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Caritas Fiume Veneto , aiuti alimentari alle famiglie in difficoltà
Imelda: "Ho la percezione di tanta solitudine diffusa, spesso anche aggravata da forme di depressione”
Questo lungo periodo di pandemia ha determinato situazioni problematiche anche nelle associazioni caritative. Ce ne parla Imelda, della Caritas di Fiume Veneto, accennando alla particolare organizzazione richiesta per il recapito degli aiuti alimentari alle famiglie in difficoltà nel periodo del lock down.
Attualmente il prelievo al centro di raccolta deve essere adeguatamente regolamentato con i dovuti distanziamenti, mentre i fruitori, spesso provati da molteplici problemi, avrebbero bisogno di momenti di incontro e di relazione tra loro e con i volontari. Per queste esigenze viene sempre in soccorso la comunicazione telefonica.
Imelda racconta che lei deve ricaricare il cellulare anche più volte al giorno data la frequenza e la durata delle chiamate. “Ho la percezione di tanta solitudine diffusa nelle famiglie che noi contattiamo, spesso anche aggravata da forme di depressione. In molti casi è venuto meno il lavoro, soprattutto quando non aveva adeguate protezioni di legalità; pertanto le situazioni di pesante povertà sono molto diffuse, nonostante l’aiuto offerto dalla Caritas, i buoni spesa erogati dal Comune e dalla Coop e il sostegno concreto che molte persone generose fanno pervenire in svariate forme. Penso al negoziante di frutta e verdura che raddoppia il peso della merce rispetto al costo e ad altri molteplici rivoli di solidarietà che da quando si è diffusa la pandemia sono arrivati da tutta la comunità. Noi volontari abbiamo avuto la percezione che la minaccia incombente del virus e le sue gravi conseguenze anche sul piano economico abbiano aperto e continuino ad aprire molti cuori. E’ un fatto che deve essere adeguatamente riconosciuto e tuttavia ci sono aspetti della povertà ai quali è difficile dare adeguate risposte, in particolare quando si tratta di bollette per le varie utenze inevase o di affitti scaduti”.
Anche i volontari hanno continuato a ricevere tante segnalazioni telefoniche e a contattare le famiglie in situazioni di pesante disagio psicologico. La loro partecipazione e vicinanza sono state molto intense nei confronti di famiglie gravate dalla fatica di gestire i bambini in spazi ristretti e dalla paura di non riuscire ad affrontare la grave precarietà economica.
“Ho constatato – prosegue Imelda – che alcune famiglie sono angosciate dal comportamento di chiusura dei figli adolescenti, alcuni dei quali durante il lockdown avevano perso il senso del tempo e anche attualmente stanno al cellulare perfino nel cuore della notte. Uno stravolgimento che i genitori, già provati da tanti problemi, non riescono a gestire. Ci sono famiglie che durante la pandemia hanno scoperto il valore di stare a lungo insieme, altre invece in cui le incomprensioni e gli attriti sono talmente aumentati da rendere impossibile la convivenza. Spesso ad alcune persone molto abbattute ho cercato di offrire qualche momento di fiducia e di speranza pregando insieme a loro al telefono. L’intensità di questa preghiera condivisa è stata una speciale esperienza vissuta durante la pandemia”.