Diocesi
La caritas diocesana dopo l’incontro nazionale: Carità è cultura
Carità è cultura: su questo binomio hanno riflettuto i 522 delegati di 148 Caritas diocesane, che hanno partecipato al 41° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, a Scanzano Jonico dal 25 al 28 marzo.
La cultura è il paio di occhiali con cui guardiamo la realtà”, con cui possiamo leggere e interpretare il nostro tempo, per poi plasmare i nostri comportamenti e le nostre azioni.Carità è cultura: su questo binomio hanno riflettuto i 522 delegati di 148 Caritas diocesane, che hanno partecipato al 41° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, a Scanzano Jonico dal 25 al 28 marzo.”Cultura” può essere carità se intesa non “in senso esclusivamente intellettualistico”, ma “in senso eminentemente pratico”. Al tempo stesso il “pratico” non è semplicemente l’azione che consegue al pensiero, ma “contribuisce esso stesso a formare una comprensione teorica della realtà”.Partendo da questi presupposti, il convegno ha offerto relazioni e testimonianze di grande spessore, e ascoltato la voce diretta dei partecipanti, coinvolti in tavoli di confronto sui diversi aspetti del binomio cultura-carità.Tra le testimonianze più intriganti e stimolanti, vi è quella di Giuseppe Savagnone, direttore dell’ufficio di Pastorale della cultura della diocesi di Palermo, che ha lanciato dei veri e propri “sassi” provocatori. Viviamo in un mondo in cui cultura e carità sono scisse. “Nei luoghi della cultura, innanzi tutto nella scuola, ci sono sì tanti cattolici, ma, anche se sono magari catechisti in parrocchia, insegnano le proprie discipline uniformandosi alle mode culturali e senza mai chiedersi che nesso abbiano con il vangelo. Reciprocamente, nei luoghi della carità, le parrocchie, ci sono i riti – che le rendono stazioni di servizio – ma non c’è la cultura”.Una situazione senza speranza? No, se sappiamo “ripartire dall’umano, dalle sue domande – senza fretta di arrivare alle risposte”. Dobbiamo reimparare lo stile della ricerca, l’arte delle domande, mentre ci siamo abituati ad una fede “ereditaria”.Altri “sassi” arrivano da Mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico di Anatolia, che getta uno sguardo lucido e fermo sull’Europa: qui “la cultura dell’azione caritativa è nata in ambito cristiano dove l’attenzione al povero nasceva dalla contemplazione del volto di Cristo”. Dove è finito tutto questo? Siamo arrivati al punto che “si brandisce il Vangelo” per avvalorare atteggiamenti di rifiuto dell’altro. L’invito è di “lavorare sulle radici che muovono il nostro impegno”, riscoprendo la funzione critica della fede.Dai “sassi” provocatori ai “sassi di carità”, come don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, definisce gli spunti emersi dai tavoli di confronto, sassi “su cui costruire concretamente il nostro cammino verso una cultura di carità”. Sono alcuni elementi essenziali da presidiare, come la comunicazione, perché vada oltre lo spot e racconti storie di volti; la formazione permanente, per contrastare la cultura contraria all’uomo; il consolidamento delle collaborazioni territoriali; il potenziamento della ricerca e della capacità di leggere i fenomeni; la “costruzione di una pastorale delle domande, piuttosto che delle risposte”.La “carità è cultura se genera cambiamento e ha la capacità di trasformare o quantomeno di incidere significativamente in maniera positiva sulla cultura stessa”.Il materiale del convegno è disponibile sul sito di Caritas Italiana www.caritas.it /Area StampaLisa CintoCaritas Diocesanadi Concordia-Pordenone