Servono sacrifici

L’autunno è la stagione generosa del raccolto ma nel nostro bel paese si annunciano tempi magri che impongono un giro di vite al risparmio. Giovedì 3 ottobre lo ha annunciato il ministro all’economia Giancarlo Giorgetti che, con sobria pacatezza, presentando il Piano strutturale di bilancio, ha dichiarato: "Servono sacrifici". I dati Istat, resi noti il giorno dopo, hanno ulteriormente incupito il quadro economico nazionale: ribasso della stima del Pil al 30 giugno allo 0,4 per cento rispetto a quella dello 0,6 per cento annunciata un mese fa.

L’autunno è la stagione generosa del raccolto ma nel nostro bel paese si annunciano tempi magri che impongono un giro di vite al risparmio. Giovedì 3 ottobre lo ha annunciato il ministro all’economia Giancarlo Giorgetti che, con sobria pacatezza, presentando il Piano strutturale di bilancio, ha dichiarato: “Servono sacrifici”. I dati Istat, resi noti il giorno dopo, hanno ulteriormente incupito il quadro economico nazionale: ribasso della stima del Pil al 30 giugno allo 0,4 per cento rispetto a quella dello 0,6 per cento annunciata un mese fa.

Inutile calcare la mano su una situazione seria; anzi, lo sforzo del governo è stato semmai quello di trovare parole tranquillizzanti, all’insegna del non ci saranno nuove tasse, non per i cittadini almeno. Ma si sa: nessuno crea dal nulla e le risorse che mancano da qualche parte si devono andare a prendere, tanto che sono stati stimati due miliardi di tagli. Usando la metafora dei vasi comunicanti: o si immette nuovo liquido nel sistema, o quel che c’è deve trasmigrare da un posto all’altro, andando a tamponare una situazione carente. E’ la classica coperta corta: qualcuno si troverà coi piedi freddi.

A detta del ministro sacrifici saranno richiesti ad imprese, pubblica amministrazione, regioni, province, comuni. Altre risorse saranno cercate nei settori farmaceutico, energetico, reti di trasporto, autostrade, aereoporti. Altre ancora si reperiranno da quel filone di aiuti economici – di cui beneficiano singoli e famiglie, ma al momento l’operazione sembra limitata alle imprese – che sono detrazioni, oneri deducibili, ammortamenti. Il sotteso è: se non deduco, il totale cresce e si amplia la base imponibile per le tasse.

Si andrà a bussare alle porte di chi, nella congiuntura non facile, ha guadagnato di più (extraprofitti) come assicurazioni e settore energia. E’ stata pure annunciata una digital tax del 3% diretta ai giganti del web sui profitti realizzati nel nostro paese.

Resta sospesa la questione delle accise: si è usato il termine “allineamento” tra diesel e benzina, il che significa che una salirà per raggiungere ed equipararsi all’altra. Non una misura indifferente per le famiglie italiane, tanto che l’Unem (Unione Energie per la Mobilità) ha stimato che, in caso di equiparazione, ciascuna sborserebbe un plus di 70 euro l’anno.

L’opposizione alza la voce, i sindacati parlano di sciopero generale. Pur restando vero che le linee guida del Piano aspettano il passaggio in Parlamento per trovare l’assetto definitivo, una cosa è certa: parole rassicuranti o meno, indirettamente se non direttamente, in un modo o nell’altro la manovra la sentiremo tutti.

La trasparenza di presentare la severità della manovra come figlia di una situazione difficile è apprezzabile, lo è meno il fatto che il paese cresca meno del previsto, come ha dimostrato la dimezzata crescita del Pil (stimata a +1 per cento, ferma a +0,4 per cento) e che il quadro dell’Istat riveli come, dopo tre anni di Pil in crescita (2021-22-23), si vada adesso a marcia indietro.

Ora non è dunque tempo di slogan su tasse bellissime (Padoa-Schioppa) o bruttissime (Meloni). Ora si tratta, per la politica, di far andare avanti il paese senza tagliare risorse a servizi già in affanno e di fare scelte eque; per i cittadini di sostenere responsabilmente il paese in cui vivono.