La Parola del Papa
Papa Francesco per il Dantedì: nuova Lettera
Papa Francesco: Dante è “profeta di speranza e testimone del desiderio umano di felicità”
“Profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo”. Così Papa Francesco definisce Dante, nella lettera apostolica “Candor lucis aeternae” – pubblicata in occasione del settimo centenario della morte del sommo poeta, il 25 marzo 2021. Leggere la Divina Commedia come “un grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storico, il paradigma di ogni autentico viaggio” verso la felicità, la proposta del Papa, che definisce Dante “profeta di speranza, annunciatore della possibilità del riscatto, della liberazione, del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, di tutta l’umanità”.
Poeta che anche oggi arricchisce la mente e il cuore di tanti, soprattutto giovani, che accostandosi alla sua poesia avvertono “una sorprendente risonanza”, nonostante la lontananza nel tempo e nello spazio.
“L’opera di Dante – scrive il Papa – è parte integrante della nostra cultura, ci rimanda alle radici cristiane dell’Europa e dell’Occidente, rappresenta il patrimonio di ideali e di valori che anche oggi la Chiesa e la società civile propongono come base della convivenza umana, in cui possiamo e dobbiamo riconoscerci tutti fratelli”. Dante, l’esule per eccellenza, che “riflettendo profondamente sulla sua personale situazione di esilio, di incertezza radicale, di fragilità, di mobilità continua, la trasforma, sublimandola, in un paradigma della condizione umana, la quale si presenta come un cammino, interiore prima che esteriore, che mai si arresta finché non giunge alla meta”. Nascono da qui due temi fondamentali di tutta l’opera dantesca: “il punto di partenza di ogni itinerario esistenziale, il desiderio, insito nell’animo umano, e il punto di arrivo, la felicità, data dalla visione dell’Amore che è Dio”.
Nella missione profetica di Dante, fa notare Francesco, “si inseriscono anche la denuncia e la critica nei confronti di quei credenti, sia Pontefici sia semplici fedeli, che tradiscono l’adesione a Cristo e trasformano la Chiesa in uno strumento per i propri interessi, dimenticando lo spirito delle Beatitudini e la carità verso i piccoli e i poveri e idolatrando il potere e la ricchezza”. Ma attraverso le parole di San Pier Damiani, di San Benedetto e di San Pietro, il Poeta, “mentre denuncia la corruzione di alcuni settori della Chiesa, si fa portavoce di un rinnovamento profondo e invoca la Provvidenza perché lo favorisca e lo renda possibile”.
“Dante sa leggere in profondità il cuore umano e in tutti, anche nelle figure più abiette e inquietanti, sa scorgere una scintilla di desiderio per raggiungere una qualche felicità, una pienezza di vita”.
Così il Papa descrive un’altra cifra di Dante: la capacità di fermarsi ad ascoltare le anime che incontra, facendosi interprete dei loro tormenti o della loro beatitudine: “L’itinerario di Dante è davvero il cammino del desiderio, del bisogno profondo e interiore di cambiare la propria vita per poter raggiungere la felicità e così mostrarne la strada a chi si trova, come lui, in una ‘selva oscura’ e ha smarrito ‘la diritta via’”. “Si tratta di un cammino non illusorio o utopico ma realistico e possibile, in cui tutti possono inserirsi, perché la misericordia di Dio offre sempre la possibilità di cambiare, di convertirsi, di ritrovarsi e ritrovare la via verso la felicità”, precisa Francesco, osservando che molti episodi della Commedia “non solo mostrano l’infinita misericordia di Dio, ma confermano che l’essere umano può sempre scegliere, con la sua libertà, quale via seguire e quale sorte meritare”.
In questo modo, “Dante si fa paladino della dignità di ogni essere umano e della libertà come condizione fondamentale sia delle scelte di vita sia della stessa fede. Il destino eterno dell’uomo – suggerisce Dante narrandoci le storie di tanti personaggi, illustri o poco conosciuti – dipende dalle sue scelte, dalla sua libertà: anche i gesti quotidiani e apparentemente insignificanti hanno una portata che va oltre il tempo, sono proiettati nella dimensione eterna. Il maggior dono di Dio all’uomo perché possa raggiungere la meta ultima è proprio la libertà, come afferma Beatrice”. Ma la libertà, ci ricorda l’Alighieri, “non è fine a sé stessa, è condizione per ascendere continuamente, e il percorso nei tre regni ci illustra plasticamente proprio questa ascesa, fino a toccare il Cielo, a raggiungere la felicità piena. L’’alto disio’, suscitato dalla libertà, non può estinguersi se non davanti al traguardo, alla visione ultima e alla beatitudine” del Paradiso.