L'Editoriale
Dagli Airbus al parmigiano
Trump ha emanato la lista dei prodotti sui quali graveranno i dazi americani, risarcimento per una questione legata agli Airbus: è un lungo elenco di paesi e di alimenti. C’è anche l’Italia e, del nostro paese, colpisce i figli più buoni, come il Parmigiano. Ma perché multare anche i prodotti italiani? Che c’entra il Parmigiano con gli Airbus?
Trump ha emanato la lista dei prodotti sui quali graveranno i dazi americani: un lungo elenco di paesi, di alimenti e dell’Iva con cui li tasserà. C’è anche l’Italia e, del nostro paese, colpisce i figli più buoni ed esportati: dal Parmigiano al pecorino, dagli insaccati di maiale tra cui l’italianissima mortadella alle pesche (escluse solo le nettarine: chissà perché), dai succhi ai liquori. Insomma, un ricco carnet di leccornie made in Italy.
Che Trump avesse sempre tuonato “American first” (prima l’America) lo si è saputo fin dalla campagna elettorale che lo ha visto vincere le presidenziali Usa nel novembre di quasi tre anni fa. Che la guerra dei dazi l’avesse già iniziata con la Cina (vedi il gigante telefonico Huawei) è noto. Adesso è arrivato a una larga fetta di prodotti europei. Ma qui il suo slogan pesa fino ad un certo punto. La questione dei dazi è infatti la risposta americana ad un contenzioso di tutt’altro genere, che col parmigiano centra come i cavoli a merenda.
Il nocciolo della questione sono gli Airbus e una disputa tra Ue e Usa che riguarda gli aiuti di Stato all’aviazione civile. Nel corso degli anni Stati Uniti ed Unione Europea hanno infatti sostenuto con fondi pubblici i propri costruttori di aerei (Boeing per gli Usa e Airbus per Ue). Ma ad un certo punto entrambe le potenze si sono rivolte all’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization, Wto) chiedendo di essere risarcite, poiché gli aiuti dati dai rivali hanno alterato il mercato del settore. E come ha riposto la Wto? Dando ragione ad entrambi.
Una differenza però c’è: gli Usa hanno fatto causa per primi e hanno già ottenuto la risposta (l’Ue dovrà aspettare l’anno prossimo). E la riposta della Wto consiste nel via libera ai dazi sui prodotti europei per circa 7,5 miliardi di dollari. La data in cui dovrebbero scattare è vicina: il 18 ottobre.
Questi dazi, che per noi sono punitivi, per gli Usa altro dunque non sono che il concesso risarcimento, motivato dallo scorretto sostegno da parte dell’Ue alla società europea Airbus (A380 e A350).
Ma è qui che si apre il caso Italia, tema dell’incontro del ministro degli esteri Luigi Di Maio con il segretario di Stato degli Usa Mike Pompeo il 2 ottobre scorso. C’è un dettaglio determinante: Airbus è sì un consorzio europeo sostenuto all’Unione ma è nato da Francia e Germania, partner ai quali si sono aggiunti Spagna e Regno Unito.
Se l’Italia non ne fa parte, perché multare coi dazi del 25% anche i prodotti italiani? Che c’entra il Parmigiano con gli Airbus? Ora è vero che, rispetto alla prima lista nera, sono stati graziati olio e vino (che invece verranno colpiti da dazi rispettivamente per Spagna e Francia), ma la questione resta due volte seria.
Innanzitutto, per i prodotti e le aziende agroalimentari italiane che di export vivono. Si pensi, ad esempio, che nei soli primi sei mesi del 2019 sono state esportate oltre 46 mila tonnellate di Grana padano e Parmigiano reggiano, per un valore di 512,8 milioni di euro. Il 15,5% di queste erano destinate agli Usa.
Oltre al danno immediato, c’è un’altra ingiusta contropartita: fatti fuori gli originali, resta campo libero ai falsi che dai pelati ai formaggi ci colpiscono eccome. La Coldiretti lo ha ricordato: il Parmigiano reggiano, col nome Parmesan, è il prodotto più imitato al mondo. E poco conta che per noi resti inimitabile.