L'Editoriale
Incontri necessari ma la pace è lontana
Alla fine di una settimana cruciale, in cui i grandi del mondo hanno potuto parlarsi direttamente guardandosi negli occhi, si può al fine dire che gli incontri sono stati positivi ma non risolutivi: la guerra continua
Prima il G7 in Puglia poi la conferenza a Lucerna: i grandi della terra si incontrano e discutono. Tanti i temi: economia, migranti, piano per l’Africa, intelligenza artificiale e ovviamente il conflitto Russia-Ucraina. Il convitato di pietra è stato Putin, fisicamente assente da entrambi i vertici, eppure presente nelle mosse di alcuni paesi. Ma dopo giorni di parole e decisioni l’unica cosa certa è che alla colomba della pace non è stato dato il via libera per librarsi in volo, bloccata dai lacci delle non trattabili richieste dell’una come dell’altra parte.
Dal G7 è uscito un accordo per sostenere Kiev “per tutto il tempo necessario”, mentre si è condannata l’aggressione intrapresa dalla Russia e si è parlato del risarcimento della stessa all’Ucraina per i danni causati dalla guerra. Nel confermare l’aiuto si è pure trovato l’accordo sul prestito di 50 miliardi provenienti dagli interessi sugli asset russi (ricavati dai beni sequestrati). Presa di posizione non gradita da Putin che ha rilanciato le sue richieste: riconoscimento di tutti i territori occupati (Crimea, regioni di Kherson e Zaporizhzhia), rinuncia dell’Ucraina ad entrare nella Nato, denazificazione, denuclearizzazione e limitazioni agli armamenti della stessa, dimostrandosi saldo ai propositi dei primi colloqui in Turchia del 2022. Inoltre, lo stesso ha definito un furto la destinazione pro Kiev degli interessi dei beni russi sequestrati, decisione commentata con l’ennesima minaccia: “Questo non rimarrà impunito”. I leader del G7 hanno anche lanciato un monito alla Cina, legata alla Russia da “un’amicizia senza limiti”, affinché cessi il suo sostegno militare e commerciale, pena ritorsioni di questa parte di mondo ai suoi prodotti.
Chiuso venerdì 14 giugno il G7, il 15 e 16 giugno si è tenuta a Lucerna (Svizzera) la Conferenza di Pace voluta da Zelensky. Si è trattato in una due giorni di incontri del premier ucraino con oltre novanta paesi. Il suo obiettivo era ottenere l’appoggio alla resistenza del suo paese che, da mesi, conosce stalli e difficoltà; per il governo svizzero invece la conferenza mirava a discutere le modalità per raggiungere una “pace completa, giusta e duratura per l’Ucraina, basata sul diritto internazionale e sulla Carta delle Nazioni Unite”.
Il traguardo raggiunto: la firma di ottanta paesi di un documento contenente i punti fermi irrinunciabili per l’Ucraina: integrità territoriale, Kiev zona franca, isolamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia dai combattimenti, impegno per la sicurezza alimentare (l’export del grano dal Mar Nero), restituzione di prigionieri e bambini ucraini sottratti dai russi. Ma è anche vero che dodici paesi non lo hanno sottoscritto e si tratta di paesi strategici come l’India, l’Arabia Saudita, l’Indonesia, il Messico, la Libia, il Sud Africa; paesi che hanno a che fare con la Russia. Siamo dunque ad una sorta di estensione di quel braccio di ferro che prima riguardava i due contendenti (Russia-Ucraina) e ora si estende a una larga fetta del pianeta.
Forte dei punti fermi riconosciuti, Zelensky ha rilanciato una seconda conferenza da tenersi fra un paio di mesi: al momento, oltre alle operazioni di guerra pure quelle di pace si dimostrano dunque in stallo, poiché nessuno dei contendenti – Russia-Ucraina, peraltro non diversamente di quello che succede tra Israele ed Hamas – si dimostra intenzionato a fermarsi. Tutti distanti dalla dichiarazione di papa Francesco che, invitato al G7 (fatto di assoluta novità), ha ammonito: “Una pace negoziata è meglio di una guerra senza fine”. Un concetto già precedentemente espresso, foriero di polemiche e incomprensioni anche con lo stesso Zelensky che al G7, in un colloquio privato, ha ringraziato il papa per quanto la Santa sede va facendo per il rilascio degli ostaggi e dei bambini portati via dai russi (ne sono stati restituiti 388 ma sarebbero diverse migliaia).
Alla fine di una settimana cruciale, in cui i grandi del mondo hanno potuto parlarsi direttamente guardandosi negli occhi, si può al fine dire che gli incontri sono stati positivi ma non risolutivi: mentre i grandi si riuniscono i piccoli continuano a soffrire e a morire. E la colomba della pace resta in gabbia.