Attualità
Su “quella impertinente” di Oriana
Riceviamo da una giovane partecipante a Pordenoenlegge e volentieri pubblichiamo: il ritratto della impertinente Fallaci fatto da Paolo Mieli
Su Oriana Fallaci si sono dette tante cose, troppe, spesso sbagliate. La si è spesso ridotta a un’ideologia, a un partito, a una classe, snaturandola e spesso fraintendendola. Mieli è stato il suo direttore e il suo editore, potrebbe dire molte cose sul loro rapporto, sulla sua persona, ma decide di non farlo, preferisce partire dalla Storia, la storia del giornalismo. Il giornalismo nasce nel Seicento come racconto oggettivo di eventi politici, guerre, attualità, un giornalismo molto diverso da quello che conosciamo noi oggi. La tecnica evolve verso qualcosa di più moderno principalmente nell’Europa settentrionale (Inghilterra e Olanda, ma anche in Francia dove venne inventata la tecnica del pamphlet usato da nomi illustri, tipo Voltaire) e diventa molto più soggettivo, diventa un giornalismo in cui l’Io dello scrittore si fa sentire e in cui la finalità è sempre la Verità. L’idea di libertà di stampa nasce dunque da questa cultura, una cultura che rivendica sopra ogni cosa la sacralità della Verità, apartitica e fuori da ogni ideologia. Certo, anche nella storia ci sono esempi di giornalismo scorretto, schierato, finalizzato solo alla ridicolizzazione dell’avversario e quindi lontani dallo spirito che ha dato vita al giornalismo e ai primi pamphlet.
Già da queste parole per chi conosce Oriana e le sue opere diventa chiaro il perché iniziare con questa digressione. Come Mieli sottolinea spesso, la Fallaci è stata una combattente, una donna impertinente e spesso scomoda che faceva domande scomode al fine di arrivare sempre alla Verità. La Verità, però, non è universale e capita di sbagliarsi, capita a tutti, è capitato pure a lei. Ma Oriana era una vera giornalista proprio perché non aveva paura di tornare sui propri passi, di rivedere le proprie posizioni, di contraddirsi e correggersi; questo la rendeva unica. Era una donna che imparava, che parlava senza preconcetti e scriveva senza ideologie. Questa è, sopra ogni cosa, la sua lezione, il suo esempio lasciato in eredità a questo mondo che sta lasciando marcire e morire il nobile mestiere del giornalista.
Lucrezia Scarpa