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Infermiera: il servizio della cura
Anche tra i laici c'è chi dedica la vita a lenire le sofferenze dei malati. Sono gli infermieri e i medici. La testimonianza di una infermiera: famiglia numerosa ma puntualmente al fianco di chi è malato o anziano.
“Noi infermiere professionali, dobbiamo avere sia competenze sanitarie che relazionali. Il rapporto interpersonale con i pazienti va sempre valorizzato. Il tempo di relazione è tempo di cura. Gli aspetti umani e sanitari sono strettamente intrecciati. La cura richiede sempre l’ascolto e il dialogo. Questo vale per tutti gli ambiti sanitari, ma in casa di riposo lo sentiamo ancor più necessario, perché abbiamo situazioni umane di maggior fragilità. Anche le persone affette da demenza sentono positivamente la relazione di vicinanza”. Scambiamo queste opinioni con un’infermiera professionale quasi sessantenne, madre di famiglia, che da più di 30 anni lavora alla Residenza per Anziani Francescon di Portogruaro.Racconta la propria storia: “Fin dall’acquisizione del diploma di infermiera professionale negli anni ’80 scelsi di operare nelle case di riposo, prima a Pordenone e poi a San Michele al Tagliamento. Nel 1988 ho vinto il concorso pubblico presso l’Opera Pia Francescon. Sono stata una delle prime infermiere laiche”.La struttura ospitava allora circa 150 anziani: 120 autosufficienti e solo una trentina non autosufficienti, nel reparto che chiamavano “infermeria”. Fino ad allora le infermiere professionali della Francescon erano state esclusivamente suore della Congregazione della Divina Provvidenza, con precedenti esperienze ospedaliere. Si ricorse a personale laico, nella seconda metà degli anni ’80, quando la Regione Veneto incominciò a finanziare la cura dei non autosufficienti in casa di riposo (soprattutto persone colpite da paresi, decadimento cognitivo o demenze). La quota sanitaria regionale integrava la retta giornaliera, coprendo le maggiori spese per il servizio specifico erogato in “infermeria”.Da allora, le residenze per anziani si sono specializzate trasformandosi prevalentemente in centri servizi per persone non autosufficienti. Per questo anche la Francescon doveva assicurare un organico con standard di servizio adeguato ai nuovi bisogni assistenziali: 1 infermiere ogni 10 ospiti non autosufficienti.Le suore/infermiere da allora sono progressivamente diminuite di numero mentre il personale laico (inizialmente solo cuochi e accudienti per le pulizie), è progressivamente aumentato fino a raggiungere la consistenza attuale, con nuove figure professionali specializzate (operatore socio-sanitario, educatore, assistente sociale, fisioterapista, logopedista, psicologo). Dal 2010 le religiose svolgono alla Francescon assistenza esclusivamente spirituale, ma hanno lasciato una tradizione di servizio alle persone fragili, che continua ad essere un punto di forza.Oggi la Residenza offre una varietà di servizi dedicati alle persone non autosufficienti per circa 150 persone. All’ultimo piano del padiglione Santo Stefano c’è l’Hospice per le cure palliative, mentre al piano inferiore c’è un nuovo spazio per le dimissioni ospedaliere protette.Antonio Martin