Se la consegna è un optional

Disservizi postali: questi mesi estivi stanno registrando l'apice. Voi, pazienti e preziosi lettori, lo sapete meglio di noi. Voi che siete le nostre fonti e ci segnalate ad ogni uscita del giornale ritardi, mancate consegne col ritmo di una al giorno. Ma siete vitali per noi, per questo vi chiediamo di sostenerci e di continuare insieme questa impari ma giusta, doverosa e onesta battaglia.

Evidentemente è così, oppure non si spiega. Non c’è azienda che non sia chiamata a rispondere di accordi presi come non c’è lavoratore pagato per svolgere, al meglio, il proprio lavoro. I contratti si rispettano o li fa rispettare la legge. Per questo proprio non si piega questa sorta di indennità di responsabilità che Poste italiane sembra avere. E due volte.

La prima nei confronti dei cittadini che stanno ricevendo la posta senza più una regola temporale. Non era piaciuta la distribuzione della posta a giorni alterni, che ha costretto Il Popolo ad andare in stampa un giorno in anticipo (martedì e non mercoledì). Ma, al di là del piacere, il fatto è che spesso non funziona. Ce lo dicono le segnalazioni dei lettori alla redazione, lo confermano i titoli della stampa locale: una debacle denunciata anche da alcuni sindaci.

L’estate e le ferie dei postini ci hanno messo il carico: la consegna a giorni alterni si è fatta a settimane alterne. Risultato: raccomandate mai ricevute, bollette già scadute, posta ordinaria che arriva quando arriva, giornali recapitati a caso. Così gli abbonati ci hanno detto: Il Popolo portato ogni quindici giorni (due e non quattro volte al mese), i quotidiani a blocchi di cinque (una volta la settimana e non una al giorno). E’ accaduto pure al Centro diocesano.

La domanda è una sola: dove sta il servizio prestato a fronte del servizio pagato?

La seconda indennità di responsabilità che Poste italiane sembra avere è proprio nei confronti di chi paga per un servizio che non riceve nei termini stabiliti. E’ come se il patto sottoscritto tra editori e Poste non valesse per i due contraenti allo stesso modo. Sì, perché Il Popolo paga ogni settimana in anticipo il servizio di recapito, ma Poste italiane – come le vostre telefonate e mail alla redazione testimoniano – non rispetta i tempi previsti dagli accordi.

E’ una sofferenza condivisa dai settimanali diocesani del Nordest, che monitorano il persistere del disagio. Non siamo stati con le mani in mano: da oltre un anno un nostro rappresentante ha più volte incontrato i vertici di Poste italiane Nordest. Inoltre, lunedì 20 maggio, direttori e amministratori di tutte le sedici testate dei settimanali diocesani del Triveneto hanno partecipato a Mestre ad un tavolo con i medesimi vertici. Il confronto è stato aperto e schietto: la relazione dei disservizi testata per testata, l’ascolto da parte dei funzionari presenti, l’ammissione della mancanza di personale (postini), l’apertura ad accogliere l’elenco dei disagi al fine di monitorare e migliorare le criticità più cogenti. Promesse purtroppo disattese: a partire dalla mancata indicazione di un referente specifico al quale far pervenire le vostre segnalazioni.

Tutto questo ci rammarica a livello morale, come ci penalizza a livello materiale il pur motivato risentimento di alcuni lettori che, arrabbiati per i ritardi di consegna, minacciano di non rinnovare più l’abbonamento al settimanale (problema condiviso con le altre testate).

Cari lettori, gli abbonamenti sono per noi vitali. Il Popolo è nostro quanto vostro: per vivere ha bisogno del sostegno convinto di tanti. Ed è terribilmente ingiusto che a indebolire la sua quasi centenaria voce sia non un mancato gradimento ma la rabbia per l’ennesima cosa che in Italia non va. Dov’è il rispetto degli accordi? Dove la lealtà nel lavoro? Chi difende il diritto di chi paga per un servizio che viene così spesso e così diffusamente disatteso?

I mesi estivi stanno registrando l’apice del disservizio. Voi, pazienti e preziosi lettori, lo sapete meglio di noi. Voi che siete non solo le nostre fonti e la nostra verifica sul campo, ma anche le persone per cui ogni settimana progettiamo e confezioniamo Il Popolo. Per questo vi chiediamo di sostenerci e di continuare con noi questa impari ma giusta, doverosa e onesta battaglia.

E’ bene che sappiate alcune cose. In prima pagina, in alto a sinistra, il settimanale porta scritta “Giornale Locale Roc”. Questo significa che paghiamo a Poste italiane una tariffa per la consegna “J+1”, ovvero entro il giorno dopo la postalizzazione (che per Il Popolo avviene il mercoledì). Voi, pertanto, dovreste riceverlo, a seconda della zona, il giovedì o il venerdì. Non oltre.

Ma qui, cari lettori, ci prendono in giro. Sembriamo avere le armi spuntate contro un colosso che coltiva i prodotti bancari e le consegne pro Amazon più che il recapito postale. E se è vero che ogni azienda fa le sue scelte, è altrettanto vero che gli accordi si rispettano. Almeno in un Paese civile.

Invece, a fronte del nostro inalterato impegno (senza pagamento anticipato non avverrebbe la spedizione), la situazione è quella che voi lettori lamentate: un coro di ritardi da Annone, Vigonovo, San Quirino, Palse, Roveredo, Tamai, Vigonovo, Portogruaro e tante, troppe volte da Pordenone città. Il giornale arriva tra martedì e mercoledì della settimana dopo (quattro – cinque giorni in ritardo). A luglio qualcuno lo ha ricevuto due e non quattro volte. Una lettrice, esasperata, dopo due numeri non recapitati e quindici giorni d’attesa è andata a prenderselo in Posta, facendosi postina di se stessa.

Per questo, nei primi giorni di agosto questa testata ha contatto i vertici di Poste italiane Nordest. La gentilezza e la disponibilità all’ascolto ci sono state. Cosa importante: siamo finalmente riusciti a far loro pervenire l’elenco delle vostre segnalazioni dei ritardi: duecento da gennaio al primo agosto (in media 28 segnalazioni al mese, una al giorno).

Cosa succederà, se qualcosa succederà, lo scopriremo insieme a settembre. E la parola insieme è la più importante di tutto questo lungo ma doveroso resoconto.