Speciale autismo: “Mi basta un ciao o uno dei loro sorrisi”

La testimonianza: Lia Colonnello volontaria all’Officina

 

 

Inserire persone con disabilità nel mondo del lavoro non è in genere molto agevole purtroppo. Inserire persone con autismo è ancor più complicato. Non si tratta infatti di superare solo delle barriere architettoniche, ma di trovare soluzione a situazioni più ampie che coinvolgono soprattutto l’aspetto relazionale e comunicativo.

Gli ambienti lavorativi per vari motivi rischiano di essere poco tollerati dalle persone con autismo. Si possono trovare accorgimenti pratici che rendono l’ambiente fisico più adatto. Ma non si può prescindere da una costante collaborazione di tutti i soggetti coinvolti.

Se ad esempio consentire l’uso di cuffie anche laddove non sarebbe necessario può aiutare la persona con autismo ad avere meno sollecitazioni e quindi distrazioni, più difficile è eliminare quelle normali dinamiche che in un ambiente lavorativo si creano: battute, espressioni del volto, occhiatine, sguardi… Gesti normali ma che rischiano di destabilizzare una persona con autismo che può non codificare correttamente quel gesto.

“E’ necessario – spiega Emanuela Sedran della Fondazione Bambini e Autismo – formare adeguatamente il personale, i potenziali colleghi di lavoro. Non basta adeguare il luogo fisico”.

Casi di inserimento in aziende private sono molto rari. Quando capita sono, in genere, situazioni particolari, in cui vi è una sensibilità speciale dei titolari, che magari direttamente o indirettamente conoscono la problematica, altrimenti le opportunità sono spesso limitate alle persone ad alto funzionamento.

Nonostante tutto la Fondazione Bambini e Autismo non demorde ed ha attivato in questi anni l’Officina dell’Arte. Si tratta di un centro diurno con laboratori di vario tipo in cui le persone sono impegnate nella realizzazione di lavori artigianali artistici che possono poi essere rivenduti, come ad esempio i manufatti in mosaico.

“Per alcuni dei nostri utenti, l’Officina è probabilmente il posto di lavoro più congeniale – spiega Sedran -, per altri costituisce invece una palestra, una sorta di avviamento ad altri possibili ambienti lavorativi. É strutturata come un vero e proprio posto di lavoro. I nostri utenti, in base alle possibilità, timbrano il cartellino, seguono il mansionario, sono educati a rispettare procedure e tempi. L’abbiamo voluta distinta da Villa le Rogge, il nostro centro residenziale. E’ giusto distinguere l’ambiente casa dove si mangia, si dorme, ci si rilassa, dall’ambiente lavorativo”.

Oggi l’Officina dell’Arte si propone all’esterno. Quanto realizzato viene venduto in negozio. “In futuro ci piacerebbe inserirci in un più ampio settore di mercato data l’unicità dei nostri prodotti artistici – conclude Sedran -, ma al momento non è semplice. In futuro vedremo, noi non demordiamo”.