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9 maggio: la Russia celebra la festa della Vittoria
Il 9 maggio la Russia celebra il Giorno della Vittoria. Le unità militari russe si preparano da giorni per la parata nella piazza Rossa di Mosca. La cerimonia si svolge due giorni dopo l'insediamento del leader del Cremlino. Le parate militari, le minacce all’Occidente sull’uso del nucleare, le esercitazioni ai confini dei paesi Nato. Sono realtà o propaganda? “Non lo sappiamo. Nessuno può dire che cosa sono. Nessuno è nella testa di Putin”, risponde Mario Giro, già viceministro degli Esteri. “L'unica cosa che si può dire è che creano una pericolosa escalation. Come dice il Papa, la guerra è sempre una sconfitta e dalla guerra ne usciremmo tutti sconfitti”.
“Sono due celebrazioni importanti che ci ricordano la fine della Seconda guerra mondiale. Dovremmo prenderle a lezione per non cominciarne una terza, magari a pezzi, come dice Papa Francesco. Dovrebbero quindi essere di monito: ricordare agli europei che furono loro a scatenare due guerre mondiali e mettere in guardia gli Stati che scatenarne oggi una terza sarebbe fatale per il nostro continente, Russia inclusa”. E’ Mario Giro, già viceministro degli Esteri e membro della Comunità di Sant’Egidio a riflettere sulla coincidenza della data del 9 maggio che vede da una parte l’Unione Europea fare memoria della sua fondazione e dall’altra, la Russia celebrare la vittoria sovietica sulla Germania nazista. Le unità militari russe hanno fatto grandi prove generali per la parata del Giorno della Vittoria che ogni anno richiama una numeroso folla nella piazza Rossa di Mosca. La cerimonia si svolge quest’anno appena due giorni dopo il giuramento di Putin sulla Costituzione russa che sancisce il suo insediamento al Cremlino per il quinto mandato da presidente.
Come ogni anno, vedremo in diretta tv le immagini gloriose della parata militare a Mosca. Che significato rivestono quest’anno per Putin? Come le utilizzerà?
E’ normale. Putin utilizza e cavalca il patriottismo russo ma non dimentichiamo che il patriottismo russo è stato nostro alleato durante la Seconda guerra mondiale. Noi italiani eravamo dalla parte sbagliata. Oggi nessuno mette in discussione la sofferenza dei russi durante la Seconda guerra mondiale e quanto hanno sofferto per respingere il nazifascismo. Questo patriottismo però può essere usato anche per coprire una guerra di aggressione, com’è la guerra contro l’Ucraina. Putin e la dirigenza sono stati molto abili nel trasformare una narrazione di aggressione in una narrazione della guerra come difesa. Dicono che si stanno difendendo dall’Occidente e utilizzano il patriottismo per convincere che è così.
Le minacce del presidente Putin all’Occidente sull’uso del nucleare e le esercitazioni che si sono viste in Bielorussia, sono reali o sono una propaganda?
Non lo sappiamo. Nessuno può dire che cosa sono. Nessuno è nella testa di Putin. L’unica cosa che si può dire è che creano una pericolosa escalation. Ci stiamo minacciando a vicenda da due anni. Questo è un ingranaggio infernale. Come dice il Papa, la guerra è sempre una sconfitta e dalla guerra ne usciremmo tutti sconfitti.
La comunità internazionale cosa sta facendo, in particolare sul fronte russo ucraino?
Noi come Comunità di Sant’Egidio siamo molto impegnati in Ucraina nella protezione e difesa della vita fragile colpita dalla guerra, bambini, anziani, poveri, donne sole. E’ forse la più grande operazione umanitaria mai fatta nella storia della Comunità di Sant’Egidio nei suoi 55 anni di storia. Più di 30 milioni di euro in medicine, vestiti, sostegno, cibo…Siamo molto dentro questa guerra.
Ma l’Europa cosa sta facendo? Sta lavorando a sufficienza per trovare prospettive di pace?
No, bisogna ammettere che l’Europa non sta facendo e non ha fatto quello che doveva fare.
Non si è messa tra le due parti per cercare di trattare e trovare una via di dialogo. Si è schierata ed è giusto che si sia schierata a difesa dell’eroica resistenza Ucraina, però subito dopo questo impegno, non ha messo in campo la forza diplomatica di cui dispone, ma si è illusa in una narrazione della vittoria contro la Russia che non potrà mai venire. In questo modo, ha accettato la logica della paura e quindi dell’aggressività. E questo secondo noi è un problema.
Armi sì o armi no?
Seguire la logica delle armi in maniera cieca e da sonnambuli, non porta a niente.
Non tanto perché non è giusto o perché è sbagliato. Ma perché la guerra è inutile. Non darà una vittoria a nessuno, ucciderà tantissimi ragazzi, ucraini in primis, ma anche russi e non porterà nessuna soluzione. Mai una guerra ha portato ad nessuna soluzione. Negli ultimi trent’anni lo abbiamo visto: la guerra si è trasformata. Anche la ricerca di una guerra giusta è un vecchio discorso ormai tramontato. Solo la pace è giusta, come dice il Papa. E quindi no, l’Europa non ha fatto tutto quello che doveva fare. Lo fa la Turchia e in fondo l’Europa dovrebbe fare quello che fa la Turchia e lo potrebbe fare molto meglio.
Sul fronte della mediazione diplomatica, l’unico che veramente l’ha presa a cuore è Papa Francesco. Quale spazio hanno le mediazioni delle Chiese e della Santa Sede per la pace?
Direi di più: quello delle Chiese è l’unico spazio aperto del fronte diplomatico. Il Papa ha inviato il card. Zuppi che in questi due anni di guerra, è stato l’unico ad essere ricevuto sia dagli uni che dagli altri, ad alto livello. E questo è un fatto. E’ inutile dire che ancora non c’è risultato. Certo, non ci sono ancora tutti i risultati ma è l’unico canale aperto. E quando il Papa ha affidato questa missione al card. Zuppi, gli ha chiesto di aprire canali e fare gesti umanitari. Ed è quello che card. Zuppi ha fatto. Quando finalmente si deciderà di negoziare, sarà usato questo canale semplicemente perché è l’unico rimasto aperto.
C’è però una situazione di stallo totale.
E’ vero, nessuno in questo momento vuole parlare, né gli ucraini né i russi e per ragioni evidentemente opposte. Ma è sempre così.
Glielo dico io che ho fatto tante mediazioni. All’inizio di una mediazione, di un’interposizione, di una facilitazione, chiamatela come volete, è sempre così. E’ sempre vero che le parti non si vogliono parlare. La mediazione comincia con una defatigante navetta che va da una parte all’altra e con pazienza costruisce piano piano un quadro logico dentro il quale le parti sono portate lentamente, progressivamente, a comprendere che è meglio parlarsi.
Insomma, sta dicendo che la mission oggi delle Chiese è quella di preparare un terreno al dialogo?
La Chiesa ha dimostrato tante volte, in tante occasioni, di essere in grado di aprire canali, talvolta addirittura di condurre delle mediazioni intere. Noi speriamo che questo possa succedere ancora. Vedere che una porta si apre, può rappresentare spesso una svolta. In fondo la guerra è una decisione politica che viene presa in maniera forsennata. Poi però sfugge al controllo anche di chi l’ha presa. Oggi chi sta facendo la guerra e penso in particolare alla Russia che l’ha iniziata, non è più padrone delle proprie decisioni perché la guerra è un ingranaggio infernale: si eternizza e si perpetua. E quindi la porta che Papa ha voluto aprire e questo canale che il card. Zuppi sta costruendo, possono essere il segnale che dice che bisogna uscire, bisogna smettere. Noi speriamo e preghiamo che questo accada presto.