La certezza è più forte

Suor Maria Elena Berini: la prima italiana a ricevere il Premio "Donna Coraggio" targato Usa

  iene da lontano ma ci riguarda. Il premio “Donna coraggio”, assegnato dal Dipartimento di Stato degli USA a donne che si sono distinte nel mondo, ha visto tra le premiate del 2018 una prima volta straordinaria: la presenza di una italiana. È suor Maria Elena Berini, classe 1944, originaria di Sondrio. È in Africa da oltre quarant’anni: dal 1972 al 2007 in Ciad, dal 2007 nella Repubblica Centrale Africana, città di Bocaranga. Ha vissuto la guerra tra 2013-14; tra febbraio e settembre dell’anno scorso ha subito gli attacchi rabbiosi dei ribelli “Trois R”. Il Governo centrale, per contrastarli, ha fatto sfollare in una notte la città. A fronte di scarni comunicati altrove apparsi, la rivista Missio ha riportato il suo racconto: “La notte è cupa, vado a dormire vestita, pronta a scappare. Qualche raffica di notte mi sveglia di soprassalto, il mio cuore è triste, penso alla popolazione fuggita senza cibo, acqua medicine. Un esodo di gente già duramente provata dalla vita di ogni giorno”.Sono fuggiti tutti. Ma lei ha raccontato che, strappando un passaggio in moto, è tornata nell’assedio per riprendere l’auto. Non ha nascosto lo sconforto. Entrando in cappella ha implorato: “Il cuore del Padre non sta ascoltando il grido dei poveri?”. Ma è stato un attimo, in anni di guerra, miseria, profughi che hanno cercato rifugio nella sua missione. E l’hanno ricevuto dalle sue mani piccole, solide, operose.La sua candidatura al premio è arrivata dalla neo ambasciatrice americana presso la Santa Sede, Callista Lou Gingrich, cattolica, sposata a un sostenitore di Trump, figura di luci e ombre. È grazie a lei che suor Maria Elena è volata oltreoceano. Ed è la prima volta che una italiana, per di più una religiosa, riceve questo premio, istituito nel 2007 dall’allora Segretario di Stato, Condoleeza Rice.Suor Maria Elena viene da una famiglia normalissima e povera, come le famiglie italiane del dopoguerra. È stata questa la sua palestra. A 15 anni era già al lavoro; solo a 19 poté ascoltare la chiamata che portava in cuore e si fece novizia. Diventò suora della Carità di Santa Giovanna Antida e insegnante. Ma la missione la chiamava da tempo: a 28 anni partì per l’Africa. È ancora là.La sua storia ci prende: è una di quelle vite da ricordare. Ci prende nella sua straordinarietà di coraggio e dedizione. E ci prende nell’ordinarietà non dissimile alle vite di molte nostre religiose missionarie. Un nome per tutti: suor Rita Panzarin che ha portato nel cuore della foresta equatoriale del Congo – dove le donne pigmee partorivano per terra sotto un albero – un ospedale e una scuola. E con lei ricordiamo suor Oliva da Casarsa nel terremoto di Haiti, suor Luigina Marzinotto da Cinto e suor Clara Nardo da Prata entrambe in Sudan, suor Gianvittoria Pizzuto da Porcia all’Egitto, suor Daniela e suor Vittoria Santarossa da Palse al Magadascar, suor Antonia Scaramuzza da Portogruro all’Etiopia (venia per tutti i non citati ma non dimenticati). Non è solo un elenco di nomi: sono mani che lavorano, menti che si industriano in strategie d’aiuto che sanno moltiplicarsi là dove il poco o il niente sono di casa, sono paure inascoltate e pazienti ricominciamenti. Sono le fatiche di suor Maria Elena Berini. Nessuna però, come lei ha detto ritirando il premio da Melania Trump, è stata più forte di una certezza: “Non sappiamo cosa ci riservi il futuro ma sappiamo che Dio, in silenzio, è con noi”.  iene da lontano ma ci riguarda. Il premio “Donna coraggio”, assegnato dal Dipartimento di Stato degli USA a donne che si sono distinte nel mondo, ha visto tra le premiate del 2018 una prima volta straordinaria: la presenza di una italiana. È suor Maria Elena Berini, classe 1944, originaria di Sondrio. È in Africa da oltre quarant’anni: dal 1972 al 2007 in Ciad, dal 2007 nella Repubblica Centrale Africana, città di Bocaranga. Ha vissuto la guerra tra 2013-14; tra febbraio e settembre dell’anno scorso ha subito gli attacchi rabbiosi dei ribelli “Trois R”. Il Governo centrale, per contrastarli, ha fatto sfollare in una notte la città. A fronte di scarni comunicati altrove apparsi, la rivista Missio ha riportato il suo racconto: “La notte è cupa, vado a dormire vestita, pronta a scappare. Qualche raffica di notte mi sveglia di soprassalto, il mio cuore è triste, penso alla popolazione fuggita senza cibo, acqua medicine. Un esodo di gente già duramente provata dalla vita di ogni giorno”.Sono fuggiti tutti. Ma lei ha raccontato che, strappando un passaggio in moto, è tornata nell’assedio per riprendere l’auto. Non ha nascosto lo sconforto. Entrando in cappella ha implorato: “Il cuore del Padre non sta ascoltando il grido dei poveri?”. Ma è stato un attimo, in anni di guerra, miseria, profughi che hanno cercato rifugio nella sua missione. E l’hanno ricevuto dalle sue mani piccole, solide, operose.La sua candidatura al premio è arrivata dalla neo ambasciatrice americana presso la Santa Sede, Callista Lou Gingrich, cattolica, sposata a un sostenitore di Trump, figura di luci e ombre. È grazie a lei che suor Maria Elena è volata oltreoceano. Ed è la prima volta che una italiana, per di più una religiosa, riceve questo premio, istituito nel 2007 dall’allora Segretario di Stato, Condoleeza Rice.Suor Maria Elena viene da una famiglia normalissima e povera, come le famiglie italiane del dopoguerra. È stata questa la sua palestra. A 15 anni era già al lavoro; solo a 19 poté ascoltare la chiamata che portava in cuore e si fece novizia. Diventò suora della Carità di Santa Giovanna Antida e insegnante. Ma la missione la chiamava da tempo: a 28 anni partì per l’Africa. È ancora là.La sua storia ci prende: è una di quelle vite da ricordare. Ci prende nella sua straordinarietà di coraggio e dedizione. E ci prende nell’ordinarietà non dissimile alle vite di molte nostre religiose missionarie. Un nome per tutti: suor Rita Panzarin che ha portato nel cuore della foresta equatoriale del Congo – dove le donne pigmee partorivano per terra sotto un albero – un ospedale e una scuola. E con lei ricordiamo suor Oliva da Casarsa nel terremoto di Haiti, suor Luigina Marzinotto da Cinto e suor Clara Nardo da Prata entrambe in Sudan, suor Gianvittoria Pizzuto da Porcia all’Egitto, suor Daniela e suor Vittoria Santarossa da Palse al Magadascar, suor Antonia Scaramuzza da Portogruro all’Etiopia (venia per tutti i non citati ma non dimenticati). Non è solo un elenco di nomi: sono mani che lavorano, menti che si industriano in strategie d’aiuto che sanno moltiplicarsi là dove il poco o il niente sono di casa, sono paure inascoltate e pazienti ricominciamenti. Sono le fatiche di suor Maria Elena Berini. Nessuna però, come lei ha detto ritirando il premio da Melania Trump, è stata più forte di una certezza: “Non sappiamo cosa ci riservi il futuro ma sappiamo che Dio, in silenzio, è con noi”.