Diocesi
Vocazioni: il primo amore non si scorda mai
Dal seminario
Non è difficile parlare del rapporto che in questi dieci anni il vescovo Giuseppe ha avuto col nostro Seminario. È a tutti evidente che gli sta fortemente a cuore, così come la vita del clero e la pastorale vocazionale.
Che il Seminario fosse un luogo a lui particolarmente caro lo si poteva immaginare leggendo nelle sue note biografiche che per un decennio – gli anni verdi del suo ministero presbiterale – era stato vicerettore nel Seminario Maggiore di Verona. L’intuizione prendeva corpo vedendolo giungere, durante sua prima visita a Pordenone pochi giorni dopo la nomina, proprio in Seminario. E tornarvi ad abitare nei primi mesi di episcopato e poi definitivamente dal 2015.
Noi del Seminario la sua passione per le vocazioni e la formazione l’abbiamo percepita tutta. Dai molteplici consigli e suggerimenti per iniziative vocazionali, all’impulso dato per la realizzazione del nuovo progetto formativo e all’avvio agli studi di alcuni presbiteri per una specializzazione accademica, fino alla trasformazione del Seminario in una vera e propria “casa della diocesi”.
Così è nato il “Centro pastorale Seminario” in cui trovano posto molteplici iniziative della pastorale diocesana e chi si forma al ministero può accostare i responsabili dei vari servizi, le attività proposte, il laicato coinvolto. Nei tempi in cui non c’era il pericolo Covid il Seminario spesso brulicava di presenze in una gioiosa e vitale confusione, tra gruppi di pastorale familiare, insegnanti di religione, iniziative FISM, formazione del clero, scuola dei laici, cresimandi, chierichetti, scolaresche e via dicendo.
Con la schiettezza del suo carattere il vescovo Giuseppe è entrato fin da subito in rapporto diretto con tutti. Ha immediatamente conosciuto uno ad uno i seminaristi, chiamandoli per nome e intrattenendosi con loro senza formalità. In questi anni gli è stato possibile dedicarsi a loro anche predicando gli esercizi spirituali, inserendoli in alcune attività a favore del clero come il pellegrinaggio ad Assisi o le giornate di formazione, e assicurando sempre e comunque ampia disponibilità per i colloqui personali.
Così ha fatto fin dall’inizio anche con i preti, riservando per loro ogni settimana di questi dieci anni due mezze giornate, una per udienze e un’altra per visite a casa. E poi ritiri, tematiche di formazione permanente e l’omelia del giovedì santo, dedicata in particolare alla figura del sacerdote.
È forse superfluo dire che comunque è con il suo modo di essere e di fare che il mons. Pellegrini incarna l’ideale di sacerdote che desidera anche formare: dinamico e immediato, proiettato verso gli altri per accogliere domande e istanze, ma nello stesso tempo fermo e convinto nei suoi principi.
La dimensione vocazionale è connaturale ed essenziale alla pastorale della Chiesa. Così si legge nell’esortazione apostolica Pastores dabo vobis del 1992: raccoglieva i frutti del Sinodo dei Vescovi del 1990 e rispondeva alle attese di quegli anni sul sacerdozio e la formazione nei seminari. “Don Giuseppe” era allora proprio lì, sul fronte dei Seminari. Per come lo abbiamo conosciuto in questi dieci anni si può dire che questa convinzione lo ha guidato da prete e lo guida tutt’ora da vescovo.