27 maggio: un sabato tre volte atteso

Un museo, le opere di un sacerdote e cardinale artista e missionario e le pagine di cento anni del settimanale diocesano "Il Popolo": sono vie diverse ma complementari e convergenti: dicono al mondo la bellezza di una vita impegnata nel vero, nel bello, nell’utile, quando vero bello e utile non sono finalizzati alla costruzione egoistica ed egocentrica di un “Io” ma piuttosto a quella di un “Noi” solidale e fraterno (bene comune).

Sabato 27 è tre volte atteso. Innanzitutto il museo diocesano di arte sacra riapre al pubblico dopo il fermo dovuto ai lavori di ampliamento e di messa in sicurezza contro le possibili esondazioni del vicino Noncello, scenario indesiderato di cui è recente specchio la tragica alluvione in Emilia Romagna, ai cui abitanti va tutta la solidarietà, legati come siamo da un affetto e un senso di vicinanza rese ancor più salde da che la diocesi di Forlì Bertinoro è guidata dal nostro don Livio Corazza.

L’esultanza ovviamente non è per l’opera muraria in sé quanto per le molteplici possibilità che la stessa offre in termini di apertura alla città e al territorio nell’ottica dell’annuncio. Il museo, come ha ricordato il nostro Vescovo Giuseppe Pellegrini, non è fatto solo per conservare il passato ma anche per consentire nuove occasioni di incontro e dialogo. L’arte è sempre stata un canale comunicativo privilegiato per il cristianesimo (si pensi alla funzione degli affreschi nelle chiese come Bibbia dei poveri) e una testimonianza di fede che, trasportata dalla bellezza di cui sono capaci maestri e artisti, giunge con facilità agli occhi e al cuore. Lo aveva riconosciuto ufficialmente Paolo VI in uno storico incontro con gli artisti (7 maggio 1964): “La Chiesa, se vuol essere fedele al suo compito, [degli artisti] non può fare a meno”.

Dentro al rinnovato Museo ci sono due novità che invitiamo tutti, a partire dai nostri lettori, a venire a scoprire: una è una mostra permanente, l’altra è uno spazio riservato a mostre temporanee.

Protagonista della prima novità è lo spazio dedicato al cardinale Celso Costantini, primo Nunzio apostolico in Cina, di cui il nostro mons. Bruno Fabio Pighin – che ne ha curato l’esposizione – è sommo conoscitore. Per certo, dentro al museo di arte sacra le opere del nostro cardinale si troveranno due volte a casa: non solo perché è la sua diocesi d’origine che le ospita ma anche perché all’arte sacra Celso Costantini, da sacerdote e da cardinale, ha riservato un impegno lungo tutta la vita. Appassionato d’arte, e artista egli stesso, seppe trovare nell’arte un valido strumento e un canale efficace di comunicazione per trasmettere la fede in estremo oriente a contatto con popolazioni culturalmente tanto lontane. L’arte è infatti via e voce per l’annuncio. Non va però scordato che, prima di quell’esperienza, si era già adoperato per educare lo stesso clero nazionale all’arte e all’arte sacra in particolare: si devono a lui un manuale ad uso dei seminari, la fondazione della rivista “Arte Sacra” e una serie di pubblicazioni a tema. Una vera missione nella missione, portata avanti fino a che vita glielo permise, tanto che il suo ultimo libro si intitolò “In difesa dell’arte cristiana”.

Protagonista della seconda novità è questo settimanale che con la mostra “Il Popolo 1922-2022. Cento anni a onor di cronaca” in sessanta tavole e cento pagine – scelte tra quasi cinquemila numeri usciti – dà testimonianza di come ha raccontato la storia universale e locale dell’ultimo secolo: dalla seconda guerra mondiale al Vajont, dall’alluvione del ’66 al terremoto del ’76, dall’anno dei tre papi (’78) alla nuova provincia e al nuovo nome della Diocesi. E’ questo anche un modo per rendere merito al lavoro dei tanti collaboratori che, dal 1922 ad oggi, hanno faticato e faticano per cercare notizie e scriverle, mettendosi al servizio dell’informazione nell’ampio territorio che va da Andreis a Bibione. Un ruolo che “Il Popolo” ha svolto come giornale e come giornale diocesano, impegnato lungo il doppio binario della cronaca – che in cento anni si è fatta storia con la esse maiuscola – e della storia della chiesa che è universale per vocazione (Papi), ma anche diocesana (vescovi e sacerdoti, quindi parrocchie, asili, associazioni e tante altre realtà).

Non diversamente da missionari e artisti, anche i giornalisti e i collaboratori dei media cattolici contribuiscono alla causa dell’annuncio: la comunicazione è una missione. Come scriveva Giovanni Paolo II, nelle nuove piazze mediatiche, nel “nuovo areopago” così tanto oggi plasmato dai media dobbiamo essere consapevoli che “l’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso” (Redemptoris missio, 37).

Sono vie diverse ma complementari e convergenti: dicono al mondo la bellezza di una vita impegnata nel vero, nel bello, nell’utile, quando vero bello e utile non sono finalizzati alla costruzione egoistica ed egocentrica di un “Io” ma piuttosto a quella di un “Noi” solidale e fraterno (bene comune). Il bello e il vero sono quanto mai necessari, argini robusti contro il falso, il nulla e la disperazione del non senso, testimoni di un fine ultimo e superiore a cui è bello sentirsi chiamati e, a nostra volta, chiamare. Restano un faro le parole usate da Paolo VI in chiusura del Concilio Vaticano II: “Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di Bellezza per non sprofondare nella disperazione. La Bellezza, come la Verità, è ciò che infonde gioia nel cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”. Bellezza e testimonianza del Vero sono l’augurio che rivolgiamo al nuovo museo diocesano come a “Il Popolo”: nel nome del bello e del vero continuino il loro cammino verso il futuro, testimoni di un senso Altro che, trascendendo piccolezza e caducità, risplenda a riflesso di un ben più grande Sole.