L’Europa della speranza

Rieletta presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. Straordinariamente elevata la sua idea d’Europa, antica per saldezza di valori e attuale perché ancora molto da attuare: “Insieme dobbiamo batterci – ha dichiarato – per la politica della speranza, per il sogno che è l’Europa, per le promesse dei nostri padri e delle nostre madri ancora incompiuti”.

L’Europa

della speranza

Simonetta Venturin

Roberta Metsola ha fatto il bis: è di nuovo presidente del Parlamento europeo. Una votazione senza indugi e senza sofferenze, con numeri da plebiscito (562 voti su 699, il 90% delle schede valide), sostenuta compattamente, maggioranza italiana a Strasburgo compresa. Una affermazione libera da tutte le tensioni che un paio di giorni dopo hanno invece accompagnato e resa impervia la strada della rielezione a presidente della Commissione europea di Ursula von der Leyen (con 401 voti su 450).

Due gli aspetti sorprendenti nel discorso di insediamento della rieletta presidente Metsola: il suo sogno d’Europa (una vocazione: è infatti una avvocata maltese specializzata in diritto e politica europea) e le personalità che ha scelto di ricordare nello stesso.

Straordinariamente elevata la sua idea d’Europa, antica per saldezza di valori e attuale perché ancora molto da attuare: “Insieme dobbiamo batterci – ha dichiarato – per la politica della speranza, per il sogno che è l’Europa, per le promesse dei nostri padri e delle nostre madri ancora incompiuti”. E non spiacciono affatto né il pensiero alle madri d’Europa, né il suo appello al sogno primo, quello nato dai fondatori (Adenauer, De Gasperi, Schuman), fatto di unione, coesione, crescita unitaria, oggi a rischio scoloritura, offuscato dalla violenza e dalla rabbia che ha ammorbato la politica, figlia delle grandi tensioni e difficoltà del mondo ma anche di un certo populismo che istiga alla divisione, alla polarizzazione e allo scontro, al vedere nell’altro il nemico, a mettere sempre un “noi” contro un “loro”.

Nel suo discorso l’Europa è tornata invece al sogno dell’Unione, mentre da più parti della stessa, e da alcune forze più di altre, è la disgregazione che si vuole far prevalere, dimostrando in ciò la miopia di chi non vede – o la malizia di chi finge di non vedere – che senza compattezza non c’è forza cui aggrapparsi nelle difficoltò, né saldezza, né peso specifico di fronte ai colossi di un mondo in cui la Russia espande la sua sfera di influenza e prepotenza, mentre la Cina e l’India sono potenze economiche e demografiche capaci di gettare nell’ombra tante delle virtù europee.

Nel suo discorso, fatto col passo della statista, sono emerse tante figure di riferimento, molte hanno a che fare con l’Italia e di questo non possiamo che essere orgogliosi. Per riprendere il cammino da Presidente Roberta Metzola ha chiamato a guida i bravi maestri, gli esempi fulgidi di Adenauer, Mitterand, Walesa, Havel, Simone Veil, ma anche dei nostri Falcone, Borsellino e Sassoli. Di uno, Alcide De Gasperi – di cui il 19 agosto si ricorderanno i settanta anni dalla scomparsa -, ha citato una frase, risuonata come un suo personale mantra di mandato: “Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro; che l’Europa rimanga l’argomento del giorno”. Un argomento, auspicabilmente sganciato dalle polemiche strumentali e di casacca, ma alto, costruttivo, ambizioso quanto virtuoso.

Uno l’obiettivo: “Lasciare l’Europa migliore di come la abbiamo trovata”. E questo – ha tra l’altro detto – sarà impossibile se non migliorerà anche la condizione femminile, oggi che “ancora troppe donne vengono maltrattate, picchiate e uccise nella nostra Europa”. Ha quindi ricordato Giulia Pelin, Ana Vanessa, Daphne e la nostra Giulia Cecchettin, assurta a simbolo di cuore pulito di tante donne, punite per aver amato e dato fiducia ad un uomo. L’Europa migliore – ha ricordato Metsola è “per loro, per tutte quelle che non hanno potuto parlare, per tutte quelle che verranno dopo”.

Con l’entusiasmo della ripartenza, auguriamoci che la storia abbia motivi per dipingere queste due donne presidenti come due madri rifondatrici dell’Europa, del suo valore, del suo onore: in un mondo di guerra, di prevaricazioni, di cambiamenti climatici che squassano gli equilibri del pianeta, ne abbiamo quanto mai bisogno.