Il virus non si ferma ai confini regionali Da rivedere le attribuzioni in materia di sanità

La pandemia ha evidenziato le disparità tra cittadini di aree diverse, in contrasto con la Costituzione

La pandemia di Covid in corso ha messo in risalto le notevoli difficoltà per il suo contrasto, dovute spesso al rapporto fra lo Stato e le Regioni, sviluppatosi più in clima di conflittualità che di collaborazione. La riforma del titolo V della nostra Costituzione, attuata nel 2001, ha modificato in modo incisivo la potestà legislativa, attribuendo alle regioni un’autonomia legislativa in materie nuove prima riservate allo Stato e, in particolare, sulla tutela della salute.Constatiamo giornalmente come “la tutela della salute” si realizzi nelle nostre regioni in modo molto difforme, con ambiti di eccellenza o con situazioni di grave disagio, costringendo molti ammalati ai “viaggi della salute”.L’intervento delle regioni per fermare la pandemia ha poi determinato una serie di contrasti e di valutazioni spesso inconcepibili, ove si considerino le modestissime dimensioni geografiche di alcune di esse, che non giustificano interventi differenti. Assistiamo al paradosso che alcune località, distanti pochi chilometri vengono trattate diversamente perché appartenenti a regioni confinanti, come se il virus si diffondesse in base ai confini regionali.Dopo venti anni dalla riforma e con l’esperienza che stiamo vivendo, ci chiediamo se sia ancora opportuno mantenere in materia di salute la potestà legislativa esclusiva delle regioni e che la tutela della nostra salute sia affidata più al luogo ove si vive che all’organizzazione dello Stato. “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. La solenne affermazione dell’art. 32 della Costituzione non lascia dubbi. Tutte le persone hanno diritto alla salute indipendentemente dal luogo ove risiedono e devono poter godere di uguali trattamenti.La competenza esclusiva delle Regioni ha invece determinato una differente organizzazione sanitaria privando molte persone di una doverosa assistenza.La pandemia ha poi dimostrato inefficienze e intollerabili storture, che hanno richiesto l’intervento della Corte Costituzionale per risolvere i continui conflitti fra Stato e Regioni. Con la recente sentenza n. 37 del 2021, la Corte Costituzionale ha posto alcuni punti fermi, almeno in tema di pandemia e di profilassi internazionale.Il giudice delle leggi, dichiarando illegittima una legge regionale della Valle d’Aosta, ha infatti precisato che in tema di profilassi internazionale è lo Stato ad avere la competenza esclusiva “che è comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla”.”Tale conclusione può dunque concernere non soltanto le misure di quarantena e le ulteriori restrizioni imposte alle attività quotidiane, in quanto potenzialmente fonti di diffusione del contagio, ma anche l’approccio terapeutico; i criteri e le modalità di rilevamento del contagio tra la popolazione; le modalità di raccolta e di elaborazione dei dati; l’approvvigionamento di farmaci e vaccini, nonché i piani per la somministrazione di questi ultimi, e così via. In particolare i piani di vaccinazione, eventualmente affidati a presidi regionali, devono svolgersi secondo i criteri nazionali che la normativa statale abbia fissato per contrastare la pandemia in corso”.E’ ancora la Corte Costituzionale ha statuire che la tutela della salute non può non darsi in condizioni di fondamentale uguaglianza su tutto il territorio” e che “alle Regioni, invece, residua la sola possibilità di integrazione delle disposizioni statali, specie in tema di organizzazione degli organi e degli enti dell’amministrazione sanitaria”. Sarebbe auspicabile che, superato il momento di emergenza, la nostra classe politica rivolga la propria attenzione ad una nuova revisione dell’art. 117 della Costituzione. che elimini le attuali disparità e conceda a tutte le persone un’uguale tutela della propria salute.

* Già Presidente del Tribunale di Pordenone