Tra accoglienza e convenienza

Se non può il cuore forse potrà il portafoglio. La campagna "Ero straniero", partita da un composito gruppo milanese e arrivata a Roma oltre due anni fa, forte di 90mila firme raccolte e con la veste di proposta di legge di iniziativa popolare, nei giorni scorsi ha visto il suo obiettivo calarsi nella sfera del possibile: il ministro dell'Interno, Lamorgese, ha dichiarato l'intenzione del governo di varare un piano straordinario per regolarizzare 400mila migranti.

Se non può il cuore forse potrà il portafoglio. E per i sostenitori, il motivo del sì potrebbe anche essere irrilevante, purché sia. La campagna “Ero straniero”, partita da un composito gruppo milanese e arrivata a Roma oltre due anni fa, forte di 90mila firme raccolte e con la veste di proposta di legge di iniziativa popolare, nei giorni scorsi ha visto il suo obiettivo calarsi nella sfera del possibile, quando il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha dichiarato l’intenzione del governo di varare un apposito provvedimento.

La questione riguarda la regolarizzazione dei migranti già in Italia. La campagna “Ero straniero” ha avuto tra gli ideatori Don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano, amico del cardinal Martini dal quale dice di aver imparato la visione di una Chiesa che sta ed opera dentro la società in cui vive. Un sacerdote pluripremiato: dall’Ambrogino d’oro (Milano 2017) al premio Cittadino europeo (Bruxelles 2018). Uno che si è fatto granello di senape: la pianta seminata all’ombra della Madonnina è arrivata a Roma il 27 ottobre 2017, quando è stata presentata alla Camera come proposta di legge. Tanti e diversi i sostenitori: Fondazione Migrantes, Caritas Italia, Altromercato, Federazione Chiese Evangeliche Italiane, Emergency, Cgil, Radicali e varie associazioni. Obiettivi: ridiscussione del sistema di accoglienza, riapertura di canali legali e sicuri di ingresso per lavoro, regolarizzazione su base individuale degli stranieri già presenti e radicati nel paese, misure per l’inclusione sociale e lavorativa, abolizione del reato di clandestinità, voto amministrativo.

Di tempo ne è passato e molte cose sono accadute nel nostro paese sul fronte migranti, dagli sbarchi ai decreti sicurezza. Ma l’argomento non è certo archiviato, anzi. Se ne parla ancora per la questione dei porti chiusi e le navi bloccate; se ne parla per i fotosegnalatori predisposti lungo la nostra frontiera friulana al fine di monitorare – come si fa per i cinghiali – ingressi non autorizzati di persone; se ne parla nei comizi delle regioni al voto questa domenica.

Ma tutto questo escogitare barriere per fermare chi tenti di entrare nel nostro paese del bengodi (che in dieci anni ha visto la fuga di 500mila lavoratori, di cui la metà giovani), non esaurisce una questione tanto complessa.

Si parla sempre di fermare. E per chi già c’è? C’è chi lavora in nero sognando una stabilità che consenta di richiamare il resto della famiglia. Chi, per gli effetti del decreto sicurezza, ha perso la protezione umanitaria e si è trovato irregolare e più precario di prima. Ci sono donne che ti fermano agli angoli della strada – è successo a Pordenone – implorando qualche ora di lavoro per le pulizie o per badare a un nonno, perché in casa fa più freddo che fuori e mettono a dormire i bambini col giubbotto.

Ci sono tante vite che i polveroni delle ideologie impediscono di vedere e di ascoltare perché, seminando rabbia e paura, istigano a tirar dritto, ad evitare il contatto minimo di qualche minuto d’ascolto. L’Ipsos lo ha confermato: non solo in Ue ma anche nell’Ocse sul tema migranti i cittadini hanno ormai una percezione molto diversa dalla realtà.

Certo, la ragione sa che è impensabile un’accoglienza illimitata. Ma questo è un fronte su cui ci si è già politicamente e concretamente impegnati.

La proposta nata da don Colmegna, che potrebbe interessare 500mila persone, guarda a chi c’è già, a chi in qualche modo e per brevi periodi lavora. Mira a regolarizzare vite e documenti, piuttosto che a spingere persone in un limbo che non porta loro né dignità né legalità. E quindi neanche sicurezza al paese che le accoglie.

Uno studio del Il Sole 24 ore ha sostenuto che dalla regolarizzazione di 400mila persone lo Stato ricaverebbe un miliardo di euro di entrate fiscali. Persone che ora non vengono regolarizzate perché – è un circolo vizioso – non hanno i documenti in regola (articolo del 12 novembre 2019).

I primi segnali di interesse da parte del governo a un simile discorso sono venuti il 23 dicembre, in sede di discussione della legge di bilancio. La novità dei giorni scorsi è che il Viminale sta davvero valutando di regolarizzare 400mila irregolari stranieri, per la metà colf e badanti.

Il ministro Lamorgese lo ha confermato: è allo studio un piano straordinario che, a fronte di un contratto di lavoro, ottenga la concessione di un permesso di soggiorno. Qualcosa si muove: per i 400mila e per il paese.