Katia Aere, l’araba fenice: dalla diagnosi tremenda al volo azzurro verso Tokyo

L’atleta di Spilimbergo ha reagito e continua a "crederci fino al giorno dopo"

Katia Aere si trova davanti a un – anzi “al”- crocevia. E’ giugno 2003, sconcerto assoluto: «Mi viene diagnosticata una malattia autoimmune, improvvisa e devastante, che distrugge la muscolatura impedendomi di muovermi e di alimentarmi».

Nel 2008 la patologia compromette anche la capacità polmonare e la respirazione diventa un’attività tutt’altro che naturale e semplice perché i muscoli respiratori non lavorano come dovrebbero: «Così, a malincuore, accetto il supporto dell’ossigeno terapia capendo di non avere alternativa».

Ma le avversità le ha rovesciate come un calzino al punto che nel 2017, ai campionati italiani assoluti estivi, a Lodi, ha vinto l’oro nei 50 farfalla e due medaglie d’argento sui 50 e 100 stile libero. La 50enne di Spilimbergo, ha messo le ali della fenice per riprendere il volo…. in acqua. «Sono diventata nuotatrice dopo aver contratto la dermatopolimiosite e la tiroidite autoimmune».

E il 29 ottobre, a Vicenza, parteciperà ad una staffetta integrata, atleti paralimpici e normodotati assieme: «Sono ben felice di parteciparvi. E’ un evento a scopo benefico che consenta a ragazzi con disabilità di avvicinarsi allo sport, supportati da tecnici qualificati. Ma per gli atleti sarà anche l’occasione iniziare bene l’anno agonistico testando tempi e sensazioni in gara».

ACQUA-TERAPIA «Il 9 luglio ho disputato la mia 1ª gara in mare, una sfida enorme per me in termini psicologici e di logistica. Per questo mi sono posta l’obiettivo di preparare e rimettermi alla prova in competizioni Open water». Mentre pensa anche allo sport si affida a Vasco Rossi: “E’ stato la chiave che mi consentito di ritrovare un equilibrio sopra la follia. O per lo meno qualcosa che assomigliasse ad un equilibrio”. E pensare che dell’acqua non voleva saperne: «Prospettive terapeutiche alternative a quelle già adottate non ne avevo a disposizione. I chemioterapici immunosoppressori e cortisonici sembravano non più sufficienti, mi era stata proposta la riabilitazione muscolare in acqua affiancata alla fisioterapia tradizionale ma l’avevo sempre rifiutata per la fobia dell’acqua sin da bambina. Però non avevo più tempo da perdere, quasi come fosse una bomba ad orologeria in countdown pronta ad esplodere a tempo sconosciuto. Così ho deciso di iniziare la fisioterapia in acqua».

L’INGIUSTIZIA E L’ODISSEA A febbraio 2014 disputa la sua prima gara e si qualifica agli italiani assoluti portando a casa 3 medaglie. «Poi lo schifo e la voglia di mollare tutto: sospesa per doping per la terapia salvavita, peraltro dichiarata, che assumo dal 2003. I lunghi viaggi in treno a Roma perché, nonostante le difficoltà, volevo fortemente presenziare alle udienze in tribunale sportivo per guardare negli occhi chi mi doveva difendere e che, soprattutto di me e del mio percorso di vita, non conosceva nulla».

OLTRE LO SPORT Dall’acqua alla strada, Katia ha deciso di divorare anche l’asfalto sulla sua handbike che può coronare il suo grande sogno: partecipare alle Paralimpiadi di Tokyo.

A ottobre 2018 è stata reclutata da Obiettivo 3, il team fondato da Zanardi; nel Giro d’Italia 2019 ha vestito la maglia rosa vincendo cinque gare e conquistando due secondi posti. Ora che è arrivata anche in Nazionale, la scalata di Katia continua. Assistente amministrativa negli ambulatori di medicina e cardiologia dell’ospedale di Spilimbergo, si allena durante i pomeriggi e nei weekend.

Sempre con la stessa convinzione all’insegna del “Crederci fino al giorno dopo”, uno dei suoi slogan che ripete e mette pratica.

Verso Tokyo…se non è rinascita questa.