Il ricordo: “Il mondo è un po’ più triste Sammy Basso ci ha lasciato”

Sammy aveva quasi 29 anni. Venerdì i funerali presieduti dal vescovo Giuliano, alle 15, a Tezze sul Brenta, dove il giovane affetto da progeria viveva con la famiglia

La notte di sabato scorso Sammy Basso ci ha lasciato. Concentrato di saggezza, positività e fede in un corpo minuto, segnato dal tempo che per lui scorreva troppo veloce.  Organi di un vecchietto, ossa fragili, articolazioni deboli, ma un’anima immensa, una fede cristallina, un esempio per molti. Avrebbe compiuto 29 anni il primo dicembre. Sammy, nato a Schio, ma residente a Campagnari di Tezze sul Brenta, era la persona con progeria più longeva al mondo. Mai nessuno con la patologia dell’invecchiamento precoce aveva vissuto così tanto.

 I funerali sono presieduti questo venerdì, alle 15, dal vescovo Giuliano all’aperto a Tezze sul Brenta (sono attese circa 5mila persone). «È stato un inno alla vita e un testimone della fede e della speranza. Un “piccolo” del vangelo» ha detto il Vescovo domenica scorsa in occasione dell’ordinazione diaconale di Alex Caliotto.

Sammy ha lasciato un testamento spirituale che, letto per suo volere al funerale, rimarrà un dono prezioso per tutti.

«Se i potenti della terra capissero che cosa significa lottare per la vita, credo non avrebbero il coraggio di fare la guerra» è una delle sue frasi più celebri. Ma ce ne sono tante altre. Sammy era conosciuto in tutto il mondo, è stato ospite in televisione, protagonista nei social, incontrava persone di ogni età e genere, lo invitavano a convegni, eventi, parlava della sua associazione (Associazione Italiana Progeria Sammy Basso), della vita, non dava peso al suo aspetto fisico e a quello che avrebbe potuto pensare la gente, metteva un semino, tutti rimanevano affascinati, venivano contagiati dalla sua sincerità e freschezza. Aveva una malattia rara, ma era invidiato per l’intelligenza e la serenità che trasmetteva.

Aveva Dio dentro e non lo nascondeva. «La fede è la parte principale, la parte più intima di me stesso – ha raccontato in un’intervista -. Vorrei dire qualsiasi cosa su di me, ma se non dicessi che ho fede, è come se non dicessi niente». Spesso gli è stato chiesto come facesse a credere nonostante la malattia genetica. «Per me Dio è così grande, è una cosa talmente oltre ogni portata che veramente tutto scompare – rispondeva serenamente -. Dio mi ha dato una vita, una famiglia, degli amici, mi ha dato un mondo dove stare e queste sono tutte cose molto più importanti e molto più grandi di quelle che la malattia può toglierti».

Sammy fece il chierichetto fino a 17 anni. «Della fede cristiana l’aspetto che mi piace di più è che tutti noi fedeli dovremmo cercare di somigliare a Dio – diceva -. Dio ci ha reso il compito facile perché è lui che ha voluto assomigliare tantissimo a noi, ha condiviso ogni cosa, dalla festa, al dolore, alla morte».

Sammy la festa, il dolore e la morte li ha vissuti davvero. La sua breve vita è stata una festa straordinaria. In quasi 29 anni ha girato il mondo, provato emozioni che una persona normale non vive neanche in 10 esistenze. Non ancora undicenne frequentava i salotti del Maurizio Costanzo Show, con i genitori intraprese un viaggio lungo la Route 66 attraverso Chicago, St. Louis, Las Vegas, Los Angeles, che raccontò in un libro. Negli Usa incontrò due suoi fan: il regista di “Avatar” e “Titanic” James Cameron e Matt Groening, l’inventore dei Simpson, cartone per il quale andava matto. Cantò in un coro gospel ed ebbe l’opportunità di effettuare il primo lancio nella partita di baseball dei St. Louis Cardinals contro i Milwaukee Brewers.

Nel 2018 si laureò in scienze naturali con 110 e lode e completò la magistrale in biologia molecolare. L’ultimo aereo preso lo portò in Cina. Era Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. 

Sammy è stato «un santo della porta accanto» direbbe Papa Francesco. Il Pontefice dieci anni fa lo chiamò al telefono «credevo di fare un colpo» confessò Sammy, poi Francesco lo invitò a casa sua a Santa Marta. Non era la prima volta di Sammy in Vaticano: anni prima aveva ricevuto un abbraccio da Ratzinger e una carezza da Woytjla.

«Più che forza la mia è positività» disse a Carlo Conti sul palco del Festival di Sanremo nel 2015 davanti a milioni di persone. Guarda caso “Penso positivo” di Jovanotti era una delle sue canzoni preferite. «Quando veniva ai miei concerti era una festa – ha scritto Lorenzo Cherubini sui social -. La sua intelligenza, la sua cultura, la capacità di armonizzare conoscenza scientifica a una fede incrollabile, il suo humor formidabile e la sua mente colorata. Difficile incontrare qualcuno più vivo di lui».

«Lascia un’importante testimonianza di maturità – commenta il parroco di Tezze sul Brenta don Piero Savio -. Un esempio di forza per tanti giovani ripiegati su se stessi. Sapeva dar ragione della sua fede».

Sammy indossava sempre un ciondolo Tau di legno segno del suo amore per San Francesco e un rialzo sotto la scarpa sinistra, aveva paura degli aghi, era ispirato da Stephen Hawking, il geniale scienziato scopritore dei buchi neri. In casa la sua poltrona preferita era un saccone blu, sul quale si stravaccava e probabilmente faticava a rialzarsi.

Le sfide gli sono sempre piaciute, grandi e piccole. Aveva pochi anni di vita e già conviveva con il dolore articolare. Da quando aveva 4 anni si recava periodicamente a Boston per sottoporsi a cure sperimentali. Uno dei suoi migliori amici era il fisioterapista Mauro, che da anni cercava di alleviare i tormenti. «Sammy mangiava i bisi in testa a tutti» ci ha detto commosso.

Di ostacoli il nostro eroe ne ha superati molti. Nel 2019 si sottopose ad un delicatissimo intervento al cuore, il primo al mondo su un paziente affetto da progeria. Raccontò che al risveglio dopo l’operazione aveva visto un uomo vestito di bianco in mezzo a tante luci e gli chiese: “Sono morto e tu sei un angelo?”. “No, sono il medico, l’operazione è andata bene”.

Sammy era preparato alla morte, consapevole della nostra finitezza. La morte l’ha colto in un momento di gioia, di festa, circondato da mamma Laura, papà Amerigo, che sempre l’anno supportato, e tanti amici, al ricevimento di un matrimonio ad Asolo.

Non si è mai sentito malato. «Il tempo è statistica, nel mio caso potrebbe essere diverso». Aveva ragione.