va compreso l’annuncio della morte e resurrezione di Gesù.

 

3. Pietro non comprende questa logica di Dio. Interviene per impedire che Gesù parli del proprio fallimento umano e riceve dal Maestro le parole dure che abbiamo visto. Il pensiero di Dio non è il pensiero degli uomini: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,8-9). Per questo motivo Gesù, in chiusura del brano tratteggia l’identikit del discepolo del Messia Crocifisso e Risorto.

 

Dimensione letteraria

 

1. La confessione messianica di Pietro (Mc 8,27-30), il primo annuncio della passione-resurrezione (Mc 8,27-30) e le caratteristiche del discepolo di Gesù (Mc 8,34-38): sono tre pericopi autonome. La Liturgia le associa per poter svolgere un tema importante: il cristiano è discepolo del Messia Crocifisso e Risorto.

 

2. Il testo evangelico inizia con l’espressione “Poi Gesù partì con i suoi discepoli…”, mostrando un certo legame con la guarigione del cieco di Betsaida. Pietro, infatti, verrà guarito da un altro tipo di cecità. La Liturgia toglie l’avverbio di tempo “poi” e aggiunge il solito incipit “In quel tempo”, per evitare forse qualunque riflessione moralistica su Pietro

 

Riflessione biblico-liturgica

 

1. A Gesù non interessa il parere dei teologi (cf scribi, maestri della Legge) o dei devoti (cf farisei, sadducei, zeloti, ecc.). Gli interessa il parere di coloro che lo hanno ascoltato e lo hanno visto operare i miracoli (la gente). Gli interessa il parere dei discepoli che sono vissuti con Lui fin dagli inizi del suo apostolato pubblico. Vuole conoscere il parere dei “testimoni”.

 

2. Nella Bibbia ci sono vari tipi di messianismo: regale, sacerdotale, profetico, sapienziale e sofferente. Gesù ricorda che il perno del suo messianismo è quello sofferente. Le altre tipologie messianiche sono complementari. Gesù, infatti, si proclama re davanti a Pilato, compie gesti sacerdotali ascendendo al cielo, profetizza la fine di Gerusalemme e la fine del mondo, è uno più grande del sapiente re Salomone. Gesù, però, è soprattutto il Servo di Yhwh, il Messia che muore e risorge per la salvezza di tutta l’umanità e del mondo. Alla luce di questo è comprensibile l’invito di Gesù al silenzio e alla discrezione, dopo la confessione messianica di Pietro.

 

3. Dopo il richiamo di Gesù a Pietro, il Maestro tratteggia la figura del discepolo: deve avere gli stessi pensieri e sentimenti di Cristo (“rinneghi se stesso”), la capacità di restare solo e incompreso a causa della scelta cristiana (“prenda la sua croce”) e a imitare il Maestro senza riserve (“mi segua”).