L'Editoriale
Una lunga paziente attesa
La soluzione non è vicina. I ocntagi salgono oltre il record che si credeva cinese. L'Italia si cura se si chiude. Non resta che mantenere calma e corretto comportamento dato che, come diceva Goethe, il traguardo si raggiunge senza fretta e senza sosta.
Breve. La si immagina sempre tale la guerra quando inizia. Lo devono aver pensato ogni volta gli uomini, in quel punto della mente dove realtà e desiderio si incontrano. Invece, raramente è andata così.
Lo stesso capita oggi di fronte a un nemico invisibile come un virus che, attraverso gli uomini, si è propagato veloce in quasi ogni parte del mondo. Un nemico vero: che miete vittime, fa feriti gravi e intimorisce ciascuno, per se stesso, per chi vive accanto, per i più fragili o per chi è costretto ad uscire per lavorare.
Se è vero che, sempre e più che mai oggi, la ragione deve avere la meglio su paure e istinti, allora ci aiuta ricordare in ogni istante che la prima difesa è isolarsi dagli altri. Lo hanno detto gli esperti del nostro paese, lo ha confermato l’esempio cinese. La guerra si vince rimanendo in casa.
Non è una ragione che nasce dal nulla: fiorisce dal sapere di qualcuno che a studiare i virus ha dedicato e sta dedicando la vita. Quegli inascoltati esperti che, fino a non molto fa, alcuni eroi da tastiera hanno criticato gonfi di web saccenza, guidati dal motto “no vax”.
Ora come mai prima – e anche questo è indice della eccezionalità di quanto stiamo vivendo – medici e specialisti dominano i palinsesti per spiegare, sia pur con panoramiche a pericolosità variabile, gli scenari che si prospettano. Non sarà una guerra lampo.
Se diamo ascolto a quell’esercito in camice e mascherina che sta lottando accanto a chi soffre, al racconto che fanno delle lunghe e angosciose ore a cui sono chiamati per salvare le vite colpite, sappiamo che la lotta è in corso. Purtroppo, lo diciamo mantenendo la metafora, sappiamo anche che l’esercito è sfinito e scarso di uomini e mezzi.
Possiamo aiutarci e aiutarli continuando a mantenere quanto ci è stato chiesto, giorno dopo giorno, per parecchio tempo ancora. Sarà lunga l’attesa e dovrà essere paziente, rispetto a chi lavora in ospedale a noi tocca la parte più semplice ma altrettanto significativa: non diventiamo, né procuriamo, nuovi casi.
Cinque anni fa, quando imperversava Ebola, altro terribile e non debellato virus, ad un convegno di intelligenze Bill Gates, il fondatore di Microsoft, aveva dato l’allarme: “Un virus potrebbe uccidere più di una guerra. E noi non siamo pronti”. Denunciava il fatto che il mondo si fosse attrezzato più contro il nucleare che contro i virus. Siamo ancora quelli con la clava.
Le recenti cronache hanno raccontato come solo fino alla settimana scorsa incredulità e faciloneria hanno avuto la meglio anche tra chi, governando, ha il potere di disegnare il destino del proprio paese. Quanto all’Italia, pur con qualche falsa partenza e non senza qualche assurdo tentativo di sminuire la drammatica potenza di quanto ci stava investendo, si può almeno dire che non è andata così. Ci stiamo difendendo sul serio, veniamo presi ad esempio.
Non resta che mantenere calma e corretto comportamento dato che, come diceva Goethe, il traguardo si raggiunge senza fretta e senza sosta.
Continuiamo allora su quella strada lunga ma virtuosa che abbiamo intrapreso. In questa lotta ciascuno è in prima linea: deve difendere se stesso e gli altri.
Lo scontro è epocale: finirà nei libri di storia e, speriamo, anche in quelli di medicina per i risultati che tutti ci auguriamo verranno, grazie ad un rimedio ancora sconosciuto.