Chiesa
8 dicembre 1965-2026: a sessant’anni dalla chiusura del Concilio
60 anni fa la conclusione del Vaticano II
Un Concilio da cominciare ad apprezzare
L’8 dicembre 1965 si concludeva il Concilio Vaticano II, un evento straordinario, assolutamente centrale per la Chiesa dei nostri giorni. Era stato annunciato da ppa san Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, tra la sorpresa generale dei presenti in Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma.
In realtà era nell’aria da tempo per chi sapeva scrutare i segni dei tempi e mettersi in ascolto dello Spirito santo che guida la Chiesa attraverso i secoli. “Il risveglio della Chiesa nella anime” come lo definiva Romano Guardini nel lontano 1921 era stato avviato con lo sviluppo degli studi biblici (Divino Afflante Spirito, 1943); con la riscoperta delle fonti patristiche (nascita di diverse collane dedicate), con il Movimento Liturgico (Mediator Dei 1947), con il rinnovamento teologico (Mystici Corporis 1943), con il dialogo ecumenico, l’interesse per i laici, l’impegno sociale e politico…
Orientare questo risveglio nato soprattutto dal basso per aggiornare la forma della dottrina perenne era il compito che san Giovanni XXIII affidava nel discorso inaugurale al XXI Concilio ecumenico, l’11 ottobre 1962. Nessuno pensava che sarebbero serviti, oltre ai 3 di preparazione, altri 4 anni per tracciare la missione e la natura della Chiesa per il futuro. Fu un evento di grazia, in cui lo Spirito soffiò in una rinnovata Pentecoste. Raggiungere, invitare, ospitare, ascoltare, coordinare e far decidere insieme in presenza quasi 2500 Vescovi da tutto il mondo, credo sia ancora oggi un avvenimento mai nemmeno tentato. Il Concilio si caratterizzerà per una visione pastorale, che lungi dallo sminuire il contenuto, sarà il profilo teologico assunto per dialogare con il mondo odierno. Le quattro Costituzioni, fondamentali dal punto di vista dottrinale, possono essere strutturate come le fonti, il centro e l’esito di tale processo. Sacrosanctum Concilium (SC) sulla liturgia e la sua riforma, mettendo al centro il mistero pasquale, e Dei Verbum (DV) su Rivelazione, Tradizione e Sacra Scrittura, costituiscono le fonti da cui attingere per delineare la natura e missione della Chiesa considerata come mistero, sacramento e popolo di Dio nella Lumen Gentium (LG), affinché la Chiesa sia in dialogo aperto e costruttivo con il mondo contemporaneo nella Gaudium et Spes (GS). Poi seguirono 9 decreti per la riforma e il rinnovamento della chiesa e 3 dichiarazioni volte all’esterno per crescere nel dialogo.
Papa san Paolo VI nei discorsi conclusivi ebbe e a dire: «la discussione finisce; comincia la comprensione. All’aratura sovvertitrice del campo succede la coltivazione ordinata e positiva. È questo il periodo del vero “aggiornamento”». Consapevole che «il Concilio lascia qualcosa dopo di sé, che dura e che continua ad agire. Il Concilio è come una sorgente, dalla quale scaturisce un fiume, la sorgente può essere lontana, la corrente del fiume ci segue». Noi siamo in questo fiume che ha prodotto un certo fervore nel post-Concilio con tante acquisizioni: la Chiesa Popolo di Dio, di cui tutti facciamo parte con il Battesimo; la consapevolezza della Chiesa locale o particolare come porzione di Chiesa (non è tutta la Chiesa, ma è la Chiesa tutta); la corresponsabilità dei laci anche attraverso gli organi di partecipazione sino alla sinodalità di papa Francesco; la riforma liturgica con la comprensione e l’actuosa partecipazione alla Liturgia; l’accesso alla Parola di Dio nelle diverse lingue e la sua conoscenza; un rinnovamento condiviso per un maggiore impegno sociale, educativo, politico; la crescita della consapevolezza delle fede e della morale con il primato della coscienza e del discernimento; in generale un linguaggio diverso biblico e esistenziale come modo di vivere e trasmettere la fede; tante riforme e attuazioni pratiche che porteranno al nuovo Codice di Diritto Canonico nel 1983 e al Catechismo della Chiesa Cattolica nel 1992.
Non furono sempre fasi facili e comprese, tanto è vero che spesso si usa l’espressione crisi post-conciliare confondendo il periodo cronologico con le cause che provocarono derive e difficoltà. Credo che senza il Concilio la Chiesa sarebbe stata senz’altro più monolitica, ma per questo anche più fragile e meno resiliente nell’affrontare le sfide di fine anni 60 e poi dei successivi decenni. Il Concilio ha aperto, invece, possibilità, itinerari, consapevolezze, ricchezze che consento di rispondere anche oggi a situazioni sempre in continua evoluzione.
Mons. M. Semeraro riconosce tre fasi nella Chiesa dopo il Concilio: la prima “dell’entusiasmo”, sotto l’effetto immediato dell’evento; la seconda “della delusione” nei confronti del Concilio che sembrava rinnegare il passato (tradizionalisti) e non aprire al progresso (riformisti); la terza più serena e riflessiva “l’epoca del riposo”, inteso in modo vigilante e attivo. A queste si aggiunge secondo J. Routhier «l’ora della seconda scelta, dell’approfondimento e del nuovo slancio». È possibile oggi rifare e rilanciare le scelte avanzate dal Vaticano II, che, come disse san Giovanni Paolo II nel 1999, si presenta a noi «come la grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre».
Rileggerne i documenti, riflettere sulle intuizioni, realizzarne le aperture… è la modalità che il card. Y. Congar indica per l’oggi: «i Concili non sviluppano la loro azione che con il tempo. Ci vorranno cinquant’anni per poter cominciare ad apprezzare bene il Vaticano II… È troppo tardi per gli uomini incalzati come noi, ma è la misura della storia». Ma forse non è troppo tardi per noi cominciare e continuare a far tesoro di questo straordinario evento di Chiesa guidata dallo Spirito.
Don Marino Rossi
