Commento al Vangelo
Domenica 1 ottobre, commento di don Renato De Zan
"In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio"
Mt 21,28-32In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28 “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29 Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30 Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31 Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Risposero: “Il primo”. E Gesù disse loro: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32 Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli”.
Il Testo
1. Il testo di Mt 21,28-32 racchiude una parabola (Mt 21,28-31b) e un insegnamento (Mt 21,31c-32). La pericope biblica per diventare formula evangelica liturgica è stata arricchita di un lungo incipit che chiarisce chi sia il mittente (Gesù) e chi siano i destinatari (capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo): “In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo”.
2. In questo brano la “parabola” è allo stato letterario puro. C’è all’inizio una domanda con valore di contatto e di provocazione (“Che ve ne pare?”) segue il racconto, vero o verosimile, di un padre con due figli, di cui uno apparentemente disobbediente, ma di fatto obbediente e l’altro apparentemente obbediente, ma di fatto disobbediente. Chiude il racconto sia la domanda che interpella gli ascoltatori e li obbliga a dare un giudizio sul racconto (“Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”) sia la risposta dei medesimi (“Il primo”). Con questa risposta, senza saperlo i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo hanno giudicato se stessi, come appare chiaro dall’insegnamento di Gesù.
L’Esegesi
1. La parabola e l’insegnamento nascono da un dialogo duro tra i capi dei sacerdoti, gli anziani del popolo e Gesù. L’episodio avviene nel tempio dove Gesù si era recato ad insegnare. Il tema dello scontro riguarda l’autorità di Gesù. Da chi il Maestro ha avuto tale autorità? Gesù si rifiuta di rispondere e a sua volta – da buon rabbino – pone la domanda: “Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?”. I capi dei sacerdoti e gli anziani non sanno cosa rispondere. Se rispondono “dal cielo”, Gesù potrebbe rimproverarli e chiedere loro perché non gli hanno creduto. Se rispondono “dagli uomini”, la folla si ribellerebbe perché considera il Battista un profeta. Essi non vogliono rispondere. Da questa reticenza nasce la provocazione di Gesù attraverso la nostra parabola.
2. La parabola è impostata su un’antitesi un po’ curiosa. Il primo figlio è formalmente un disobbediente, ma sostanzialmente diventa obbediente perché si pente e va a lavorare nella vigna. Il secondo figlio è formalmente obbediente, ma sostanzialmente ha disobbedito al padre e non è andato a lavorare nella vigna. È su questa antitesi, un po’ imbarazzante per chi rispetta la formalità della legge, che gli interpellati devono rispondere.
3. L’applicazione che ne fa Gesù è chiara. I pubblicani e le prostitute sono i due gruppi che occupano l’ultimo gradino dell’impegno sociale e morale. I primi si sono “venduti” all’occupante romano, le seconde hanno “mercificato” il loro corpo, contravvenendo alla Legge. Ambedue meritano la condanna. Tuttavia, ascoltando la predicazione di Giovanni, molti di loro si sono convertiti. A questo punto il loro passato, davanti a Dio, è cancellato e sono diventati “veri obbedienti a Dio”. I capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, che si ritenevano al vertice dell’impegno morale e sociale, hanno ascoltato Giovanni, ma non si sono convertiti come richiedeva il Battista e sono diventati “i veri disobbedienti a Dio”. I capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo sono coloro ai quali il Battista disse: “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo” (Mat Mt 3,7-9).
Il Contesto Liturgico
1. La formula veterotestamentaria della prima lettura (Ez 18,25-28) è impostata sull’antitesi, come la parabola di Gesù. Da una parte c’è il giusto che si allontana dalla giustizia e dall’altra il malvagio che si converte. Il favore di Dio non va verso il giusto diventato peccatore, ma verso il peccatore che si converte. In questo testo come nella parabola e nell’insegnamento di Gesù tutto è giocato sulla “conversione”.
2. Le due Collette, quella generale e quella propria, toccano il tema delle letture nell’amplificazione. Nella Colletta generale Dio rivela la sua “onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono”. Il team è richiamato dal versetto (“Ricordati, Signore, della tua misericordia”) del salmo responsoriale. Tale misericordia e perdono sono riservati – è ovvio – a coloro che si convertono. Nella Colletta propria Dio promette “vita e salvezza a ogni uomo che desiste dall’ingiustizia”.
3. Per un approfondimento: FABRIS R., Matteo, Commenti biblici, Borla, 1982, 438-441; GNILKA J., Il vangelo di Matteo. Parte seconda, Commentario teologico del N. T., Paideia, Brescia 1991, 325-333; GRASSO S., Il vangelo di Matteo, Collana Biblica, Ed. Dehoniane, Roma 1995, 502-506; LUZ U., Matteo 3, Commentario Paideia . Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 2013, 271-274.