Nucleo Alzheimer di Casa Serena: Doll therapy e sala multisensoriale

Nella struttura di Pordenone sono in cura 23 persone ne

Ci accostiamo alla realtà del nucleo Alzheimer di Casa Serena di Pordenone accompagnati dalla dott. Cristina Filipetto, coordinatrice delle attività di assistenza e cura dedicate a 23 anziani ospiti di entrambi i sessi. E’ una conversazione illuminante su una realtà segnata da una patologia che aggredisce e annulla le capacità cognitive. Come ci spiega la nostra interlocutrice, qui la tutela degli ospiti richiede particolari attenzioni, quale la contenzione ambientale che li protegge dal pericolo di vagare senza meta. In seguito alla drammatica e progressiva forma di regressione fino alle primordiali fasi infantili, questi pazienti assumono atteggiamenti sempre più inconsapevoli per cui le operatrici che si prendono cura di loro pongono la massima attenzione a tutte le forme di espressione delle emozioni e dei sentimenti che spesso sono accentuati dalla demenza, mentre si affievolisce la funzione cognitiva. Ci sono situazioni e momenti peculiari che solo per merito di un prolungato rapporto diretto, di una intensa relazione quotidiana è possibile cogliere e decifrare.

“Noi qui prendiamo in carico non solo i nostri pazienti, ma anche i loro familiari che spesso sono gravati da un senso di colpa per aver fatto ricoverare il loro caro; devono inoltre essere accompagnati a elaborare i continui lutti derivanti dallo spegnimento progressivo di tutte le sue competenze quotidiane. Questa è la sua nuova casa, cerchiamo di spiegare, e qui riceve tutto il necessario supporto ai suoi bisogni, mentre chi è troppo coinvolto si trova spesso in una condizione di totale smarrimento nella gestione di un quadro sempre più complesso, spesso ingestibile”.

E, proseguendo nel racconto delle particolari attenzioni dedicate a questi fragilissimi ospiti, Cristina ci parla di due forme di terapia non farmacologica che si rivelano molto efficaci.

Si tratta della sala multisensoriale, molto valida quando queste persone sono in preda all’agitazione. I vari stimoli sensoriali, in particolare i colori, hanno quasi sempre un effetto molto rilassante.

C’è poi la doll therapy, molto praticata negli ultimi anni. Si porge ad alcuni di loro una speciale bambola, senza spiegare di che cosa si tratta. E’ spesso emozionante assistere a come la accolgono e all’accudimento amorevole che le dedicano anche con parole incomprensibili ma ricche di tenerezza. Si desiste se insorgono ansia o preoccupazione. La bambola è poi custodita dal personale e riconsegnata in momenti particolari.

“Quando questi pazienti si aggravano e non è più possibile gestirli qui, sono trasferiti in altro reparto. In quanto a me, sto vivendo un’esperienza sempre più arricchente. Solo lavorando a lungo con queste persone si riesce a comprendere sempre meglio la complessità delle situazioni e quanto sia grande il bagaglio di esperienze e di emozioni che ciascuno porta con sé, nonostante la malattia proceda nella sua devastazione”.