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Il Popolo fa storia: ieri come oggi
Il Popolo" è sempre entrato nelle famiglie delle nostre parrocchie perché parlava proprio di noi, sia delle gioie e delle speranze che delle sofferenze.
Il Popolo” è sempre entrato nelle famiglie delle nostre parrocchie perché parlava proprio di noi, sia delle gioie e delle speranze che delle sofferenze. Ricordo che nei primi anni ’50 (sono passati oltre 65 anni) ne attendevo la distribuzione da parte del sacrestano fuori della chiesa di Summaga, dopo la Messa domenicale del fanciullo. In casa lo leggeva per primo mio nonno cercando soprattutto le notizie delle nostre comunità, poi mio padre, e poi tutti gli altri. In famiglia, come in tante altre, era grande l’attaccamento al settimanale, alla parrocchia ed all’Azione Cattolica.Ricercando nell’archivio del settimanale, nell’annata 1947, ho trovato la notizia della conferma della morte in guerra di uno zio di cui io porto il nome, fratello maggiore di mio padre, caduto nell’annientamento del proprio battaglione, sacrificatosi nel vano tentativo di impedire lo sbarco delle truppe americane in Sicilia, il 10 luglio 1943. Le ricerche di un maestro siciliano ritornato nella propria terra avevano accertato definitivamente la triste realtà, comunicata ai miei familiari. “Il Popolo” ne aveva dato prontamente notizia, come in precedenza di tanti altri caduti delle nostre parrocchie. I miei nonni avevano trovato nel settimanale la possibilità di dare voce al proprio dolore per la perdita del figlio primogenito.Nelle pubblicazioni del periodo della sciagurata seconda guerra mondiale c’era un singolare contrasto tra i rapporti immancabili in prima pagina delle agenzie ufficiali, che riportavano i successi (veri o presunti) dell’esercito italiano sui diversi fronti, e le sempre più numerose notizie di morti in combattimento, cui le altre pagine del settimanale davano voce riportando le sofferte corrispondenze dai nostri paesi. I luoghi coincidevno. “Il Popolo” in tutti gli anni del dopoguerra e della ricostruzione, però, raccontava anche gli eventi lieti, con gruppi di ragazzi cresimati od ammessi alla prima Comunione, inaugurazioni di nuovi asili ed oratori o la consacrazione di nuove chiese. I papati di Giovanni XXIII e Paolo VI, le loro fondamentali encicliche ed il Concilio furono i temi forti del Popolo nella mia giovinezza, con la continua sottolineatura delle nuove responsabilità del laicato cristiano.Il settimanale, nel 1970, con un breve trafiletto, diede notizia anche della mia laurea: costituiva un evento perché ero uno dei primi figli di famiglia contadina che arrivava a quel traguardo, prima quasi inarrivabile.Nel 2002, il direttore don Bruno Cescon mi propose una collaborazione continuativa con il settimanale che non potei negare.Scrivo per “Il Popolo” da oltre 18 anni e contribuisco alla possibilità che continui a parlare di noi, anche se con modalità ed accenti molto cambiati, seguendo i segni dei tempi sempre nuovi.Oggi sono all’attenzione i temi del sociale (dagli anziani non autosufficienti al lavoro), delle necessità formative delle nuove generazioni, del patrimonio culturale e storico-artistico. Termino con la necessità di un riferimento continuo all’Agenda 2030, il programma d’azione sottoscritto nel settembre 2015 dai 193 paesi membri dell’ONU, per garantire a tutto il mondo una migliore qualità della vita in un ambiente tutelato. Costituirà uno degli impegni principali dei prossimi anni.Antonio Martin