Speciali
Racconto di un cammino tra imperatori e medici tra i ricordi delle portatrici carniche e Dante
La via Romea Julia Augusta
l Municipium Claudium Aguntum (Lienz) è alle mie spalle. Sto ormai abbandonando il Norico, dopo l’ultimo pagus di Loncium (Mauthen), un ciuffo di case tra i boschi. La via è disagevole, rude, sempre in salita. Due giornate di cammino faticoso e, finalmente, conquisto il passo di Julia Alpes, trafitto da un vento gelido, impetuoso. Il valico è ancora coperto da neve a maggio inoltrato. Ma ora inizia una lunga, avventurosa discesa. Destinazione: Julium Carnicum, puntando dritto al cuore della romanità e poi ancora avanti, senza sosta, ripercorrendo tragitti millenari, arcaici, lungo sentieri nascosti sotto un manto di neve candida. Un capriolo mi guarda attonito, con uno sguardo insofferente, mugugna per il mio passaggio da scippatore del suo territorio. Poco più avanti un delizioso laghetto montano (vedi foto sotto) riverbera una luce soffusa, nelle sue acque si specchia lo splendore delle cime innevate.Zaino in spalla, scendo con cautela lungo sentieri scivolosi. In breve raggiungo il rio Monument immerso in un fitto bosco di faggi e abeti. Una quiete assoluta mi avvolge, solo una tenera brezza canta tra gli alberi. In un cielo blu cobalto, solo poche nuvole innocue viaggiano felici verso sud. Lungo il cammino medito sulle parole dette dal sommo poeta Dante nella Vita Nova: “E’ peregrino chiunque è fuori della sua patria. Chiamasi palmieri in quanto vanno oltremare, la onde recano la palma. Chiamansi peregrini in quanto vanno a la casa di Galizia, alla sepoltura di San Iacopo. Chiamansi romei quanti vanno a Roma”. Io appartengo a questi ultimi perché sto percorrendo la Romea Julia Augusta che confluirà sulla Romea Strata a Venzone per proseguire, poi, fino a Fucecchio dove incontrerà la via Francigena diretta al Caput Mundi. Lungo il sentiero, sulla roccia, spicca perfino un’epigrafe romana che ricorda la costruzione di questo tratto di strada, grazie alla munificentia trium Augustorum, di ben tre imperatori. Anno Domini 373 d.C.A Timau mi piange il cuore al pensiero delle portatrici carniche, donne forti, generose, sempre disponibili. Fascia rossa al braccio e gerla pesante anche 40 kg, portavano lassù, mille metri più in alto, nelle prime linee, cibo e munizioni. Senza esitare dicevano: “Anin, senò chei biadaz ai murin encje di fan”, muoviamoci sennò quei poveracci muoiono anche di fame! Grazie a Luca, entusiasta direttore del museo di Timau, posso rivivere la sofferenza di quegli anni terribili di guerra.Il cammino ora prosegue verso Cleulis, un borgo immacolato, tra distese di prati profumati e palpiti di silenzio. Poco sopra m’infilo in un bosco seducente che bisbiglia con fremiti di fronde, cinguettii melodiosi, gorgoglio di ruscelli.La Julia Augusta ora raggiunge Ramazzaso, antico sito longobardo già citato nel 762. Qui mi sorprende una lapide che ricorda il caro medico Ferdinando Majeron, già valente primario a S.Vito, che si prodigò a conservare questi casali e la cappella di S.Maria, protettrice dei viandanti. In breve sono a Cercivento, il paese che mi stupisce con una preziosa Bibbia a Cielo aperto. Tra le vie del paese, sulle pareti delle case, vi sono mosaici, affreschi e murales, che riportano episodi biblici con i relativi versetti della Parola di Dio, in italiano e friulano. Riprendo il cammino in mezzo a prati che intonano una canzone verde sfavillante.Presso Sutrio mi fermo qualche istante davanti alla chiesa di S.Nicolò per un’avemaria. Poco più avanti, su un’altura, la gleisiute di Ognissanti di Priola domina fiera la valle del But. In breve supero la frazione di Noiaris incamminandomi verso la località di Àlzeri, la cui chiesetta di San Nicolò, del XIII secolo, era annessa a un Ospitium, fatto costruire dall’Ordine dei cavalieri di San Giovanni.Alla fine di questo cammino al di fuori del tempo, ad Arta, provo come un flash, qualcosa sigillato nei meandri del cervello, ma che ora riaffiora incontenibile. Si tratta di una bella poesia del Carducci imparata a scuola tanti, troppi anni fa: “O che tra faggi e abeti erma su i campi smeraldini la fredda orma si stampi al sole del mattin puro e leggero, o che foscheggi immobile nel giorno morente su le sparse ville intorno a la chiesa che prega o al cimitero che tace, o noci de la Carnia, addio!”