L'Editoriale
Alzata di scudi contro lo scudo
Profuma di cortocircuito un’alzata di scudi contro quello scudo invisibile che è il vaccino. Come lo scudo degli antichi romani non impedisce di essere colpiti, ma può intercettare e smorzare i colpi.
Quando un nuovo anno si apre è di solito ricco di prospettive e progetti. Questo 2022 comincia invece gravato da ombre, lanciate e lasciate da una pandemia che ci logora, smorza impegno e grinta necessari per vincerla insieme. Lo fa nella misura in cui si affievoliscono le speranze di scrivere la parola fine al Covid 19. Probabilmente non avverrà, ma questo non significa non potere uscirne. Significa, piuttosto, trovare una soluzione, una via, sia pure diversa da come la si era ipotizzata: chi non ha sognato un Covid modello Spagnola, capace ad un certo punto di fare la grazia di sparire? Gli esperti dicono che non sarà così e intanto si moltiplicano le varianti.Il 2022 ci accompagna nel terzo anno di pandemia. Nessun Semola arriverà ad estrarre, come per magia, la spada dalla roccia e a risolvere così tutti i problemi, eppure non siamo senza scudo degno di questo nome e capace della sua funzione.Se lo scudo è, per definizione, un’arma di difesa che, impugnata dalla mano sinistra e fissata al braccio, protegge testa e corpo dalle armi offensive del nemico allora possiamo immaginare che il vaccino – di solito inoculato a sinistra – sia un’evoluzione invisibile dello scudo di un tempo. Non impedisce di essere colpiti, ma può intercettare e smorzare i colpi. Se oggi è in uso da popoli lontani e, qui, dalle forze dell’ordine contro le cariche dei manifestanti, nel passato – per ricordare una pagina di storia che ci appartiene – era proprio di una parte dell’esercito romano.Gli hastati, i giovani della prima linea, che attaccavano il nemico lanciando lance e giavellotti ne avevano uno molto grande (clipeo) per coprire un’ampia porzione del corpo. Ne avevano uno, più piccolo e rotondo, anche i legionari già esperti e valorosi, i principes della seconda schiera. Se i giovani non riuscivano a mettere in fuga il nemico, retrocedevano mettendo in atto il piano B della difesa: si inserivano tra le fila dei principes e, insieme, tornavano all’attacco.C’era pure una terza schiera, formata da uomini senza esperienza e pure senza scudo: se anche la formazione di hastati e principes falliva come extrema ratio, tutto l’esercito di ricombinava, inglobando anche la sola forza fisica delle terze schiere. Ma non era un buon segno ritrovarsi a tentare di vincere la battaglia con il peso dei numeri e non della tattica.Fuori di metafora: a che punto siamo nella battaglia contro il virus? Abbiamo scudi? E quali e per chi?Come ben sappiamo la battaglia è in pieno corso ma, da un anno a questa parte, non siamo senza protezioni. Oggi quasi il 90% degli italiani-legionari si è vaccinato, dotandosi ciascuno di un proprio scudo difensivo. Altri cinque milioni e mezzo ne restano sprovvisti: non perché mandati a costituire la terza schiera ma per volontà personale, ritenendo lo scudo non necessario o non all’altezza della situazione o non affidabile se non pericoloso.La befana ha portato al paese le decisioni del governo, intervenuto nuovamente nelle misure anti Covid di fronte all’impennata dei contagi (sfiorati i 200 mila casi il 5 gennaio, ancora oltre 155 mila il 9) e delle morti (oltre mille nell’ultima settimana di dicembre, 137 il solo 9 gennaio). Sulle nuove regole primeggia l’obbligo vaccinale per gli over 50. Un obbligo timido, secondo sindacati e confindustria che lo invocano per tutti i lavoratori fin da settembre scorso; timido anche secondo una parte degli scienziati e per niente timido, anzi intimidatorio e costrittivo delle libertà, secondo coloro che hanno scelto di non vaccinarsi e non intendono ancora farlo.Il governo guidato da Draghi ci è arrivato, non senza frizioni, per “preservare il buon funzionamento delle strutture ospedaliere, mantenere aperte le scuole e le attività economiche”. Ma la politica ha sempre letture e contro letture a seconda della prospettiva da cui si guarda. C’è da chiedersi: una pandemia come si affronta? Da una prospettiva personale o disegnando una reazione nazionale condivisa che risponda all’azione, mutevole e imprevista, del virus? E deve pesare di più il rispetto delle libertà o la responsabilità di guidare un intero paese nella tempesta pandemica?Ciascuno risponda, consapevoli tutti che ci sono casi in cui l’opinione personale è superata dall’urgenza della contingenza: un’emergenza pandemica in continua evoluzione e in pieno aggravamento lo è. Lo sono anche i beni chiamati in causa: continuare a garantire il diritto – per tutti – di essere curati e il diritto – per tutti – di accedere all’istruzione. Diritti minati dalla crescita vertiginosa dei contagi che riduce le cure ai malati non Covid e rischia di chiudere le scuole. Da qui l’obbligo imposto dal 15 febbraio, sia pure limitatamente agli over cinquanta.Quanto ai contrari: profuma di cortocircuito un’alzata di scudi contro uno scudo. E a chi obietta che “siamo gli unici in Europa” a intraprendere provvedimenti di tal fatta piace ricordare quanto con ammirazione scriveva riguardo l’ascesa di Roma il greco Polibio che, parlando dei soldati Romani sottolineò che, quando venivano a conoscenza di armi efficaci, subito le facevano proprie “perché più di qualsiasi altro popolo sono capaci di cambiare abitudini e puntare al meglio”. Ave.