Bambini e Covid, scout: la pandemia ha impedito alcuni riti

Qualcuno ha saltato i campi, altri li hanno fatti "limitati"

Anche gli scout hanno dovuto fare i conti con la pandemia. Attività sospese a lungo e poi ripartite in modo molto diverso.

Tanti gruppi hanno rinunciato a vivere l’esperienza dei campi estivi.

Chi invece l’ha fatto ha comunque dovuto accettare non pochi compromessi per rispettare le necessarie restrizioni.

“Molte cose – spiega Chiara Petris, capogruppo dell’Agesci San Vito 1, nonché neo responsabile della Zona Tagliamento – i ragazzi non le hanno potute vivere. E alcuni non avranno nuove possibilità: chi è salito quest’anno in noviziato, ad esempio, non avrà mai la possibilità di vivere un campo estivo da capo squadriglia in Reparto. Sarà qualcosa che non potrà più recuperare. E così un po’ a tutti mancherà un tassello nel proprio percorso”.

Ma a mancare, o a cambiare, saranno anche le emozioni. La pandemia ha impedito alcuni riti: nessuna stretta di mano, nessun abbraccio con cui sottolineare l’emozione di alcuni momenti particolari dell’esperienza di uno scout: la promessa, il passaggio di branca, la partenza.

Petris valuta poi le possibili conseguenze in termini di autonomia. Nello scautismo il passaggio delle nozioni dal più grande al più piccolo è una componente fondamentale del metodo educativo. Il covid ha interrotto la catena. Certe esperienze non sono state vissute, le competenze non sono state acquisite e men che meno trasmesse. “Qualche ragazzo – spiega – vivrà processi più lenti, altri li anticiperanno. Ma tutti i processi necessitano dei tempi giusti per funzionare bene. È possibile che in fatto di autonomia si possa pagare qualcosa. E’ importante che le comunità capi sfruttino questo tempo per individuare percorsi nuovi per educare i ragazzi anche senza gli strumenti tradizionali”.

“Si è innescato un bel confronto in associazione – conclude Petris -, ma anche noi capi, come i ragazzi, siamo in cammino e sarà bello scoprire dove questa avventura ci porterà. La preoccupazione c’è, ma siamo abituati a guardare con fiducia al futuro. I ragazzi hanno una capacita di adattarsi alle novità maggiore di quella che noi adulti attribuiamo loro. Anche dalla pandemia nasceranno cose positive”.