Ricordo di p. Pietro Sacilotto martire in Amazzonia il 1 novembre del 1934

Moriva 85 anni fa in Amazzonia, terra da lui tanto desiderata per diffondere il Vangelo: era il salesiano nativo di Barco padre Pietro Sacilotto

  Ricorreva da noi, in Friuli, la festa dei Santi Ermacora e Fortunato quando il 12 luglio del 1925 il salesiano don Pietro Sacilotto riceveva a Torino, dove aveva completato gli studi di teologia con altri confratelli della famiglia di don Bosco, l’ordinazione sacerdotale.Egli sarebbe poi venuto tra i cugini di Chions a celebrare la prima Messa e sarebbe andato a Concordia a venerare le reliquie dei Martiri. Quasi un presagio, potremmo dire oggi, dato che la vita del giovane sacerdote, dalle sembianze e dai tratti gentili, sarebbe stata totalmente offerta e immolata per la causa del Vangelo.Don Pietro era figlio di italiani partiti, sul finire dell’Ottocento, dal paese di Barco di Pravisdomini, nella Bassa Friulana, verso lo sconfinato Brasile in cerca di lavoro. In quella terra lontana, in gran parte da dissodare, egli aveva assunto, secondo la lingua portoghese, il nome di Pedro Sacilotti.Ritornato in terra brasiliana dopo l’ordinazione, fu assegnato ai collegi gestiti dai salesiani come insegnante e successivamente come direttore.Ma egli coltivava un sogno, peraltro ripetutamente espresso con accorate lettere al suo Ispettore (delle quali i parenti friulani hanno ricevuto copia, insieme al documento che tratteggia la sua vita), il suo ardente desiderio di essere inviato tra gli Xavante, indigeni della foresta amazzonica, conosciuti come violenti e acerrimi nemici dei bianchi, loro aggressori.Un desiderio che si rinnovava senza risposta.Fino a quando una sera, sotto il cielo trapunto di stelle, ecco l’incontro diretto con l’Ispettore, descritto da Carlo De Ambrogio nel volumetto “Croce di sangue”. Padre Pietro era reduce con il missionario di origine svizzera, don Giovanni Fuchs, da una spedizione sul Rio das Mortes, nella terribile e inesplorata foresta amazzonica, popolata da serpenti, ragni e formiche giganti, percorribile solo attraverso insidiosi fiumi. Era stata una prima incursione esplorativa. “Signor Ispettore, dobbiamo tornare laggiù in cerca degli Xavante…Noi avremo la pazienza di aspettare che si arrendano alla Grazia, come è avvenuto con i Bororo cercati a lungo, pronti un giorno ad assassinare i missionari. Dio allora non lo permise. Ma se Dio volesse da noi anche questo…”. Si accese in volto, sorrise, alzò gli occhi al cielo ed esclamò a fior di labbra: ” Oh, Dio volesse!”… In lontananza appariva una grande luce sull’orizzonte, come di fiaccole agitate da centinaia di mani imploranti aiuto. Don Pietro vibrava in tutta la persona. Piangeva. “Signor Ispettore, ci chiamano!”. Si strinsero in un abbraccio prima di salutarsi per l’ultima volta.Padre Pietro partì verso la sconfinata foresta insidiosa con il confratello padre Fuchs. Giorni, mesi di ricerca in un clima malsano, tra agguati mortali e terribili febbri malariche da ridurli in fin di vita. Una storia di passione evangelica, di fatiche inenarrabili, di continue insidie, di terrore e di morte sempre incombente. Fino a quando un giorno, era il primo novembre, festa di tutti i Santi, apparvero sulla riva del Rio das Morte alcuni Xavante che si avvicinarono con fare sospetto. Un aiutante dei due missionari andò nell’imbarcazione a prendere alcuni regalini che sapevano graditi a quegli indios. Al loro ritorno i due missionari non c’erano più. Li ritrovarono, poco distante, distesi tra l’erba alta, con il cranio fracassato.Era il primo novembre del 1934. Padre Pietro aveva 36 anni. La Chiesa aveva due nuovi martiri. Anni dopo i figli di quella popolazione, arresi alla Grazia, assistevano da ministranti alla celebrazione dell’Eucaristia in onore dei due Martiri.Flavia Sacilotto